[Redditolavoro] 6 dicembre -crisi - lotta

CobasSindacatodiClasse cobasta at libero.it
Fri Sep 9 08:31:49 CEST 2011



anticipazione dal blog proletaricomunisti.blogspot.com e dal nuovo numero
del foglio 'proletari comunisti' in uscita dal 15 settembre
rored at libero.it

Sciopero del 6 dicembre, crisi e lotta dei lavoratori

Nelle manifestazioni del 6 settembre, in particolare anche in quelle indette
dai sindacati di base, gli slogan e striscioni principali, ma soprattutto le
iniziative sono state indirizzate contro le Banche o la Borsa, a Milano,
come le responsabili della crisi, con le parole d'ordini: non paghiamo il
debito o paghi il debito chi lo ha fatto.
Noi pensiamo che queste iniziative e queste parole d'ordini, pur se mosse da
buone intenzioni, sono nei contenuti devianti.
Esse fanno oggettivamente da pendant ai discorsi presenti anche nella
Confindustria, nel governo, nei mass media, per cui la colpa della crisi
sarebbe principalmente delle banche, delle operazioni finanziarie
speculative. Così,ripetiamo nonostante le buone intenzioni si nascondono le
vere cause della crisi, che, se si manifesta come principalmente crisi
finanziaria, ha la sua origine nel processo di produzione del capitale; e
finiscono oggettivamente per far apparire una differenza tra un capitale
finanziario cattivo e un capitale industriale buono.
Le parola d'ordini sul “debito” poi coprono oggettivamente la natura
dell'Italia.
Il nostro è un paese imperialista come Francia, Germania, sia pur in un
gradino più basso nella scala gerarchica; l'Italia quindi è pienamente
responsabile del proprio debito accumulato. Se si resta nelle soluzioni
interne al sistema capitalista, se non si dice che i proletari e le masse
popolari devono rovesciare questo sistema, e devono costruire uno Stato
nelle loro mani, uno Stato di dittatura proletaria - il solo Stato che dal
punto di vista delle leggi del proletariato può azzerare i debiti fatti dal
proprio paese imperialista - perchè mai l'Italia non dovrebbe “pagare il
debito”? Non è certo un paese del 3° mondo! Il cui debito è  essenzialmente
provocato dai paesi imperialisti, frutto del rapporto di dipendenza,
oppressione economica, politica.
L'abnorme sviluppo delle attività finanziarie, dell'espansione del credito
non è altra cosa dal capitale industriale, dal capitale produttivo, ma è
frutto delle leggi stesse del capitale e dei tentativi del capitale di
frenare la caduta del saggio di profitto – anche se la finanza poi si muove
anche di “vita propria” e in alcuni casi può come una potenza mostruosa
rivoltarsi contro singoli esponenti del sistema che l'hanno generata.
Quindi tutti coloro che a fronte della crisi che ha visto il suo
manifestarsi come crisi finanziaria, gridano essenzialmente contro i
finanzieri, i banchieri sono o miopi o in malafede.

Oggi le posizioni della maggior parte dei sindacati di base, dei settori più
radicali della cgil  su questo sono sbagliate e in alcuni casi vere
sciocchezze e deviano le lotte dei proletari e delle masse lavoratrici dai
necessari bersagli;  queste posizioni esprimono più o meno coerentemente la
concezione, i desideri della piccola borghesia che vtiene un piede in due
staffe: fare proposte e richieste impossibili in questo sistema capitalista
ma tenersi questo sistema senza colpirlo nella sua sostanza

Occorre chiarezza, analisi seria, per trovare la semplicità di parole
d'ordini, indicazioni che facciano fare passi avanti reali alla coscienza,
organizzazzione, lotta del movimento dei lavoratori.

Per questo, riportiamo dei brevissimi pezzi da un  scritto di un anno fa:
“Appunti di studio su Marx e la crisi”  apparso sul numero 5 della rivista
marxista-leninista-maoista 'la nuova bandiera' che riprende stralci da “il
capitalismo e la crisi” Scritti scelti di Marx- a cura di Vladimiro Giacchè”.
Lo scritto integrale in Pdf si può richiedere a ro.red at libero.it

