[Redditolavoro] Pasolini tutta la vita ha combattuto Fascismo e Potere, sostegno e stima a chi ha respinto le infiltrazioni neofasciste
Alessio Di Florio
eskimoantimperialista at gmail.com
Tue Aug 7 09:38:37 CEST 2012
L'Ass. Antimafie Rita Atria e PeaceLink Abruzzo esprimono il proprio
sostegno e stima alle associazioni ARCI, WWF e a tutti i membri del
Comitato Cittadino per la Tutela del Territorio di Vasto per aver
respinto il tentativo d'infiltrazione nella battaglia ambientalista di
Casa Pound. Davanti all'uso strumentale delle parole di Pasolini per
tentare di giustificare alleanze con i neofascisti, riportiamo alcune
considerazioni e punti fermi della storia dello scrittore friulano.
L'Italia è considerata da millenni la "culla" della cultura. Una
cultura espressa da poeti, scrittori, intellettuali. Una cultura che
ha sempre vissuto di una dicotomia fortissima tra i servi del padrone
di turno, sempre pronti ad esaltarne le "gesta"(anche quando le più
vili e criminali) e a piegare la penna ai loro interessi e pensieri, e
gli intellettuali veri, con la schiena dritta, liberi e libertari,
capaci di denunciare e opporsi ad ogni forma di oppressione e Potere.
Tra i secondi nel Novecento spiccherà per sempre la figura di Pier
Paolo Pasolini, capace di fortissime invettive e di denudare il
"ventre molle" della borghesia e la volgarità del Potere. Pasolini è
stato capace di intuizioni, di visioni e di una forza prorompente che
superava i suoi tempi e che, probabilmente, neanche oggi si è ancora
capaci di leggere e valutare nella sua interezza. Nei suoi confronti
il Potere, e chi non l'ha saputo comprendere, sta portando avanti la
peggiore delle vendette: la citazione parziale e strumentale che ne
cerca di piegare e manipolare il pensiero e le parole. Accade sui temi
etici, sulla cinematografia, accade per la lettera agli studenti di
Valle Giulia (quanti, tra chi strumentalmente e abusivamente ne
ripetono citazioni ad orologeria, l'hanno mai letta interamente?) e,
in questi giorni, è accaduto anche a Vasto. Per giustificare e
difendere la proposta, fortemente rigettata dagli altri, dell'ingresso
di un esponente di un movimento neofascista nella battaglia civile e
ambientalista in corso si è riportata questa citazione (in realtà
parziale) di "Scritti Corsari":
"Ebbene, a questo punto mi farò definitivamente ridere dietro dicendo
che [di queste nefandezze] responsabili [...] siamo anche noi
progressisti, antifascisti, uomini di sinistra. Infatti in tutti
questi anni non abbiamo fatto nulla [...] perché i fascisti non ci
fossero. Li abbiamo solo condannati gratificando la nostra coscienza
con la nostra indignazione; e più forte e petulante era l’indignazione
più tranquilla era la coscienza. In realtà ci siamo comportati coi
fascisti (parlo soprattutto di quelli giovani) razzisticamente:
abbiamo cioè frettolosamente e spietatamente voluto credere che essi
fossero predestinati razzisticamente a essere fascisti, e di fronte a
questa decisione del loro destino non ci fosse niente da fare. E non
nascondiamocelo: tutti sapevamo, nella nostra vera coscienza, che
quando uno di quei giovani decideva di essere fascista, ciò era
puramente casuale, non era che un gesto, immotivato e irrazionale:
sarebbe bastata forse una sola parola perché ciò non accadesse. Ma
nessuno di noi ha mai parlato con loro o a loro. Li abbiamo subito
accettati come rappresentanti inevitabili del Male. E magari erano
degli adolescenti e delle adolescenti diciottenni, che non sapevano
nulla di nulla, e si sono gettati a capofitto nell’orrenda avventura
per semplice disperazione."
Ma già dalla lettura della citazione immediatamente si evidenzia che
non c'è stata alcuna legittimazione o volontà di dialogo con i
fascisti da parte di Pasolini, tanto è vero che il fascismo viene
definito "orrenda avventura". Pasolini è sempre stato un intellettuale
libero, e per questo capace di inveire contro ogni forma di fascismo,
ogni cedimento morale e culturale, ma era totalmente schierato.
Nell'immediatezza del dopoguerra Pier Paolo Pasolini fece una scelta
netta, iscrivendosi al Partito Comunista Italiano (dal quale fu poi
espulso, ufficialmente perché omosessuale, ma secondo molti proprio
per il suo essere libero e per il suo rigetto ad essere irregimentato)
e perseguendo per tutta la sua esistenza quella scelta.
Pasolini descrisse, vivendo quella realtà lui stesso, i "ragazzi di
strada" della periferia romana, quei figli del proletariato che erano
nel suo cuore e che vedeva resi disperati dall'abbandono di tutti.
