[Redditolavoro] Sergio Bellavita licenziato dalla FIOM
Partito Comunista dei Lavoratori
pclavoratoribologna at gmail.com
Thu Apr 7 14:40:37 CEST 2016
Sergio Bellavita licenziato dalla FIOM
Difendiamo il pluralismo sindacale e una linea classista in CGIL, contro le
due facce di Landini
Questa mattina la segreteria FIOM ha comunicato a Sergio Bellavita,
coordinatore nazionale dell’area congressuale "Il sindacato è un'altra cosa
- Opposizione CGIL" il suo improvviso “licenziamento” dalla stessa FIOM.
Sergio infatti è in distacco, e da maggio dovrà tornare nel proprio posto
di lavoro. È l’ennesimo atto autoritario di una segreteria, e di un
segretario generale, incapace di gestire il confronto, oramai abituato a
reprimere il dissenso e le linee alternative. Una faccia di Maurizio
Landini che non è conosciuta.
Maurizio Landini si è infatti legittimato come dirigente sindacale con la
battaglia contro il modello Marchionne, contro la repressione dei diritti
sindacali in FIAT: con i referendum a Pomigliano e Mirafiori, con i cortei
nazionali dell’ottobre 2010 e del marzo 2012. Maurizio Landini è inoltre
conosciuto nella sinistra e tra i lavoratori per alcune aspre discussioni
con la Camusso, come per gli interventi in dissenso ed i voti contrari
espressi negli ultimi congressi CGIL.
Ma dentro la sua organizzazione, Maurizio Landini ha una faccia ben
diversa. Già in passato, infatti, ha represso chi dissentiva da lui. Lo ha
fatto nel 2012 con lo stesso Sergio Bellavita, “espulso” dalla segreteria
con un artificio statutariamente illegittimo (le dimissioni di tutti gli
altri componenti, per eleggerne una nuova). Lo ha fatto con Eliana Como,
cacciandola da Bergamo, perché era troppo forte il rapporto che quella
compagna “dissidente” aveva stretto con i lavoratori e le lavoratrici,
troppo il consenso che l’opposizione CGIL stava conquistando nel territorio
(tanto che ancora oggi il direttivo FIOM di Bergamo si convoca una volta
ogni… cento e rotti giorni, per evitare il confronto). Lo ha fatto nel 2011
persino con Augustin Breda, dirigente nazionale FIOM, coordinatore
nazionale di "Lavoro Società - Cambiare rotta" in FIOM (allora una
componente della maggioranza CGIL, vicina a Camusso ed in dissenso con
Landini), “licenziato” dall’apparato nazionale e rimandato in fabbrica,
all’Electrolux di Treviso.
Maurizio Landini ha tentato di reprimere negli scorsi mesi, ancor più
gravemente, alcuni delegati e delegate FCA. Lavoratori e lavoratici che non
si piegavano, ed intendevano continuare una lotta per il controllo
dell’organizzazione del lavoro nei propri stabilimenti. Questi delegati e
delegate, a Melfi ed a Termoli in particolare, hanno infatti continuato ad
indire lo sciopero ogniqualvolta la FCA imponeva uno straordinario
comandato (in genere il sabato), per garantire il diritto a non lavorare
nelle festività e contrastare l’intensificazione dello sfruttamento in
fabbrica. Una lotta talvolta anche vittoriosa, visto che a Termoli dopo
molti scioperi e persino un partecipato corteo interno, i sabati comandati
sono stati sospesi. Questa lotta dei delegati e delle delegate dava però
fastidio alla nuova linea FIOM di riaccreditamento verso Marchionne (1) e
di riconquistata unità con FIM e UILM (contratto nazionale metalmeccanici).
Come al solito, allora, Maurizio Landini ha provato ad eliminare il
dissenso. Prima i suoi segretari territoriali hanno “denunciato” questi
delegati al collegio statutario CGIL, con un pretesto (l’adesione un anno
fa ad un coordinamento, riunitosi una sola volta, come ce ne sono tanti
nelle aziende e nel paese, dalle diverse esperienze di autoconvocati
all’"associazione primo maggio" in UPS, sino alla stesa coalizione sociale
promossa dalla FIOM). Il collegio statutario, meschinamente, ha sancito la
loro incompatibilità con l’organizzazione ascoltando solo le argomentazioni
avanzate da queste strutture (senza possibilità di difesa degli
interessati). Poi il Comitato Centrale della FIOM ha deciso di farli
decadere dai ruoli di direzione (direttivi e assemblee generali) e di
rappresentanza (RSA o RLS), con una prassi inedita e illegittima (come può
un organismo dirigente politico limitare i diritti di un iscritto alla
CGIL?). Nel contesto FCA e delle sue ripetute pratiche antisindacali, un
atto che rischia di lasciare senza copertura lavoratori e lavoratrici che
stanno conducendo un’aspra lotta contro il modello Marchionne e le
direzioni aziendali.
