[Redditolavoro] Fw: SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS ! - NEWSLETTER N.97 DEL 10/11/11
bastamortesullavoro@domeus.it
cobasta at libero.it
Fri Nov 11 07:39:55 CET 2011
SICUREZZA SUL LAVORO - KNOW YOUR RIGHTS ! - NEWSLETTER N.97 DEL 10/11/11
!".
In questo numero:
- Pubblicato il D.P.R.177/11 per la esecuzione dei lavori in spazi
confinati
- Cassazione: le aziende sono obbligate a lavare gli abiti di
lavoro, la mancata sanificazione è un rischio per la salute
- Processo Eternit - Guariniello "C' è dolo intenzionale"
- La città invisibile che si ribella al veleno nel lavoro
- L' elettricità in tutta sicurezza
Invito ancora tutti i compagni della mia mailing list che riceveranno queste
notizie a diffonderle in tutti i modi.
La diffusione è gradita e necessaria. L' obiettivo è quello di diffondere il
più possibile cultura della sicurezza e consapevolezza dei diritti dei
lavoratori a tale proposito.
L' unica preghiera, per gli articoli firmati da me, è quella di citare la
fonte:
"Marco Spezia - sp-mail at libero.it"
DIFFONDETE & KNOW YOUR RIGHTS !
Marco Spezia
RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO
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PUBBLICATO IL D.P.R.177/11 PER LA ESECUZIONE DEI LAVORI IN SPAZI CONFINATI
Da: http://www.puntosicuro.it
Anno 13 - numero 2738 di giovedì 10 novembre 2011
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto del Presidente della
Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 "Regolamento recante norme per la
qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti
sospetti di inquinamento o confinanti, a norma dell' articolo 6, comma 8,
lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81", che entrerà in
vigore dal 23 novembre 2011.
Il decreto che nasce per meglio regolamentare la sicurezza nelle attività
lavorative svolte in ambienti comunemente definiti come confinati. Numerose
sono le novità accolte da molti (parti sociali, tecnici etc.) con largo
favore.
Il decreto nasce sulla scia dei vari incidenti che si sono tristemente
succeduti nel triennio 2008 - 2010 traendo conclusioni per molti aspetti
complementari o diverse dai decreti e da tutte le linee guida (edizioni 2001
e 2008) che lo hanno preceduto. Operando sulla base della qualificazione
degli attori e su regole chiare, pone in campo nuovi e diverse parametri di
confronto rispetto al passato. In realtà, buona parte degli argomenti era
già contenuta di fatto nel D.lgs.81/08, ma viene ribadita con forza in un
unico testo indirizzato al settore in modo da rafforzarne la valenza
preventiva.
In particolare, due gli aspetti di novità che saranno oggetto di adeguamento
da parte delle aziende chiamate ad operare in ambienti confinati.
La prima novità riguarda la qualificazione delle imprese e dei lavoratori
autonomi che possono operare in spazi confinati. In aggiunta a tutti gli
obblighi già gravanti in materia, si è provveduto (in attesa, si legge,
della definizione di un complessivo sistema di qualificazione) a definire in
maniera puntuale una serie di requisiti in modo da selezionare i soggetti
destinati a tali attività. In specifico è prevista:
- l' obbligato di informazione, formazione e addestramento
specifici, da rinnovare periodicamente: ovviamente l' aspetto più
qualificante è l' addestramento, che possiamo intendere come riferito all'
uso degli strumenti di prevenzione (DPI, rilevatori, ecc.) ma anche alle
procedure da adottare in caso di anomalia o emergenza;
- il possesso di DPI specifici, strumentazioni ed attrezzature,
idonei a prevenire i rischi propri dell' attività: qui ci permettiamo di
osservare che anche il committente, sulla base della propria valutazione dei
rischi, dovrà avere la capacità di comprendere se le dotazioni del fornitore
sono idonee dal punto di vista della sicurezza, altrimenti questo tipo di
qualificazione perderebbe di effettività;
- l' obbligo di presenza, durante tali attività, di personale
esperto (non inferiore al 30% della forza lavoro destinata alla attività
medesima) con contratti definiti;
- l' integrale rispetto degli obblighi contributivi;
- l' applicazione delle norme, non solo alla azienda che acquisisce
il contratto o che esegue i lavori al proprio interno, ma anche a qualsiasi
soggetto della filiera (subappalti, ecc.): a questo proposito il decreto si
sofferma ampiamente sulla regolamentazione degli appalti, al fine di evitare
quanto già visto in passato negli incidenti più grandi.
Dal testo esaminato non appaiono eccezioni per le aziende che effettuano
autonomamente i lavori in oggetto,quindi i requisiti applicabili dovranno
essere rispettati con riferimento al personale coinvolto in tali attività.
La seconda novità riguarda la specifica indicazione della necessità di una
procedura per la esecuzione dei lavori in spazi confinati.
Il titolo dell' articolo 3 del suddetto decreto è infatti "Procedure di
sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati".
La richiesta esplicita di una procedura scritta con specifici requisiti che
sia adottata durante tutte le fasi, o altri criteri quali l' informazione
prima dell' accesso (per un periodo non inferiore ad un giorno) o l'
individuazione di un rappresentante del committente formato ed addestrato
che vigili sulle attività, sono novità di rilievo, peraltro già prospettate
nelle linee guida ISPESL del 2008. L' idea di definire un processo univoco e
ben delineato per l' esecuzione di attività pericolose è qualcosa che nella
cultura anglosassone era ben presente a partire da metà degli anni '90 e che
ha trovato larga attuazione in alcuni settori come il petrolchimico proprio
per la tipologia di lavoro di cui stiamo parlando. Ma l' allargamento dell'
approccio a tutti i settori, anche a quelli in cui il lavoro in spazi
confinati può apparire meno pericoloso, punta all' obiettivo di evitare la
sottovalutazione del rischio che in molti degli incidenti degli ultimi anni
è stata una delle cause rilevanti per l' accadimento degli stessi.
