[Redditolavoro] OPERAI SUI TETTI CONTRO I LICENZIAMENTI ALLA MARCEGAGLIA

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Thu Jul 9 18:52:39 CEST 2015


solidarietà e sostegno dello slai cobas per il sindacato di classe 



Ieri mattina un gruppo di operai della Marcegaglia hanno deciso di salire sul tetto, e di rimanervi ad oltranza, per protestare contro la chiusura dello stabilimento. I 7 lavoratori che sono in lotta contro l’azienda sono tutti aderenti al comitato di lotta che lo scorso anno ha tentato con le unghie e i denti di difendere invano lo stabilimento dalla deportazione.

Lo scorso giugno un accordo separato firmato da FIM e UILM ha sancito la chiusura dello stabilimento di Milano per trasferirlo a Pozzolo Formigaro in Piemonte a 108 km dallo stabilimento che insiste nell’area della ex Breda siderurgica.

In provincia di Milano Marcegaglia aveva (ed ha) due stabilimenti e altri due siti in provincia di Lecco e di Bergamo, ma l’illuminato gruppo dirigente aziendale non volle neppure sentir parlare di ricollocare in una di quelle quattro fabbriche i lavoratori: a chi non accettò il trasferimento a Pozzolo Formigaro toccarono due anni di cassa integrazione straordinaria.

Grazie al governo Renzi e alle sue nuove norme sugli ammortizzatori sociali, i due anni di cassa si sono ridotti a uno e così Marcegaglia ha deciso di imporre ai 7 lavoratori rimasti il trasferimento forzato a Pozzolo oppure il licenziamento. 

Con un atteggiamento piuttosto arrogante e nonostante il fatto che i lavoratori abbiano fornito un elenco dettagliato delle reali necessità di organico nei 4 suddetti stabilimenti, l’azienda ha semplicemente dichiarato: “Decidiamo noi se, quando, e dove assumere, e al momento abbiamo deciso che non serve nessuno”.

Il 30 giugno un altro incontro per espletare il formale “esame congiunto” per articolo 8 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro con le rappresentanze. E anche in quella sede l’azienda ha ribadito la deportazione e con mezzi propri, che significa una spesa media procapite per recarsi a lavoro di circa 800 euro mensili. L’azienda stessa ha riconosciuto che l’esito più probabile di tale trasferimento e l’assenza ingiustificata e il conseguente licenziamento disciplinare.

“Che il gruppo dirigente di Marcegaglia volesse semplicemente disfarsi dei lavoratori della fabbrica di viale Sarca a noi è stato chiaro da subito”, scrive la FIOM in un comunicato. “Ma ora, quando la partita di gioca su 7 operai, dovrebbe essere chiaro a tutti. E’ impensabile, infatti, che l’azienda non riesca a ricollocare un numero così esiguo di lavoratori in uno dei quattro siti limitrofi a Milano, che producono a pieno ritmo e dove, spesso, si fanno straordinari”, si legge ancora nella nota.

“Va ricordato che il gruppo Marcegaglia acquistò a prezzo agevolato i capannoni di viale Sarca” - sottolinea Massimiliano Murgo, RSU FIOM - “grazie alle allora Prodiane politiche di incentivazione al rilancio industriale delle aree industriali inutilizzate. Il prezzo fu di circa 50 mila lire al Metro quadro. Nel nuovo contesto urbano il valore del terreno raggiunge diverse migliaia di euro, e parliamo di un area di quasi 80.000 metri quadrati. Liberare quest’area fa intravedere un enorme speculazione da parte dell’azienda”.

Gli operai furono messi davanti a 3 scelte, spiega Murgo:

trasferirsi nello stabilimento piemontese avvalendosi di un servizio navetta e 150 euro lorde di incentivo individuale, oppure 250 euro lorde individuali con i mezzi propri: entro il 18 luglio 2014 hanno operato questa scelta circa 60 lavoratori, a cui già 4 hanno rinunciato;

accettare il licenziamento dietro il versamento di un incentivo di 30.000 euro lorde (circa un anno di retribuzione media lorda) più il riconoscimento del mancato preavviso;

accedere al secondo anno di cassa integrazione straordinaria con l’impegno dell’azienda fin dal primo giorno di cassa (1 settembre 2014) a ricercare negli stabilimenti di Lanate, Corsico, Boltiere, Lomagna un ricollocamento, con l’impegno di proporre (non imporre) comunque il trasferimento a Pozzolo a chi non si fosse riuscito a ricollocare.

I 7 lavoratori che sono in lotta contro l’azienda, tutti e 7 aderenti al comitato di lotta che lo scorso anno ha tentato con le unghie e i denti di difendere invano lo stabilimento dalla deportazione, contrari a questo accordo che ha già falcidiato 90 posti di lavoro circa a Milano, non hanno accettato i soldi “né di essere deportati”.