Nella lotta di classe essere comunisti per lui significava schierarsi
con loro e combattere per la loro libertà e dignità. A loro si rivolse
anche nel brano citato, sostenendo che quei ragazzi non andavano
abbandonati all'ideologia fascista ma bisognava donare loro una
speranza e una prospettiva di vita. Pasolini denunciò, e in molti
degli "Scritti Corsari" emerge, quanto ciò non avvenisse da parte del
Partito Comunista e della Sinistra. Ne denunciò sempre e ripetutamente
gli errori, il trasformarsi in una vera e propria "Chiesa Rossa", con
gerarchie, riti, omologazione e imborghesimento susseguenti. Ma non
per questo cambiò mai la sua scelta di vita e di pensiero, l'essere
comunista e figlio di una sinistra libera e libertaria.
Denunciò ripetutamente il rischio che l'omologazione e
l'imborghesimento della Sinistra e del PCI stavano portando ad un
Fascismo dal volto diverso, più subdolo e pericoloso. La lotta al
Fascismo e al Potere dominante e omologante fu uno dei fili rossi
della sua esistenza. Lo dimostra uno dei suoi brani più conosciuti,
quella fortissima invettiva contro lo stragismo fascista e la sua
violenza pubblicato sul Corriere della Sera il 14 Novembre 1974. Un
Fascismo e un Potere contro cui la Sinistra, a partire dal PCI, non
combattevano come avrebbero dovuto e anzi erano, in alcuni casi,
addirittura accondiscendente (erano gli anni che portarono al
"compromesso storico"). Tra gli errori che denunciava, per dirla con
le parole del saggista Enrico Campofreda, c'era "un antifascismo
difensivo, non offensivo come quello partigiano". Pasolini ben
conosceva la differenza tra i fascisti che avevano dominato e
devastato l'Italia per un ventennio, approdando poi nel dopoguerra
alla più pericolosa e antidemocratica eversione stragista e criminale,
e chi combatté nella Resistenza ispirandosi ai valori democratici. E
proprio per questo considerò sempre pericoloso l'emergere
dell'omologazione borghese inter-classista e il Fascismo che ne
emergeva, ancor più pericoloso quando nasceva e cresceva a sinistra, e
quando il Partito Comunista e la Sinistra non avevano il coraggio di
opporsi fino in fondo e con la forza e la durezza necessaria al
neofascismo, ma anzi, erano persino tolleranti e accondiscendenti:
quando ci fu la proposta di un referendum popolare per la messa
fuorilegge del Movimento Sociale Italiano l'intero Parlamento la
osteggiò e il PCI investì il suo peso istituzionale per evitare il
ricorso alle urne.
Tornando al brano citato all'inizio, un episodio (narrato proprio in
"Scritti Corsari" e pubblicato la prima volta col titolo "Fascisti
padri e figli") è rivelatorio della sua lotta al Fascismo e alla
violenza borghese e ne spiega l'interezza del pensiero, l'incontro con
la madre di un ragazzo dichiaratamente fascista. La madre viveva come
un dramma la scelta ideologica del figlio e cercava di far di tutto
perché si modificasse. Pasolini la incontra per essere intervistato e
la conversazione cade anche su questo figlio fascista( poi, scrive
Pasolini, "il discorso sul figlio cadde, secondo la souplesse mondana
di colloqui del genere, e passammo ad altro"). Grande fu la rabbia
quando Pasolini lesse l'intervista, che "Era quanto di più offensivo
si potesse scrivere nei miei riguardi: offensivo perché scritto non
dal solito imbecille che mi detesta in nome dei suoi padroni reali o
immaginari, ma da una persona educata, civile, a un livello
giornalistico buono. Mi offendeva il fatto di veder ribaditi, da
quella persona che mi era parsa rispettabile, tutti i luoghi comuni
che persone indegne di ogni rispetto hanno accumulato su me" con
"Giudizi da provinciale e da ignorante".
E allora si rese conto che la madre, anche se l'apparenza e le
dichiarazioni andavano in tutt'altra direzione, era molto più fascista
del figlio, e che il suo fascismo era molto più pericoloso: perché nel
figlio era "una protesta, una rabbia" di un adolescente che "capisce
che il mondo in cui vive è, nel fondo, atroce: e vi si scaglia contro,
con la forza dello scandalo" mentre nella madre "è cedimento morale,
complicità con la manipolazione artificiale delle idee con cui il
neocapitalismo sta formando il suo nuovo potere". E conclude con la
più dura delle invettive: "Che vi vengano figli fascisti - questa la
nuova maledizione - figli fascisti, che vi distruggano con le idee
nate dalle vostre idee, l’odio nato dal vostro odio." Il fascismo per
Pasolini era una maledizione, era il Potere e la sua violenza da
denunciare e combattere, bisognava farlo comprendere alle nuove
generazioni e costruire con loro una nuova Resistenza, una prospettiva
nuova e diversa. Sembra quasi una sintesi della sua lotta al Fascismo
quest'altra invettiva dello stesso articolo "L’Italia sta marcendo in
un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo,
moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a
contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo. Essere laici,
liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che
riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che
apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non
occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme
pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il
fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana,
socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società".
Davanti a queste parole non c'è altro da aggiungere...
Alessio Di Florio
Ass. Antimafie Rita Atria
PeaceLink Abruzzo
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