Si delinea in alternativa alle suddette procedure anche l' imminente uscita
di buone prassi in corso di approvazione (qualora validate dalla Commissione
consultiva permanente). Probabilmente sarà comunque necessario un
adeguamento dei contenuti delle buone prassi alla effettiva organizzazione
del lavoro dei vari soggetti coinvolti.
Le due novità configurano una porzione interessante di un sistema di
gestione in cui molti dei requisiti richiesti coprono punti specifici, ad
esempio, della norma OHSAS 18001. È di fatto escluso il mero intervento di
formazione in aula fine a sé stessa a cui abbiamo tutti assistito negli
ultimi anni.
Addestramento fattivo, formazione permanente su DPI precisi ed atti allo
scopo. Il futuro di questa specifica parte di lavorazioni taglia nettamente
i ponti con la sicurezza fatta sulla carta e poco fattiva.
Lo scenario è di fatto completamente diverso. La procedura che il
costituisce il cuore del DPR, sarà definita e fatta rispettare dal datore di
lavoro, o chi per lui, dopo avere bene analizzato le fattispecie di lavori a
cui potrà / vorrà partecipare. Non potrà essere generica perché ad essa è
legata la scelta della organizzazione del lavoro (costituzione delle
squadre), dei metodi di lavoro e soprattutto la scelta dei DPI di terza
categoria. In questo senso, e non in altri, le buone prassi prospettate
potranno essere di aiuto, ma non determinanti, in quanto anche solo la
presenza di due tipi di ambienti confinati porterà a procedure dedicate e
specifiche di quella azienda e del mondo in cui opera. La procedura diventa
quindi il cuore stesso delle scelte e del know how dell' azienda qualificata
a lavorare in ambiente confinato, che a questo punto deve essere
perfettamente conosciuto, definito ed analizzato.
Gli stessi criteri di soccorso, sono legati al tipo di intervento svolto,
alle attrezzature in dotazione all' impresa, ai DPI scelti, all'
addestramento ricevuto e non ultimo alle capacità fattive dei dipendenti
dell' impresa.
La formazione sarà generica ed introduttiva solo in piccola parte, ma sarà
prepotentemente effettuata sulla procedura aziendale dedicata al tipo di
lavorazioni svolte.
Infine, l' addestramento riveste, in questo settore, importanza particolare.
In questo caso si rivelano preziose le linee guida ISPESL del giugno del
2008, che tracciano suggerimenti importanti sui DPI necessari, sugli
equipaggiamenti e sulla strumentazione atta ad individuare la presenza di
sostanze pericolose.
Le suddette linee suggeriscono un aggiornamento dell' addestramento almeno
annuale. Si tratta di un addestramento approfondito e multisettoriale che
spazia dalle tecniche di ingresso a quelle di recupero, passando per le
analisi in campo delle atmosfere riscontrate. Anche se non viene definita la
competenza dei docenti trattandosi di tecniche di soccorso unite ad una
conoscenza approfondita dei DPi di terza categoria, delle schede delle
sostanze presenti e dei relativi limiti, così come della strumentazione, di
fatto apre scenari in cui più professionisti e medici operino di concerto
per offrire adeguato addestramento, la cui durata è normata nei termini
minimi (almeno un giorno).
Riassumendo, il nuovo DPR esprime concetti conosciuti e già espressi nella
normativa attuale, ma resi chiari ed espliciti per una salvaguardia fattiva
che riconduca ad un sistema di gestione della sicurezza più complessivo.
Difficile infatti immaginare la gestione, l' aggiornamento e la manutenzione
di corsi, attrezzature, strumentazioni, senza un approccio definito da un
sistema gestionale più o meno complesso.
Le novità espresse in maniera chiara, per chiunque operi in questo settore,
vanno nella giusta direzione e possono essere un chiaro esempio di fattiva
prevenzione con l' obiettivo dichiarato di evitare le tragedie viste in
passato.
Massimo Valerio
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 14 settembre 2011, n. 177
Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei
lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o
confinanti, a norma dell' articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l' articolo 87 della Costituzione;
Visto l' articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visti gli articoli 6, comma 8, lettera g), e 27 del decreto legislativo 9
aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni;
Viste le risultanze delle riunioni della Commissione consultiva per la
salute e sicurezza sul lavoro di cui all' articolo 6 del decreto legislativo
9 aprile 2008, n. 81, tenutesi in data 16 marzo ed in data 7 aprile 2011;
Acquisito il parere della Conferenza per i rapporti permanenti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, espresso nella
seduta del 20 aprile 2011;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 5 maggio 2011;
Udito il parere del Consiglio di Stato, reso dalla sezione consultiva per
atti normativi nell' adunanza del 23 giugno 2011;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 3 agosto 2011;
Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
Emana il seguente regolamento:
Art. 1 - Finalità e ambito di applicazione
1. In attesa della definizione di un complessivo sistema di qualificazione
delle imprese e dei lavoratori autonomi, come previsto dagli articoli 6,
comma 8, lettera g), e 27 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il
presente regolamento disciplina il sistema di qualificazione delle imprese e
dei lavoratori autonomi destinati ad operare nel settore degli ambienti
sospetti di inquinamento o confinati, quale di seguito individuato.
2. Il presente regolamento si applica ai lavori in ambienti sospetti di
inquinamento di cui agli articoli 66 e 121 del decreto legislativo 9 aprile
2008, n. 81, e negli ambienti confinati di cui all' allegato IV, punto 3,
del medesimo decreto legislativo.
3. Le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 2, e 3, commi 1 e 2,
operano unicamente in caso di affidamento da parte del datore di lavoro di
lavori, servizi e forniture all' impresa appaltatrice o a lavoratori
autonomi all' interno della propria azienda o di una singola unità
produttiva della stessa, nonché nell' ambito dell' intero ciclo produttivo
dell' azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica, a norma
dell' articolo 26, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81,
dei luoghi in cui si svolge l' appalto o la prestazione di lavoro autonomo.