La resistenza contro questo gravissimo atto politico è stata però
significativa. Il direttivo FIOM della Basilicata, pur riunitosi per
prender atto di questi provvedimenti, si è concluso con un nulla di fatto
per la difficoltà a far passare un atto di tale pesantezza (tra i delegati
minacciati dal provvedimento, anche alcuni di quelli licenziati dalla FIAT
nel 2010). I direttivi degli altri territori interessati sono poi stati
“sconvocati”. Nei giorni successivi è cresciuta la solidarietà verso questi
lavoratori e lavoratrici, con appelli firmati da centinaia di dirigenti
CGIL, con una richiesta pubblica «a fare un passo indietro, a riaprire un
confronto politico e di merito con questi delegati e con questi
lavoratori», firmata da docenti universitari conosciuti nel movimento
operaio (Bellofiore, Vertova, Sacchetto, Rivera, ecc.), esponenti politici
e di movimento (Marco Ferrando, Franco Turigliatto, Eleonora Forenza,
Nicoletta Dosio, Franco Russo, ecc.), ex sindacalisti (Dino Greco, Fulvio
Perini, Giorgio Cremaschi) e giornalisti (Fabio Sebastiani, Checchino
Antonini, Carlo Formenti, Fausto Pellegrini, ecc.).
Il “licenziamento” di oggi nei confronti di Sergio è allora innanzitutto un
atto vile e prepotente, un tentativo infantile e bambinesco di compensare
una propria difficoltà, una vendetta per non esser riusciti a normalizzare
la FIOM. Per questo, in primo luogo, ci stringiamo a Sergio, contro questa
soperchieria nei suoi confronti. Questo “licenziamento” colpisce però anche
il principale esponente di un’area sindacale, che ha democraticamente
conquistato un consenso tra lavoratori e lavoratrici della CGIL. Certo, un
consenso piccolo. In realtà molto più ampio di quello riconosciuto da una
burocrazia arrogante, che ha falsificato decine e decine di migliaia di
voti nel congresso del 2014. Un consenso, in ogni caso, che questi dati
falsi riconoscono al 2,7% in CGIL, al 7% in FIOM. Ma che si traduce in
tutto in meno di una decina di funzionari, a fronte dei più di quindicimila
nel complesso dell’organizzazione. Evidentemente, comunque, troppi. Dei due
funzionari della minoranza presenti nell‘apparato centrale FIOM (pur avendo
ottenuto ufficialmente, come detto, almeno il 7% dei voti), si vuole
mandarne a casa uno, il coordinatore nazionale dell’area, semplicemente per
marcare il proprio potere nell’organizzazione.
Il “licenziamento” di Sergio è allora anche qualcosa di altro. È un atto di
repressione politica nei confronti del dissenso e del pluralismo, nel
sindacato e nella sinistra. È il tentativo di ridurre a uno le
articolazioni che in ogni organizzazione di classe sono sempre esistite. È
il tentativo di imporre l’idea che l’unica linea di un’organizzazione sia
quella di maggioranza, o meglio quella del capo (almeno, quando il capo è
Maurizio Landini; in CGIL, dove il capo è Susanna Camusso, si continua a
rivendicare pluralismo e diritto al dissenso).
Si cancella oggi il distacco di Sergio in sindacato, allora, per cancellare
l’agibilità politica di questo dissenso, per togliere legittimità e
consistenza all’unica area di minoranza in FIOM. Si riportano in auge
pratiche di centralismo burocratico che sembravano tramontati in CGIL,
importando nel sindacato quella logica di pulizia politica oramai imperante
in molti partiti della sinistra. Ma è questa l’idea di pluralità che
Maurizio Landini pensa di costruire, in CGIL e nella sinistra?
*Contro questa scelta gravemente antidemocratica riteniamo che debba
intervenire subito la CGIL. Ma non solo: pensiamo che tutte le
organizzazioni e le personalità della sinistra debbano denunciare questa
scelta. Non solo e non tanto per solidarietà con Sergio, o con la minoranza
dell’opposizione CGIL. Ma soprattutto per salvaguardare un principio, nel
sindacato e nella sinistra: quello del libero confronto tra diverse linee e
prospettive. Per salvaguardare cioè, in questo momento di pesante
arretramento politico e sociale, un patrimonio democratico della sinistra. *
Come PCL, in ogni caso, ci batteremo per una sinistra sindacale classista
nella CGIL. Nel principale sindacato italiano, in un’organizzazione che ha
profonde radici storiche e sociali nel movimento operaio del nostro paese,
è infatti importante continuare a condurre una lotta contro le derive
burocratiche e le linee concertative di accomodamento con il padronato.
Proprio come dimostra l’esperienza in FCA, come quella di tante altre
realtà, è la presenza in CGIL e nel contempo la coerenza di una linea
classista che permette di sostenere, pur con difficoltà e fatica, un
conflitto oggi disperso. La presenza in CGIL E la coerenza di una linea
classista. Per difendere e sviluppare questa esperienza, questa presenza e
questa coerenza, ci stringiamo oggi a Sergio e con tutti i compagni e le
compagne dell’opposizione CGIL.
(1)
http://nuvola.corriere.it/2016/03/08/la-fiom-a-sorpresa-riabilita-marchionne/
Partito Comunista dei Lavoratori - Segreteria nazionale
www.pclavoratori.it - info a pclavoratori.it
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