[Redditolavoro] una voce critica da aprrezzare .attorno e dopo il 15 ott

CobasSindacatodiClasse cobasta at libero.it
Tue Nov 15 08:51:24 CET 2011


nel COBAS CONFEDERAZIONE

ATTORNO E DOPO IL 15

Per una critica di merito e di metodo



SUL DISSENSO



Partiamo dagli esiti: delle rare, quanto preziose, critiche ufficialmente 
espresse e fin qui giunteci dall' interno della Confederazione Cobas sui 
fatti del 15 che ci riguardano, e su ciò che ne è seguito, non sembrano, ad 
ora, potersi rintracciare effetti visibili, udibili all'esterno.

Delle due l'una: o davvero l'atteggiamento, tutto intero, avuto in quella 
giornata, e ciò che ne è seguito in termini di comunicati e interviste, sono 
condivisi dal corpo dei Cobas, o, se dissenso c'è, le difficoltà a farlo 
emergere sono tali da dover mettere in discussione la verticalità assunta da 
questa organizzazione.

Quale che sia il caso tra i due, noi, preferendo mantenere una concezione 
organizzativa orizzontale e libertaria, lontana dall'idea di 'partito' che 
emerge perfino dalle pettorine da alcuni indossate nell'occasione, scegliamo 
di dire la nostra, e deliberatamente lo facciamo in modo pubblico.



SULLA DELAZIONE



“La Repubblica” ha messo a disposizione di zelanti cittadini il proprio 
sito, a che si possano rintracciare e punire i “teppisti” del 15 ottobre. 
Fin qui nulla di nuovo.

Osservare però che, da parte delle “pettorine Cobas”, a calci e pugni 
qualcuno dei “teppisti” sia stato fatto allontanare dal corteo, a rischio di 
farlo cadere in mano alle “forze dell'ordine”; o che dal microfono uscissero 
richieste quali “La polizia ci dica dove dobbiamo andare!” (taluno cui ci 
sforziamo di non credere, ci ha riferito perfino un “Arrestateli!”); e 
riscontrare successivamente che in tutte le dichiarazioni provenienti dall' 
“ufficialità” della Confederazione i suddetti “teppisti” fossero indicati 
come “sfasciacarrozze, sfasciavetrine, sfascioni”, senza neppure sfiorarne 
un'interpretazione sociale, o almeno generazionale, se non politica, e 
addebitando loro d'aver “violentato” tout court la manifestazione; 
riscontrare infine, da un lato l'assunzione acritica di comportamenti quanto 
meno discutibili: “il corteo ha reagito, si è ribellato...”, dall'altro, in 
proposito del mancato intervento della polizia nella prima fase dei 
disordini, l'affermazione “nessuna traccia di loro in tutto il corteo...”, 
quasi a poterne con-dividere l'eventuale uso di manganello e manette..., 
beh... tutto ciò fa sì che le distinzioni circa il fenomeno largamente più 
preoccupante emerso nella circostanza, quello cioè della delazione, dicesi 
delazione (interessante l'approfondimento in merito rintracciabile in 
Radioondadurto - O.S.), si facciano talmente sottili da divenire quasi 
trasparenti...



SULLE PETTORINE, SUI SERVIZI D'ORDINE



Solo perché ci appare calzante - non importa chi l'abbia usata in questi 
giorni, né lo conosciamo-, rubiamo la seguente espressione: “Nessuno pensa 
che assaltare qualche banca, bruciare qualche auto, perfino scontrarsi con 
la polizia in assetto di guerra sia “il preludio della rivoluzione sociale”, 
ma il problema della violenza, del suo uso, della sua oggettiva necessità, è 
un problema che non può essere ignorato né, peggio, affrontato con la logica 
del questurino”.

Possono tuttavia essere di notevole interesse, anche in dialettico contrasto 
con l'idea appena espressa, le (poche) esperienze di non-violenza-attiva, 
ove queste non siano malintese, come perlopiù accade, e interpretate come 
legalità... Fondamentale la differenza.

In merito all'intero argomento non abbiamo pregiudizi, né vogliamo relegare 
alle “circostanze particolari”, si tratti d'Egitto o Tunisia, l'uso delle 
forme di lotta.

Ma poiché s'affaccia, nel dibattito tra chi ha organizzato il 15, la 
possibile costituzione di “servizi d'ordine”, e almeno in nuce ve n'è già 
stata una pratica, è bene ricordare che la lunga critica in merito trova sue 
significative ragioni e che, in ogni caso, nel passaggio alla “forza”, 
sarebbe etico considerare innanzitutto il nemico, non chi lo combatte, sia 
pure in forme che non si dovessero condividere.