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“... Marx individua nella ricerca moralistica del colpevole della crisi (lo
speculatore) l'altra faccia della medaglia della fede ingenua
nell'evitabilità della crisi. Tale fede riposa sulla convinzione che la
crisi sia qualcosa di estraneo al normale funzionamento dell'economia
capitalistica. Secondo questa illusione ideologica, la crisi viene sempre da
fuori, è una patologia esterna al sistema. Quindi è dovuta ad errori o colpe
specifiche di qualcuno.
Marx: “la speculazione di regola si presenta nei periodi in cui la
sovrapproduzione è in pieno corso. Essa offre alla sovrapproduzione
momentanei canali di sbocco, e proprio per questo accelera lo scoppio della
crisi e ne aumenta la virulenza. La crisi stessa scoppia dapprima nel campo
della speculazione e solo successivamente passa a quello della produzione.
Non la sovrapproduzione, ma la sovraspeculazione che a sua volta è solo un
sintomo della sovrapproduzione, appare perciò agli occhi dell'osservatore
superficiale come causa della crisi...”.

(Quindi) “...per Marx... grazie al credito i “limiti del consumo vengono
allargati dalla intensificazione del processo di riproduzione, che da un
lato accresce il consumo di reddito da parte degli operai e dei capitalisti,
dall'altro lato si identifica con l'intensificazione del consumo produttivo”.
Inoltre il credito “spinge la produzione  capitalistica al di là dei suoi
limiti” anche nel senso di porre a disposizione della produzione “tutto il
capitale disponibile e anche potenziale della società”... E' precisamente
per questi motivi, osserva Marx, che il credito appare come la causa della
sovrapproduzione:”se il credito appare come la leva principale della
sovrapproduzione e dell'iperattività e della sovraspeculazione nel
commercio, ciò accade soltanto perchè il processo di riproduzione, che per
sua natura è elastico, viene qui forzato fino al suo estremo limite, e vi
viene forzato proprio perchè una gran parte del capitale sociale viene
impiegata da coloro che non ne sono proprietari, che quindi rischiano in
misura ben diversa dal proprietario...”.
“...Grazie al credito si può ben spingere la produzione oltre i limiti del
consumo (ossia dell'effettiva domanda pagante), ma alla fine il processo si
inceppa e la crisi si incarica di dimostrarci che quel limite e
invalicabile...”.

“...Nella crisi, puntualmente, si è interrotto il ciclo di trasformazione
della merce in denaro e si è prodotta quella caratteristica “carestia di
denaro” che trasforma il denaro stesso, da semplice mezzo di circolazione
del capitale, in “merce assoluta”, in “forma autonoma del valore” superiore
e contrapposta alle singole merci: “in periodi di depressione, quando il
credito si restringe oppure cessa del tutto, il denaro improvvisamente si
contrappone in assoluto a tutte le merci quale unico mezzo di pagamento e
autentica forma di esistenza del valore” (Marx)...”.

“...Sia Marx che Engels ritenevano che la crisi non potesse essere risolta
da interventi di politica monetaria né da leggi ad hoc o interventi pubblici
a garanzia e copertura del debito privato. Anzi in una lettera ad Engels
riferita agli sviluppi della crisi che allora imperversava in Francia, Marx
accennò al fatto che questi ultimi interventi, lungi dal risolvere la crisi,
potevano portare alla bancarotta anche lo Stato: “quando scoppia la vera e
propria crisi francese, il mercato finanziario e la garanzia di questo
mercato, cioè lo Stato, se ne vanno al diavolo”...
La gigantesca trasformazione di debito privato in debito pubblico in atto,
se non è riuscita né a ridurre l'entità complessiva del debito né a
rianimare l'economia, può porre le premesse di un ulteriore crisi del
debito: quella, appunto, del debito pubblico... A questo punto il risultato
che si avrebbe sarebbe una pesantissima crisi fiscale, un'ulteriore drastica
riduzione del suo ruolo nell'economia e il campo libero lasciato alle grandi
aziende multinazionali private.

“...Per Marx: “nelle contraddizioni, crisi e convulsioni acute si manifesta
la crescente inadeguatezza dello sviluppo produttivo della società rispetto
ai rapporti di produzione che ha avuto finora. La distruzione violenta del
capitale, non in seguito a circostanze esterne ad esso, ma come condizione
della sua autoconservazione, è la forma più evidente in cui gli si rende
noto che ha fatto il proprio tempo e che deve far posto ad un livello
superiore di produzione sociale”...”.

“... la sola vera soluzione della crisi può venire dall'intendere che il
capitalismo è il problema e dall'operare di conseguenza: ossia per il
superamento di questa “ultima configurazione servile assunta dall'attività
umana” (Marx), con l'obiettivo di far sì che i produttori assoggettino la
produzione – che oggi li sovrasta come una “legge cieca” al “loro controllo
comune come intelletto associato” (Marx)...”.





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