4. Restano altresì applicabili, limitatamente alle fattispecie di cui al
comma 3, fino alla data di entrata in vigore della complessiva disciplina
del sistema di qualificazione delle imprese di cui all' articolo 6, comma 8,
lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e fermi restando i
requisiti generali di qualificazione e le procedure di sicurezza di cui agli
articoli 2 e 3, i criteri di verifica della idoneità tecnico-professionale
prescritti dall' articolo 26, comma 1, lettera a), del medesimo decreto
legislativo
Art. 2 - Qualificazione nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento
o confinati
1. Qualsiasi attività lavorativa nel settore degli ambienti sospetti di
inquinamento o confinati può essere svolta unicamente da imprese o
lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei seguenti
requisiti:
a) integrale applicazione delle vigenti disposizioni in materia di
valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle
emergenze;
b) integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell' articolo 21
del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel caso di imprese familiari
e lavoratori autonomi;
c) presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30 per cento della
forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie
contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i
relativi contratti siano stati preventivamente certificati ai sensi del
Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Tale
esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che
svolgono le funzioni di preposto;
d) avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto
il personale, ivi compreso il datore di lavoro ove impiegato per attività
lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente
mirato alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività ,
oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento. I contenuti e le
modalità della formazione di cui al periodo che precede sono individuati,
compatibilmente con le previsioni di cui agli articoli 34 e 37 del decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81, entro e non oltre 90 giorni dall' entrata
in vigore del presente decreto, con accordo in Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, sentite le parti sociali;
e) possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e
attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle
attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e
avvenuta effettuazione di attività di addestramento all' uso corretto di
tali dispositivi, strumentazione e attrezzature, coerentemente con le
previsioni di cui agli articoli 66 e 121 e all' allegato IV, punto 3, del
decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
f) avvenuta effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale
impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o
confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente alla applicazione
di procedure di sicurezza coerenti con le previsioni di cui agli articoli 66
e 121 e dell' allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008,
n. 81;
g) rispetto delle vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di
Documento unico di regolarità contributiva;
h) integrale applicazione della parte economica e normativa della
contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della
contribuzione all' eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la
prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi
collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e
dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
2. In relazione alle attività lavorative in ambienti sospetti di
inquinamento o confinati non é ammesso il ricorso a subappalti, se non
autorizzati espressamente dal datore di lavoro committente e certificati ai
sensi del Titolo VIII, Capo I, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276, e successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni del presente
regolamento si applicano anche nei riguardi delle imprese o dei lavoratori
autonomi ai quali le lavorazioni vengano subappaltate
Art. 3 - Procedure di sicurezza nel settore degli ambienti sospetti di
inquinamento o confinati
1. Prima dell' accesso nei luoghi nei quali devono svolgersi le attività
lavorative di cui all' articolo 1, comma 2, tutti i lavoratori impiegati
dalla impresa appaltatrice, compreso il datore di lavoro ove impiegato nelle
medesime attività, o i lavoratori autonomi devono essere puntualmente e
dettagliatamente informati dal datore di lavoro committente sulle
caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati ad operare, su tutti i
rischi esistenti negli ambienti, ivi compresi quelli derivanti dai
precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro, e sulle misure di prevenzione
e emergenza adottate in relazione alla propria attività. L' attività di cui
al precedente periodo va realizzata in un tempo sufficiente e adeguato all'
effettivo completamento del trasferimento delle informazioni e, comunque,
non inferiore ad un giorno.
2. Il datore di lavoro committente individua un proprio rappresentante, in
possesso di adeguate competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro
e che abbia comunque svolto le attività di informazione, formazione e
addestramento di cui all' articolo 2, comma 1, lettere c) ed f), a
conoscenza dei rischi presenti nei luoghi in cui si svolgono le attività
lavorative, che vigili in funzione di indirizzo e coordinamento delle
attività svolte dai lavoratori impiegati dalla impresa appaltatrice o dai
lavoratori autonomi e per limitare il rischio da interferenza di tali
lavorazioni con quelle del personale impiegato dal datore di lavoro
committente.
3. Durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di
inquinamento o confinati deve essere adottata ed efficacemente attuata una
procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove impossibile,
ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati,
comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il
sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del
Fuoco. Tale procedura potrà corrispondere a una buona prassi, qualora
validata dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza
sul lavoro ai sensi dell' articolo 2, comma 1, lettera v), del decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
4. Il mancato rispetto delle previsioni di cui al presente regolamento
determina il venir meno della qualificazione necessaria per operare,
direttamente o indirettamente, nel settore degli ambienti sospetti di
inquinamento o confinati
Art. 4 - Clausola di invarianza finanziaria
1. Dalla applicazione del presente regolamento non derivano nuovi o maggiori
oneri a carico della finanza pubblica. Il presente decreto, munito del
sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana.
É fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 14 settembre 2011
NAPOLITANO
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CASSAZIONE: LE AZIENDE SONO OBBLIGATE A LAVARE GLI ABITI DI LAVORO, LA
MANCATA SANIFICAZIONE E' UN RISCHIO PER LA SALUTE
Da Giusti Federico
f.giusti at comune.pisa.it
Confederazione COBAS Pisa
Con sentenza n.18573/2007 [riportata a seguire], la Corte di Cassazione ha
affermato che è a carico aziendale il costo per lavaggio e pulizia degli
indumenti di lavoro. Il lavaggio domestico degli abiti da lavoro, infatti,
può comportare pericoli per la salute dei familiari e non è idoneo alla
disinfezione dei capi. E parliamo non solo del personale ospedaliero, ma di
quanti operano nelle ditte di pulizie, nell' igiene ambientale, nei
cimiteri, in ambienti esposti ad agenti patogeni.
Anche la normale divisa costituisce un indumento protettivo e in quanto tale
deve essere lavata dal datore di lavoro, perché consente di proteggere da un
rischio biologico (virus, batteri, ecc.) o da un rischio chimico.
Ci sono sentenze di Cassazione e circolari ministeriali che affermano l'
obbligo del lavaggio da parte del datore di lavoro poiché l' indumento
assolve anche una funzione protettiva e per questo viene equiparato ad un
dispositivo di protezione individuale (DPI) con conseguente obbligo di
lavaggio a carico del datore di lavoro e non da ora.
