[Redditolavoro] La crisi politica in Spagna e il trasformismo di Pablo Iglesias
Partito Comunista dei Lavoratori
pclavoratoribologna at gmail.com
Wed Dec 23 12:05:18 CET 2015
La crisi politica in Spagna e il trasformismo di Pablo Iglesias
La crisi capitalista, la nuova miseria sociale, i movimenti sociali e di
classe che hanno percorso la Spagna negli ultimi anni, hanno destrutturato,
nel loro combinarsi, il panorama politico spagnolo, favorendo vasti
processi di polarizzazione elettorale: da un lato l'ascesa di Podemos, a
scapito prevalentemente del PSOE, dall'altro lo sviluppo del populismo
liberista di Ciudadanos a danno prevalentemente del PPE. La risultante è lo
scardinamento del sistema bipartitico di governo che ha retto la Spagna
postfranchista. I due partiti tradizionali dominanti che si sono alternati
al governo negli ultimi 30 anni (PSOE e PPE) avevano ancora
complessivamente nel 2008 l'84% dei voti. Oggi raggiungono appena il 50%.
Il PPE passa da 186 a 124 seggi. Il PSOE da 110 a 95.
*LO STALLO DELLA POLITICA BORGHESE *
La quadripartizione del sistema politico mette in crisi la governabilità
spagnola. Il PPE, pur restando il partito più votato (29%), non dispone
della maggioranza necessaria per governare (176 seggi), neppure con
l'eventuale lasciapassare di Ciudadanos.
Un governo di unità nazionale tra PPE e PSOE è richiesto a viva voce dal
capitale finanziario europeo, dal grosso della borghesia spagnola e della
sua stampa (El Pais), da ambienti politici trasversali ai due partiti
maggiori, quale “unica possibile garanzia di stabilità”. Ma significherebbe
un suicidio politico del PSOE a favore di Podemos, tanto più a ridosso di
una campagna elettorale in cui il segretario del PSOE Pedro Sanchez si è
presentato in contrapposizione frontale a Rajoy per cercare di frenare
l'emorragia a sinistra.
Una maggioranza di governo tra PSOE, Podemos, Izquierda Unida e partiti
“nazionalisti” locali sarebbe formalmente possibile, con uno schema di tipo
portoghese. Ma è ostacolata dalla rivendicazione di Podemos di un
referendum sull'autodeterminazione catalana, e incontra forti resistenze
all'interno del PSOE, in particolare negli ambienti ostili alla sua attuale
segreteria (che sono tutt'altro che marginali). Da qui l'apparente vicolo
cieco. Che consegna al Re di Spagna una responsabilità non più notarile
nella gestione della crisi politica.
*IL TRASFORMISMO SPREGIUDICATO DI PODEMOS *
Podemos è di fronte alla prova della verità. Nato come proiezione
elettorale del movimento di massa degli Indignados nel 2011, su un
programma riformista “sociale e democratico”, attorno alla figura mediatica
di Pablo Iglesias, Podemos ha conosciuto nell'ultimo anno una parabola
trasformista spregiudicata in direzione di una progressiva
“normalizzazione”. Tutta la politica di Iglesias ha mirato sempre più a
connotare Podemos come forza “né di destra né di sinistra”, dominata
dall'ansia della propria legittimazione quale “responsabile soggetto di
governo” agli occhi della borghesia spagnola e del suo Stato.
Il programma sociale è stato depurato degli aspetti più radicali (sul
debito, l'età pensionabile, la riduzione dell'orario...) per essere
presentato ufficialmente agli ambienti confindustriali (e persino al FMI!)
come garanzia di realismo. La politica estera ha pienamente recuperato
l'accettazione dell'Unione Europea e della NATO, sino a ricercare ascolto e
attenzioni delle ambasciate straniere a Madrid durante la stessa campagna
elettorale. La politica istituzionale ha abbandonato l'opzione
repubblicana, ha ripetutamente lodato la “nuova” monarchia di Re Felipe VI,
ed oggi rivendica “un nuovo compromesso storico” tra tutte “le forze sane
del Paese” nel solco della continuità del patto della Moncloa del 1978.
La candidatura a ministro della Difesa nelle liste di Podemos di un ex capo
di stato maggiore dell'esercito spagnolo, e la solenne dichiarazione di
“lealtà allo Stato” dopo l'uccisione di un militare spagnolo in
Afghanistan, hanno suggellato simbolicamente il nuovo corso.
“Podemos si è trasformato in una forza matura per guidare il cambiamento”,
ha dichiarato Iglesias a El Pais (18 dicembre) per rassicurare la
borghesia. Già come forza di opposizione Podemos è dunque dominato
dall'ambizione di governare il capitalismo spagnolo. Da qui le aperture
alle coalizioni col PSOE nelle amministrazioni locali. Da qui la proposta
rivolta al PSOE di un governo comune su scala nazionale.
Vedremo se la dinamica politica della crisi spagnola, che si annuncia lunga
e complessa, aprirà un varco alle ambizioni governative di Iglesias. Ma
quel che è certo è esattamente ciò che rimuove lo sguardo incantato di
tanta sinistra italiana: l'accesso di Podemos al governo della Spagna a
braccetto col PSOE sarebbe l'esatto opposto dell'”alternativa” e del “vero
cambiamento”. Segnerebbe la sua compromissione nella gestione della quarta
potenza capitalistica (e imperialistica) dell'Europa continentale. E
l'inevitabile delusione delle aspettative di svolta raccolte da Podemos in
cinque anni. Come con Syriza in Grecia.
*PER LA COSTRUZIONE DI UN PARTITO CLASSISTA, RIVOLUZIONARIO, INDIPENDENTE. *
In Spagna, come nel resto d'Europa, la lotta per una vera alternativa è
inseparabile dalla prospettiva di un governo dei lavoratori, basato sulla
loro forza e la loro organizzazione. La crisi profonda degli equilibri
politici e istituzionali del Paese, assieme alla deriva trasformista di
Podemos, possono aprire uno spazio nuovo a questa battaglia, dentro le
lotte e i movimenti d'opposizione. Non si tratta di autoconfinarsi in una
“corrente d'opinione responsabile” di Podemos, come fa Sinistra
Anticapitalista di Spagna, giunta ad espellere dalla propria organizzazione
i settori che rifiutano la capitolazione ad Iglesias. Né si tratta di
esaltare la “dinamica oggettiva” di Podemos, quale portato delle lotte,
come hanno fatto ripetutamente i sodali spagnoli di Falcemartello. Si
tratta invece di lavorare in tutte le contraddizioni apertesi, dentro
Podemos e fuori da Podemos, per costruire un partito classista,
rivoluzionario, indipendente.
Di certo le responsabilità di una sinistra classista e rivoluzionaria in
Spagna saranno chiamate in causa dall'intero sviluppo dello scenario
politico.
Partito Comunista dei Lavoratori
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