SU PIAZZA SYNTAGMA E ALTRO



In uno dei comunicati della Confederazione v'è una presa di posizione netta 
contro “gli anarchici greci” e in favore del “servizio d'ordine del Partito 
comunista greco (KKE) che scaccia a bastonate dalla piazza 500 anarchici che 
attaccavano la polizia...”.

Noi non abbiamo la pretesa, a differenza di chi, a ragione o a torto, si 
ritiene all'altezza di poterlo fare, di giudicare con tanta sicumera quei 
fatti, conosciamo tuttavia, e propendiamo per altre versioni e letture, 
anche problematiche. Abbiamo in ogni modo chiara l'immagine di un servizio 
d'ordine del KKE schierato a difesa del parlamento greco, già presidiato 
dalla polizia, e siamo tra i tanti che conservano buona memoria di servizi 
d'ordine di tal fatta a noi ostili, in passate circostanze e luoghi più 
vicini.

Non vorremmo essere mai partecipi di quanto - mal dissimulato, ma meglio 
sarebbe dire velleitariamente minacciato, nell'espressione “non crediamo 
affatto indispensabile l'uso di forze di dissuasione” - si profila 
all'orizzonte delle cosiddette “regole d'ingaggio”.



SU CIÒ CHE È STATO IGNORATO



Anche qui prendiamo in prestito, non importa da chi giacché siamo per un 
movimento senza nome e guardiamo al senso delle cose, un'espressione usata 
da altri, senz'altro aggiungere: “La novità vera è che i ragazzi delle 
periferie sono ricomparsi nel centro e non per fare lo shopping e lo faranno 
sempre più spesso, insieme a tutti gli altri e le altre che desiderano la 
fine del vecchio mondo. Il “teppismo” di questi ragazzi è autodifesa, la 
loro furia è direttamente proporzionale al desiderio che hanno di 
trasformare la loro vita. La cecità di chi si ostina a non voler vedere la 
decomposizione sociale in corso, una disabilità mentale coadiuvata da una 
sorta di revisionismo storico applicato al presente che sfocia in feroce 
risentimento contro l'attualità, dimostra solo la lontananza del ceto 
politico movimentista dalla verità del tempo e la sua esteriorità al 
movimento che trasforma lo stato di cose presenti”.



SULLA RAPPRESENTANZA



Posto che mai si dovrebbe dimenticare che i cobas stessi non sono nati su 
un'idea di rappresentanza, ma di movimento conflittuale, tanto meno si può 
pretendere di esportare, su una complessità sociale come quella attuale, un 
modello progressivamente trasformatosi e che mostra già le sue crepe. 
L'esperienza può solo essere utilizzata al fine di mettere a disposizione, 
non  tentando velleitariamente di egemonizzare, la propria intelligenza 
delle cose. La critica del “politico”, della “rappresentanza”, non solo 
quella istituzionale, è sempre più evidente, e resistere a questo può solo 
rispondere a interessi, presunzioni e risentimenti di ceto politico.

Si fanno i conti con la realtà e si è anche costretti a prendere atto di 
necessità imposte, così si utilizza anche la forma-sindacato, ma guai a 
dimenticare la propria genesi e adattarsi ad accomodamenti in successione. 
L'attualità di Oakland ci dice che si può fare scioperi anche senza 
sindacati e inamovibili leaders, quella di Roma, forse, che “Hessel non 
abita in Italia” (cfr. 
http://senzasoste.it/speciali/hessel-non-abita-in-italia-la-crisi-permanente-della-forma-movimento-basata-sul-primato-dell-opinione-pubblica )



PER FINIRE



E' vero, singoli gesti -in singoli momenti non sempre-  hanno forse messo a 
repentaglio il corteo; gesti non condivisibili, certo, ma se così è 
avvenuto, non c'è da fare la litania autocentrata delle lamentele, tanto 
meno c'è da rilasciare interviste. Se si ha l'intento di mettere a 
disposizione dei conflitti la propria intelligenza per spingerli in avanti, 
c'è piuttosto da chiedersi quale tipo di previsioni si sono fatte prima. C'è 
da chiedersi, noi tutti, beninteso, se si è stati in grado di capire cosa 
bolle nel sociale, nella classe frantumata, non nella cosiddetta “società 
civile” (che odiosa espressione!) e dentro la crisi. C'è da chiedersi in che 
misura si è stati incapaci di interpretare, intercettare, eventualmente 
indirizzare la rabbia, correggendone la mira.

Ci sarebbe da starne alla testa, non alla coda.

Nell'immediato ci sembrano urgenti due cose:

  a.. si approfondisca e allarghi il confronto, che esso sia aperto e privo 
di timori sui temi, tutti, che il 15 ha posto in campo
  b.. si dia piena solidarietà agli arrestati, si assuma il compito della 
loro assistenza legale e della loro liberazione.
Cobas Scuola Milano

Cobas Scuola Varese





15.11.2011



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