[Redditolavoro] Fw: Pakistan289 operai bruciati vivi

bastamortesullavoro@domeus.it cobasta at libero.it
Fri Sep 14 16:19:40 CEST 2012



>8 marzo in quel di settembre

Non è successo l’8 marzo ma il 12 settembre. Non a Chicago ma a Karachi,
Pakistan.
I morti sono, per il momento,  289 operai bruciati vivi, che lavoravano in
una fabbrica tessile, la Ali Enterprise. La fabbrica, un edificio di 4 piani
nel quartiere di Baldia Town, occupava circa 2.000 lavoratori; gli operai
lavoravano in vasti scantinati con le finestre chiuse da sbarre e come unica
via d’uscita una piccola porta che si è bloccata subito. Il grande
generatore elettrico che ha dato il via all’incendio  si trovava all’entrata
principale. Sono riusciti a salvarsi quelli che si sono buttati dalle
finestre, scardinando le sbarre o gettandosi dai piani superiori. Molti di
questi hanno avuto le gambe rotte.
Facevano magliette e prodotti tessili che noi compriamo, anche se l’etichetta
recita “made in … qualsiasi paese” tranne quello in cui sono prodotti.
Pagati pochi centesimi e ora morti bruciati perché, come dice uno dei
sopravvissuti, “i proprietari erano più preoccupati di proteggere i loro
tessuti che i loro lavoratori”.
Nella città di Lahore, per lo scoppio di un generatore,  sono morti – sempre
oggi – altri 25 operai. Fabbricavano scarpe.
I loro nomi non li sapremo mai, ma sappiamo che tra loro c’erano anche molti
bambini.

E’ sempre più difficile - perché sono tanti, troppi - ricordarsi dei morti
sul lavoro. Domani un’altra tragedia ci distrarrà.  Ma quella di oggi, in
tempo di crisi, ci dice alcune cose, oltre a riempirci di rabbia e di dolore
per l’ennesima volta.

Di questi tempi va di moda scagliarsi contro la finanza e i “mercati”, anche
da parte di chi questi “mercati” e il sistema capitalistico di cui fanno
parte li ha sempre sostenuti come l’unico mondo possibile (vedi Bersani
che – domani, un domani che non arriva mai - non vuole “il governo delle
banche”… ma intanto lo sostiene a spada tratta), ma OGGI l’economia “reale”,
quella dello sfruttamento diretto di quella merce umana che si chiama
forza-lavoro, si è presa la sua sanguinosa rivincita.

Ci sono tanti modi per ammazzare i popoli. Direttamente con la guerra, come
in Afganistan, in Iraq, in Libia (e, prossimamente, in Siria); con lo
strangolamento economico, come in Grecia…. e ogni giorno nelle fabbriche e
nei luoghi di lavoro di tutto il mondo, dove il profitto conta più della
vita umana.

L’importante è produrre, ci dicono, aumentare la produttività: così usciremo
dalla crisi.
Il Pakistan attraversa una crisi  energetica con continui tagli dell’energia
elettrica e i padroni delle fabbriche usano sempre più generatori a gasolio
perché la produzione non si interrompa, anche se questo aumenta a dismisura
i rischi per i lavoratori, che lavorano in condizioni sub-umane. L’estrazione
del plusvalore non può fermarsi.

Il rogo di Chicago avvenne nel 1908: sono passati più 100 anni e, nella
sostanza e ormai anche nelle forme, la barbarie del capitalismo non è
cambiata.
Oggi, con la morte nel cuore, non possiamo dire altro che “pietà l’è morta”
e che dobbiamo abbattere questo sistema.

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni

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