“7 è un numero piccolissimo” – continua Murgo - “per un gigante come Marcegaglia. E’ davvero la cosa più semplice e meno costosa da fare per l’azienda ricollocarli. Ma invece ha deciso di punirli. La determinazione di risollevarsi dalla sconfitta dello scorso hanno, nel mantenere l’obiettivo di avere un lavoro dignitoso che non gli sconvolgesse la vita, nel non lasciarsi intimidire dalla baldanza padronale, è un onta per il padrone Marcegaglia, che ha scelto un uomo della scuola FIAT per gestire con la mano pesante e la faccia di gomma la vertenza di Milano e non solo”.

La richiesta dei lavoratori è semplice: rispetto degli impegni, e ricollocazione nelle aziende previste nel accordo. A Lomagna, a Corsico, a Lainate, a Boltiere sono sotto organico, si fanno un botto di straordinari.

Fondamentalmente i lavoratori di Milano ci dicono: “Redistribuire il lavoro che c’è per lavorare tutti”.

Articolo pubblicato in co-produzione con "Controlacrisi" 



A seguire il primo comunicato degli operai dai tetti della Marcegaglia Buildtech.



DAI CIELI FRA SESTO E MILANO CON LO SGUARDO SULLE STRADE CHE UNA VOLTA FURONO LASTRICATE DEL FUOCO DEGLI OPERAI PARTIGIANI AI QUALI VORREMMO RESTITUIRE UN PO’ DI ONORE

Le prime 24 ore di occupazione dei carroponte e del tetto del reparto pannelli della Marcegaglia sono state piene di adrenalina e riflessione. Nessun problema di gestione dei rapporti con la sicurezza interna.

La produzione dei pannelli coibentati a Milano è stata totalmente bloccata.

Le spedizioni sono state interrotte. Dal punto di vista del danno economico ci siamo!

Sul piano della immagine l’azienda mostra di avere più problemi.

Ieri ha pagato la giornata agli altri lavoratori che sono in procinto di andare volontariamente in mobilità o volontariamente al Lager di Pozzolo Formigaro, per evitare di avere troppa “movida” davanti ai cancelli.

Oggi e domani sono stati tutti messi in cassa integrazione.

Ed è proprio sul piano dell’immagine che facciamo appello alle organizzazioni sindacali, ai partiti di classe, alle associazioni e ai collettivi che si sentono vicini alla nostra battaglia di muoversi nelle prossime ore.

Vorremmo che attorno alla fabbrica si renda più visibile possibile la lotta. Noi quassù da questo punto di vista abbiamo i mezzi limitati.

Ieri ci sono stati 2 incontri in prefettura.

L’azienda non tratta se non scendiamo, e comunque non è disponibile a discutere di ricollocamento.

Per cui DECRETIAMO quanto segue.

NOI NON MOLLIAMO la presa fino al momento in cui non sarà palesato nero su bianco il ricollocamento negli stabilimenti di Boltiere, Corsico, Lainate e Lomagna. A rafforzamento di ciò uno dei 6 occupanti ha deciso spontaneamente di mettersi in sciopero della Fame.

A tale senso facciamo richiesta alle autorità competenti di metterci a disposizione quotidianamente la visita di un medico per verificare lo stato di salute del compagno Sergio. Segnaliamo che di noi c’è un lavoratore, Alfredo Mastropasqua, affetto da una grave patologia tumorale. Per la precisione si tratta di un cordoma alla base cranica. A causa di tale patologia ha disturbi visivi e dell’equilibrio. Chiaramente noi riteniamo responsabile l’azienda delle conseguenze sulla salute di tutti noi, visto che ci ha costretti non rispettando gli impegni presi a scegliere questa forma estrema di RESISTENZA.

Ci domandiamo l’amministrazione comunale di Sesto e soprattutto quella di Milano, che ha delle serie responsabilità legate al PGT che ha trasformato il cemento e il ferro di questi capannoni in oro, se e quando hanno intenzione di esprimere almeno una posizione di netta distanza da quella che esprime l’azienda.

Alla luce di tutto ciò ribadiamo il nostro appello a tutti e tutte di sostenere con tutte le forze possibili la nostra battaglia per il lavoro e contro le nefaste conseguenze del Jobs Act e di tutte le scelte governative in tema di lavoro degli ultimi 20 anni che favoriscono terribilmente queste forme di cannibalismo padronale.

La nostra lotta è la lotta di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici.

SOLO UNITI POSSIAMO VINCERE! 

Sono bene accetti comunicati e attestai di solidarietà.

Inviateli alla mail: fazzolettirossi a gmail.com oppure sms o wathsapp al numero 349 49 06 191
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