Si pensi al DPR n.547 dell' ormai lontano anno 1957 dove si stabilisce che
il datore di lavoro, fermo restando quanto specificatamente previsto in
altri articoli del presente decreto, deve mettere a disposizione dei
lavoratori mezzi personali di protezione (tute, camici, ecc.) appropriati ai
rischi inerenti alle lavorazioni ed operazioni effettuate, qualora manchino
o siano insufficienti i mezzi tecnici di protezione. I detti mezzi personali
di protezione devono possedere i necessari requisiti di resistenza e di
idoneità nonché essere mantenuti in buono stato di conservazione (articolo
377).
[Il D.P.R.547/55 e il D.Lgs.626/94 citati nella sentenza sono stati abrogati
dal D.Lgs.81/08. Ad oggi pertanto vale comunque quanto disposto dall'
articolo 18, comma 1, lettera d) del D.Lgs.81/08 che stabilisce che "Il
datore di lavoro deve fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi
di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente" e dall'
articolo 7, comma 4, lettera a) del medesimo Decreto che stabilisce che "Il
datore di lavoro mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'
igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni
necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante".]
Bastano questi pochi elementi per capire che la vertenza delle lavoratrici
della Sodexo è una vertenza da sostenere perché nasce dalla difesa della
salute e della sicurezza delle addette e dei pazienti.
Esprimiamo solidarietà alle lavoratrici, lo sportello sicurezza e salute dei
Cobas (via San Lorenzo 38, Pisa) è a disposizione per queste ed altre
vertenze
Confederazione COBAS Pisa
Corte di Cassazione - Sentenza n. 18573/2007
Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano la Corte Suprema di Cassazione sezione lavoro ha
pronunciato la seguente sentenza sul ricorso proposto da:
G.C. e altri elettivamente domiciliati in Roma Via Tacito 50, presso lo
studio dell' avvocato Bruno Cossu, che li rappresenta e difende unitamente
all' avvocato Carlo Ciminelli, giusta delega in atti (ricorrenti);
contro
AMIU SpA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma Viale G. Cesare 14, presso lo studio dell' avvocato
Maria Teresa Barbantini, che la rappresenta e difende unitamente all'
avvocato Giuseppe Ferraris, giusta delega in atti (controricorrente) avverso
la sentenza n. 181/03 della Corte d' Appello di Genova, depositata il
26/02/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/05/07
dal Consigliere Dott. Attilio Celentano;
udito l' Avvocato Cossu;
udito l' Avvocato Barbantini;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Riccardo
Fuzio che ha concluso per l' accoglimento del terzo motivo del ricorso
principale assorbiti altri motivi dello stesso, e il ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con separati ricorsi al Tribunale di Genova gli odierni ricorrenti
convenivano in giudizio l' AMIU di Genova e, premesso di essere dipendenti
di detta azienda e di essere addetti alla pulizia delle strade e al ritiro
dei rifiuti solidi, indossando il vestiario di protezione fornito dall'
azienda, vestiario che, fino al dicembre 1999, avevano provveduto a lavare
in forza dell' art.20 del CCNL del 1995, denunciavano la illegittimità di
tale clausola e chiedevano la condanna della convenuta al risarcimento del
danno per l' attività di pulizia e disinfezione degli indumenti, attività
che doveva far carico al datore di lavoro.
L' AMIU si costituiva e contestava le domande.
Il Tribunale respingeva le domande e compensava le spese fra le parti. Con
sentenza del 19/26 febbraio 2003 la Corte di Appello di Genova rigettava gli
appelli riuniti proposti dai lavoratori.
Osservava in motivazione che, pur sussistendo la denunciata nullità della
clausola del contratto collettivo che pone a carico dei dipendenti la
pulizia degli abiti di lavoro, anche perché il lavaggio domestico comporta
pericoli alla salute dei familiari e non è idoneo alla disinfezione dei
capi, la domanda non poteva essere accolta perché i ricorrenti non avevano
prospettato danni alla salute ma chiesto la remunerazione del tempo
impiegato per il lavaggio e il rimborso delle spese relative.
Riteneva che l' esecuzione di un facere in base ad un contratto nullo
comportava solo l' esperibilità di una azione di indebito arricchimento,
azione che non era stata proposta e della quale non erano stati dedotti e
provati i presupposti di fatto, essendosi limitati i ricorrenti a chiedere
un compenso per l' attività svolta: un petitum ed una causa petendi diversi
da quelli previsti dall' art. 2041 c.c. .
I lavoratori propongono ricorso per Cassazione affidato a tre motivi;
resiste con controricorso l' AMIU e propone ricorso incidentale affidato
anch' esso a tre motivi. Le parti hanno depositato memorie.
A seguito di trattative e di rinvio dell' udienza di discussione, già
fissata per il 25 ottobre 2006, l' AMIU ha depositato quattordici verbali di
conciliazione, riguardanti i ricorrenti, ad eccezione di P.T. .
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Ricorso principale e ricorso incidentale vanno preliminarmente riuniti
(art. 335 c.p.c.).
A seguito delle conciliazioni intervenute fra l' azienda ed i lavoratori
G.C. e altri, i ricorsi principali dei lavoratori citati ed il ricorso
incidentale della azienda nei confronti degli stessi vanno dichiarati
inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse; le spese di questo
giudizio vanno compensate.
Restano da esaminare il ricorso principale di P.T. e il contrapposto ricorso
incidentale nei suoi confronti.
2. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli
artt. 1218, 1223 e 1227, secondo comma, c.c. il ricorrente principale
lamenta che, pur avendo la sentenza accertato l' inadempimento dell' azienda
all' obbligo di provvedere al lavaggio degli abiti da lavoro, non l' ha
condannata al risarcimento del danno derivante dall' inadempimento,
costituito dalla remunerazione del lavoro necessario per il lavaggio e del
rimborso dalle spese per esso.
3. Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 2126 e 2041
c.c., la difesa del ricorrente rileva che la Corte genovese ha errato sotto
il duplice profilo di non aver applicato la norma che espressamente regola
la prestazione di lavoro con violazione di norme a tutela del prestatore
(art. 2126) ed avere, invece, applicato una norma residuale (l' art. 2041),
inapplicabile proprio perché diretta a disciplinare casi che non siano già
regolati dalla legge.
4. Con il terzo motivo, denunciando vizio di motivazione su fatti decisivi
con riferimento all' art. 2041 c.c., la difesa del sig. T. deduce, in
subordine, che la Corte genovese ha comunque errato nel ritenere la mancata
deduzione degli elementi costitutivi dell' azione di indebito arricchimento.
Assume che le istanze istruttorie articolate riguardavano non solo l'
impoverimento subito dal lavoratore, ma anche l' arricchimento dell' AMIU
per i costi di lavaggio risparmiati, costi risultanti dagli accordi
sindacali intervenuti con l' analoga Azienda di Padova in data 8-19 luglio
1991 e dall' accordo con la stessa AMIU in data 28 ottobre 1999.
5. Ricorso incidentale.
6. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'
art. 32 Cost., dell' art. 2087 c.c., degli artt. 377, 378 e 379 del D.P.R.
27 aprile 1955, n. 547, dell' art. 4 del D.P.R. 9 marzo 1956, n. 303, degli
artt. 5, 40, 43 e 44 del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626,
degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., nonché vizio di motivazione, la difesa
della ricorrente incidentale critica la sentenza impugnata laddove, aderendo
al principio enunciato da questa Corte con sentenza n. 11139 del 5 novembre
1998, ha ritenuto la nullità dell' art. 20 del contratto collettivo.
Deduce che il lavaggio degli indumenti è riconducibile al concetto di cura
più che a quello di manutenzione e che, in subordine, non esiste alcuna
norma che rende nullo un accordo che trasferisca l' onere del lavaggio sui
lavoratori.
Aggiunge che dalla pretesa inidoneità della delega sul piano delle
competenze ed attitudini del delegato non potrebbe comunque derivare la
nullità radicale della delega stessa, ma solo la persistente responsabilità
del datore di lavoro delegante in ordine ai danni alla salute derivanti da
un inidoneo lavaggio.
7. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli
artt. 1362, 1361, 1367 e 1369 c.c., nonché vizio di motivazione, la difesa
dell' AMIU critica la sentenza nella parte in cui ha escluso che l' art. 20
contenga una delega ai lavoratori per quanto concerne il lavaggio.
Deduce che tale interpretazione della clausola collettiva cozza con le norme
denunciate.
8. Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'
art. 2099 c.c., degli artt. 414 c.p.c. e 2697 c.c., degli artt. 112 e 115
c.p.c., nonché vizio di motivazione, la difesa della ricorrente incidentale
lamenta che la Corte genovese non ha considerato che la remunerazione, in
senso lato, dell' attività di lavaggio deve ritenersi compresa nel
trattamento economico e normativo complessivamente garantito dal CCNL, e che
le carenze del ricorso introduttivo sui fatti costitutivi della pretesa
risarcitoria impedivano, comunque, di entrare nel merito di detta pretesa.
9. I primi due motivi del ricorso incidentale vanno trattati per primi,
attesa la loro pregiudizialità logica.
Gli stessi sono infondati alla luce dell' orientamento della Corte che può
ritenersi ormai consolidato e dal quale il Collegio non ritiene di
discostarsi, non essendo state prospettate argomentazioni idonee a provocare
un mutamento di indirizzo. E' stato affermato che "L' idoneità degli
indumenti di protezione che il datore di lavoro deve mettere a disposizione
dei lavoratori - a norma dell' art. 379 del D.P.R. n. 547 del 1955 fino alla
data di entrata in vigore del D.Lgs.n. 626 del 1994 e ai sensi degli art.
40, 43, commi 3 e 4, di tale decreto, per il periodo successivo - deve
sussistere non solo nel momento della consegna degli indumenti stessi, ma
anche durante l' intero periodo di esecuzione della prestazione lavorativa.
Le norme suindicate, infatti, finalizzate alla tutela della salute quale
oggetto di autonomo diritto primario assoluto (art. 32 cost.), solo nel
suddetto modo conseguono il loro specifico scopo che, nella concreta
fattispecie, é quello di prevenire l' insorgenza e il diffondersi d'
infezioni. Ne consegue che, essendo il lavaggio indispensabile per mantenere
gli indumenti in stato di efficienza, esso non può non essere a carico del
datore di lavoro, quale destinatario dell' obbligo previsto dalle citate
disposizioni" (Cassazione 5 novembre 1998 n. 11139; 14 novembre 2005 n.
22929; 26 giugno 2006 n. 14712; 13 ottobre 2006 n. 22049).
Quanto alla criticata esclusione di una delega ai lavoratori, va rilevato
che la Corte genovese ha osservato che, ove anche si potesse ritenere la
sussistenza di una delega in senso lato (essendo in realtà l' onere della
pulizia posto a carico dei lavoratori dal contratto collettivo e, quindi, da
entrambe le parti contraenti), tale delega sarebbe illegittima.
La motivazione è corretta e rispettosa dei principi in materia di
affidamento di mansioni relative alla sicurezza del lavoro a persone diverse
da colui che per legge ne è destinataria.
10. I primi due motivi del ricorso principale sono fondati.
Dalla nullità della clausola che poneva a carico dei lavoratori il lavaggio
la sentenza impugnata ritiene che consegua una situazione di esecuzione di
un contratto nullo, con la conseguente applicazione delle regole dell'
indebito oggettivo o dell' indebito arricchimento. Tale ricostruzione
dimentica che tra le parti sussistono contratti che hanno istituito rapporti
di lavoro subordinato regolati da essi, dalla contrattazione collettiva e da
norme di legge. La materia in questione è regolata, come affermato dalla
citata sentenza di questa Corte, dalla legge che pone a carico del datore di
lavoro anche il lavaggio degli abiti di lavoro che costituiscono protezione
del lavoratore. Ritenuta la nullità della clausola che addossava l' onere al
lavoratore, la materia restava regolata dalla legge. Essendo pacifico che il
datore di lavoro non ha provveduto all' adempimento di questa obbligazione
conseguiva il suo obbligo ex art. 1218 c.c. di risarcire il danno. Questa è
la norma che regola la fattispecie e non quella sull' indebito
arricchimento, atteso anche il carattere sussidiario di questa azione
fissato dall' art. 2042 c.c.. L' accoglimento dei primi due motivi del
ricorso principale assorbe il terzo.
11. Quanto al terzo motivo del ricorso incidentale, con il quale si lamenta
che i giudici di merito non hanno considerato che la remunerazione, in senso
lato, dell' attività di lavaggio deve ritenersi compresa nel trattamento
economico e normativo complessivamente garantito dal CCNL, e che le carenze
del ricorso introduttivo sui fatti costitutivi della pretesa risarcitoria
impedivano, comunque, di entrare nel merito di detta pretesa, lo stesso,
quanto alla prima censura, è inammissibile, trattandosi di un aspetto non
trattato nella sentenza impugnata; lo stesso potrà essere riproposto dalla
parte vittoriosa in primo grado, quale è l' AMIU, dinanzi al giudice di
rinvio. La seconda censura, relativa ai fatti costitutivi della "pretesa
risarcitoria", è infondata, atteso che, come rilevato nella trattazione dei
primi due motivi del ricorso principale, gli elementi costitutivi della
domanda del lavoratore erano ben delineati.
La sentenza impugnata che ha erroneamente qualificato l' azione proposta va,
pertanto, cassata e la causa va rinviata ad altro giudice, che nel decidere
si atterrà al seguente principio di diritto: "i lavoratori hanno diritto
alla retribuzione dell' attività lavorativa prestata ed al rimborso delle
spese sostenute per la pulizia degli indumenti di protezione forniti dal
datore di lavoro, risultando affetta da nullità parziale, per contrasto con
norme imperative (artt. 377 e 379 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, artt.
40, primo comma, e 43, commi 3 e 4, del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626),
la clausola, in senso contrario, del contratto collettivo che li onera di
tale pulizia".
Come sopra precisato, l' azienda potrà riproporre al giudice di rinvio le
sue difese in ordine alla dedotta considerazione della attività di pulizia,
illegittimamente posta a carico dei lavoratori, nella economia complessiva
del contratto e nella determinazione delle retribuzioni.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, dichiara inammissibili i ricorsi principali di
G.C. e altri e il ricorso incidentale della AMIU nei confronti dei
lavoratori sopra indicati; compensa le spese di questo fra le suddette
parti; rigetta il ricorso incidentale nei confronti di P.T., accoglie i
primi due motivi del ricorso principale del sig.T., dichiara assorbito il
terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e
rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di Torino.
Depositato in Cancelleria il 4 Settembre 2007
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PROCESSO ETERNIT - GUARINIELLO "C' E' DOLO INTENZIONALE"
Da: http://www.dirittidistorti.it/
Di Valentina Valentini
Mercoledì 09 Novembre 2011 08:56
"Gli imputati hanno accettato il disastro e hanno finito per agire con dolo
intenzionale". Lo ha detto il Pubblico Ministero Raffaele Guariniello nell'
udienza di lunedì del processo che vede imputati il miliardario svizzero
Stefan Schmidheiny, 65 anni, e il barone belga Louis de Cartier, 90 anni.
Gli alti dirigenti della multinazionale dell' amianto Eternit sono a
giudizio per le migliaia di vittime dell' amianto, lavoratori ed abitanti di
Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia)
e Bagnoli (Napoli), i quattro stabilimenti italiani dell' azienda.
Per entrambi la richiesta di pena era stata di 20 anni di reclusione per i
reati di disastro doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche.
"Nella mia carriera di pubblico ministero", ha detto Guariniello, "non avevo
mai chiesto condanne tanto elevate. Questa volta l' ho fatto per l'
intensità dell' elemento soggettivo e per il prolungamento del comportamento
degli imputati nel tempo".
Secondo l' accusa, i morti correlati all' esposizione all' amianto degli
stabilimenti della Eternit sono stati quasi 3 mila.
Per il Pubblico Ministero Sara Panelli, Stefan Schmidheiny e Louis De
Cartier avevano potere decisionale diretto sugli stabilimenti del gruppo
Eternit e non è possibile sostenere che il loro ruolo fosse marginale o
inesistente, come hanno dichiarato le difese.
"Il barone de Cartier", ha detto Panelli, "si autonominò nel consiglio d'
amministrazione della Eternit nel 1971, manifestando una chiara volontà
operativa e, durante gli anni, crebbe in lui la piena consapevolezza del
disastro causato dagli stabilimenti italiani del gruppo".
Per quanto riguarda Schmidheiny, invece, "non è pensabile", ha sostenuto il
P.M., "che avesse peso decisionale soltanto nelle questioni planetarie, in
quanto era pienamente inserito nella gestione quotidiana delle imprese del
gruppo, di cui è stato un amministratore di fatto. A lui si deve la
creazione di un sistema di comunicazione per difendere l' amianto anche
quando si conosceva ormai la pericolosità di tale materiale, esponendo i
lavoratori e il territorio all' inquinamento".
L' attenzione è alta sul maxi-processo di Torino che vede ben 6.000 parti
civili costituitesi e che rappresenta un importante precedente anche per le
cause aperte all' estero su morti da amianto.
L' appuntamento è ora per il 21 novembre, quando ci sarà la prossima udienza
durante la quale si concluderanno gli interventi delle parti civili ed avrà
inizio la replica del collegio difensivo.
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LA CITTA' INVISIBILE CHE SI RIBELLA AL VELENO NEL LAVORO
Da: Rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro at gmail.it
A Taranto è mistero sul registro dei lavoratori esposti ad agenti
cancerogeni.
E nel capoluogo sono presenti Ilva, Cementir ed Eni.
Invisibili. I lavoratori dell' area industriale tarantina. Invisibili alla
società, alla politica, ai dati sulla loro salute.
Invisibile è, nei numeri, uno dei più temuti rischi corsi dagli invisibili
in fabbrica: l' esposizione agli agenti cancerogeni.
In un triangolo senza pari, nel resto del Paese: le acciaierie Ilva, la
raffineria Eni, la Cementir, le aziende dell' indotto.
L' istituzione del registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni
risale al 1994, alla legge 626 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Ci
vorranno tredici anni perché diventi realtà grazie al regolamento attuativo
contenuto nel decreto ministeriale 155 del 2007.
Il registro deve essere istituito dal datore di lavoro e inviato agli organi
preposti alla prevenzione e alla sicurezza.
Ma nell' area industriale tarantina la legge resta sulla carta. E cala la
nebbia sul rapporto fabbrica-tumori se l' associazione ambientalista
Peacelink ha chiesto di nuovo alla magistratura "un' indagine specifica
sull' esposizione dei lavoratori agli agenti cancerogeni, anche per
verificare se il registro dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni sia
stato effettivamente attivato e se sia disponibile per elaborazioni
statistiche per verificare quanti decessi e quanti ammalati vi siano stati
in questi anni nei reparti a più alto rischio".
Il problema delle malattie professionali ha già destato l' interesse della
magistratura quanto quello delle morti bianche: pochi mesi fa sono stati
rinviati a giudizio dal Tribunale di Taranto 19 ex dirigenti dell' Italsider
(gestione pubblica) per la morte di una trentina di operai deceduti dopo
aver contratto il tumore.
"Le autorità sanitarie - incalza il presidente di Peacelink Alessandro
Marescotti - dovrebbero essere in possesso di una consistente quantità di
dati che possono consentire di effettuare calcoli statistici sull' impatto
che i cancerogeni industriali hanno avuto e hanno attualmente sui
lavoratori".
Il meccanismo previsto dalla legge delegava l' ISPESL, (Istituto Superiore
per la Prevenzione E la Sicurezza del Lavoro), a raccogliere i dati
trasmessi dalle aziende entro trenta giorni dall' istituzione del registro
L' ISPESL è stato sciolto e incorporato nell' INAIL, ma l' attuazione del
decreto è ancora lontana.
Il vicario regionale INAIL per la Puglia, Giuseppe Gigante, spiega: "Il
registro non esiste ancora e l' INAIL utilizza l' elenco delle sostanze
nocive per collegare l' attività del lavoratore esposto alla malattia
diagnosticata dal medico. I dati sono richiesti nel momento in cui bisogna
riconoscere la malattia professionale. La creazione del registro appare
necessaria non solo per verificare le patologie contratte sui luoghi di
lavoro, ma soprattutto per un' attività di prevenzione divenuta ormai
indifferibile".
Il vicario regionale dell' INAIL fa un paragone con l' altra grande
emergenza, gli infortuni sul lavoro.
Taranto ha vissuto anni drammatici, la tragica statistica delle morti
bianche all' Ilva che ha costellato, fino al 2008, fino all' ultimo
incidente mortale, il decennio.
"L' attività di prevenzione aziendale, lo sforzo unitario degli organi
competenti, hanno permesso di fare passi avanti decisi e decisivi nell'
ottica della riduzione del fenomeno. L' esperienza va mutuata sul fronte
delle malattie professionali che restano una grande emergenza".
La prevenzione come parola d' ordine, come tam tam civile "anche rispetto
alla bonifica dell' area industriale".
Perché, spiega Gigante, "quella è attività determinante per ridurre i rischi
di malattie professionali contratte sul posto di lavoro".
Lo sa bene il sindacato. Antonio Talò, segretario generale dei
metalmeccanici UILM, allarga le braccia: "Siamo a favore del registro tumori
e delle mappe epidemiologiche, sosteniamo la battaglia del comitato Donne
per Taranto, figurarsi sul registro dei lavoratori esposti alle sostanze
cancerogene. Ma senza bonifiche della zona industriale tutto risulterebbe
inutile".
E allora chi tenderà l' orecchio verso la città invisibile, chi ascolterà il
suo lamento muto, la sua ribellione ai veleni, dentro e fuori le fabbriche ?
Fonte:
Fulvio Colucci
Mailing list Taranto dell' associazione PeaceLink.
www.peacelink.it
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L' ELETTRICITA' IN TUTTA SICUREZZA
Da: http://www.puntosicuro.it
Anno 13 - numero 2714 di mercoledì 05 ottobre 2011
Un documento di SUVA si sofferma sui pericoli dell' elettricità presentando
situazioni tipiche e ricordando le principali norme di sicurezza. L'
interruttore differenziale, la protezione contro le sovracorrenti, le misure
di prevenzione e la manutenzione.
Nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro gli apparecchi elettrici, cavi e
prese sono spesso utilizzati senza pensare ai pericoli che comportano. L'
elettricità ha pericoli che non sono evidenti, è invisibile, inodore;
tuttavia anche un difetto apparentemente insignificante di un cavo può
provocare esiti fatali. In realtà "l' elettricità è sicura solo se la usiamo
in maniera sicura, rispettando tutte le norme di sicurezza".
Questa ultima frase potrebbe essere il riassunto di un' interessante
pubblicazione che SUVA, istituto svizzero per l' assicurazione e la
prevenzione degli infortuni, ha prodotto nel 2011 in collaborazione con
Electrosuisse: "L' elettricità in tutta sicurezza".
Questa pubblicazione (non destinata agli elettricisti, ma a chi usa
quotidianamente apparecchi elettrici) vuole attirare l' attenzione sui
pericoli dell' elettricità presentando situazioni tipiche e ricordando le
principali norme di sicurezza.
Si ha una situazione di pericolo quando una persona tocca un elemento sotto
tensione. Ad esempio quando:
- manca una copertura;
- le coperture e gli alloggiamenti sono danneggiati;
- gli apparecchi sono difettosi;
- la testa del fusibile è danneggiata;
- non si procede con la dovuta cautela durante la sostituzione di
lampadine o cartucce di fusibili;
- si entra in contatto con conduttori scoperti o con elementi sotto
tensione;
- vengono scoperti elementi sotto tensione, ad esempio rimuovendo
coperture, elementi dell' alloggiamento, ecc. .
E se si toccano elementi sotto tensione, l' esito è fatale soprattutto se
sussiste un buon collegamento verso terra, ad esempio quando ci si trova
vicino all' acqua o a piedi nudi su un prato bagnato o sul pavimento.
Si hanno normalmente tre tipi di infortunio:
- elettrocuzione: quando una persona tocca un elemento sotto
tensione, la corrente ne attraversa il corpo con conseguenti ustioni e
alterazioni del ritmo cardiaco: il pericolo è proporzionale all' intensità
della corrente e alla durata del passaggio;
- ustioni: sono causate da temperature superficiali troppo elevate o
da archi elettrici;
- infortuni secondari: provocati da elettrocuzione o ustioni: ad
esempio quando una persona, dopo aver subito un' elettrocuzione si ferisce
cadendo da una scala.
Si ricorda che nel caso degli infortuni causati dall' elettricità, la
gravità delle lesioni dipende soprattutto da due fattori: dall' intensità
della corrente e dalla durata del passaggio attraverso il corpo.
Riguardo alla prevenzione, il documento di SUVA sottolinea che i dispositivi
di protezione salvano la vita solo se li usiamo nel modo giusto.
Un dispositivo semplice ed efficace è l' interruttore differenziale: il
principio di funzionamento si basa sul confronto tra le correnti entranti e
le correnti uscenti nel conduttore polare e nel conduttore neutro. Se questo
equilibrio viene disturbato, ad esempio se si ha un passaggio di corrente
attraverso un corpo umano o verso il conduttore di protezione, l'
interruttore differenziale interrompe subito la corrente. Quando, nel 1976,
l' interruttore differenziale venne reso obbligatorio in tutti i cantieri
svizzeri, il numero degli infortuni mortali dovuti a elettrocuzione scese in
breve tempo da 10 a 2 all' anno.
Il documento ricorda che benché sia estremamente efficace, l' interruttore
differenziale non protegge al 100 %. Quando il contatto avviene tra il
conduttore polare e il conduttore neutro, e quindi la corrente elettrica
passa dal conduttore polare al conduttore neutro, l' interruttore
differenziale non è in grado di distinguere questa corrente elettrica da
quella dovuta ad un carico normale e quindi non interrompe l' alimentazione
della corrente.
Il documento ricorda che ogni interruttore differenziale reca l' indicazione
di verificare regolarmente il tasto di controllo. Un momento indicato per il
controllo degli interruttori differenziali è ad esempio il passaggio dall'
ora solare all' ora legale e viceversa.
Altri dispositivi sono concepiti per attivarsi in presenza di una
determinata corrente chiamata corrente di apertura. Se l' intensità della
corrente supera la corrente di apertura, il flusso di corrente viene
interrotto automaticamente. Più la corrente supera la corrente di apertura,
più rapida è la disattivazione.
Stiamo parlando dei dispositivi di protezione contro le sovracorrenti:
- valvola fusibile;
- interruttore magnetotermico;
- salvamotore.
Ad esempio in caso di guasto negli apparecchi elettrici appartenenti alla
classe di isolamento I una corrente elevata defluisce attraverso il
conduttore di protezione. Il dispositivo di protezione scatta e la corrente
viene interrotta.
Bisogna ricordare che se questi dispositivi contro le sovracorrenti
proteggono gli impianti elettrici e i dispositivi elettrici contro il
surriscaldamento provocato da sovraccarichi e cortocircuiti, non proteggono
tuttavia una persona in caso di contatto con elementi sotto tensione ! Le
correnti necessarie per attivare il dispositivo di protezione devono essere
molto più grandi.
Dopo aver riportato una tabella relativa alla classe di isolamento degli
apparecchi elettrici (gli apparecchi con classe di isolamento 0 non
dispongono né di un secondo isolamento né di un conduttore di protezione e
devono quindi essere assolutamente sostituiti" con apparecchi di classe II o
I), l' opuscolo di SUVA riporta i consigli più importanti per il lavoro
quotidiano.
Innanzitutto è necessario fare sempre eseguire gli interventi rischiosi da
una persona autorizzata.
In particolare i seguenti interventi non devono mai essere eseguiti da
persone non autorizzate:
- installazione di impianti elettrici;
- modifica di impianti o apparecchi elettrici;
- manutenzione e riparazione di apparecchi elettrici.
Si può contribuire alla propria sicurezza osservando anche le seguenti
regole:
- utilizzate solo apparecchi a norma e in perfetto stato;
- controllate l' apparecchio, il cavo, la spina e la presa prima
dell' uso;
- leggete attentamente le istruzioni per l' uso e le indicazioni
relative alla sicurezza in esso contenute;
- utilizzate sempre gli apparecchi elettrici con un interruttore
differenziale, soprattutto in ambienti umidi, sui cantieri o all' aperto;
- fate attenzione alle situazioni pericolose (ad esempio pavimenti
umidi) e chiedete sempre subito l' intervento di un tecnico abilitato in
caso di anomalie (ad esempio se è scattato un fusibile o l' interruttore
differenziale).
Per concludere ricordiamo che il documento dedica molto spazio all'
importanza della manutenzione e dei controlli.
Infatti la manutenzione deve essere effettuata regolarmente ! Un apparecchio
non sottoposto a manutenzione o guasto può rappresentare un grande pericolo.
Nota Bene
Gli eventuali riferimenti legislativi contenuti nel documento originale e i
dati relativi agli incidenti riguardano la realtà svizzera, i suggerimenti
indicati sono comunque utili per tutti i lavoratori.
Tiziano Menduto
Il documento SUVA / Electrosuisse "L' elettricità in tutta sicurezza" è
scaricabile all' indirizzo:
http://www.puntosicuro.info/documenti/documenti/111005_SUVA_elettricita_sicurezza.pdf
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