[Redditolavoro] RAPPORTO INAIL, VELOCE ANALISI DEI DATI

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Wed Jul 27 05:19:42 CEST 2011


RAPPORTO INAIL, VELOCE ANALISI DEI DATI

Da: http://www.articolo21.org

di Carmine Tomeo

Riceviamo e di seguito pubblichiamo da parte di un RSPP ( Responsabile del 
servizio di prevenzione e protezione), il sig. Carmine Tomeo, quest' analisi 
sul rapporto INAIL.

Come sempre accade, il rapporto annuale dell' INAIL sollecita facili 
entusiasmi. Quest' anno non è andata diversamente. Enfaticamente Marco Fabio 
Sartori, presidente dell' INAIL, ha dichiarato che "per la prima volta dal 
dopoguerra, nel 2010, la soglia dei morti sul lavoro è scesa sotto i mille 
casi-anno". Addirittura il ministro Sacconi ha parlato di "dati 
incoraggianti", dovuti al fatto che "cresce la cultura della prevenzione 
malgrado il pressing della competizione". Un modo come un altro per 
raccontare la favola che si possono aumentare i ritmi di lavoro e ridurre i 
diritti dei lavoratori, senza causare danni alla loro salute e senza rischi 
per la loro incolumità.

Ma cosa dice, in sintesi, il rapporto annuale INAIL? Mostrerebbe, dati alla 
mano, un calo degli infortuni sul lavoro e delle morti ipocritamente 
definite bianche. E' segnalato nel 2010, rispetto all' anno precedente, un 
calo degli infortuni di oltre 14.000 casi (nel 2009 erano 790.112) e conta 
980 morti sul lavoro (contro i 1.053 del 2009). A Sartori e Sacconi pare 
sufficiente per fare intendere che la strada intrapresa contro gli infortuni 
è quella giusta. Vediamo se ci sono le giustificazioni.

Intanto sarà appena il caso di citare lo stesso rapporto INAIL, il quale 
precisa che "i dati  potranno considerarsi definitivi solo con l' 
aggiornamento al 31 ottobre dell' anno in corso" e che i 980 morti sul 
lavoro sono frutto di "stime previsionali". Il motivo è che considerando i 
decessi avvenuti entro 180 giorni dall' infortunio, "le statistiche relative 
ai casi mortali del 2010 non sono ancora complete". Ma proviamo ad entrare 
nel merito dei numeri.

Il "sensibile calo" del numero degli infortuni e delle morti sul lavoro, non 
ha senso se mostrato solo nei suoi valori assoluti. Trascuriamo in questa 
occasione il discorso del lavoro nero, una piaga sociale che causa un 
elevatissimo numero di infortuni e morti sul lavoro: le cifre sono solo 
stimabili e si può dire che difficilmente potrebbero entrare in un rapporto 
ufficiale.
Sappiamo però che la crisi economica ha prodotto migliaia di disoccupati e 
molte migliaia di ore lavorate in meno. Questo dato non può essere lasciato 
da parte. Come utilizzarlo? Come richiesto da standard riconosciuti, e cioè 
considerando quanti infortuni sono avvenuti per milione di ore lavorate e 
quanti per ogni mille lavoratori. Si ha così un dato realmente 
raffrontabile. Eseguendo questo semplice rapporto, si nota come quei facili 
entusiasmi di cui si diceva non abbiano ragion d' essere.

Considerando i dati dell' ISTAT su ore lavorate e numero di lavoratori 
dipendenti, la fredda statistica racconta che il 2010 ha fatto registrare 
25,6 infortuni ogni milione di ore lavorate, praticamente come il 2009 
(quando erano stati 25,9). I dati infortunistici non migliorano se messi in 
rapporto con il numero di lavoratori, per cui, ogni 100.000 dipendenti si 
sono infortunati in 41 nel 2010, come nel 2009. E per ogni 100.000 
dipendenti, nel 2010 sono morte sul lavoro poco più di 5 persone (5,5 è il 
rapporto nel 2009). E stiamo prendendo in considerazione i soli dati INAIL. 
Se considerassimo i dati dell' Osservatorio Indipendente di Bologna sulle 
morti per infortuni sul lavoro, che ha contato non 980 infortuni mortali, ma 
ben 1080, la situazione sarebbe ben peggiore.

Un dato da non sottovalutare è quello delle malattie professionali, troppo 
spesso messe in secondo piano nelle analisi sulle condizioni di salute e 
sicurezza sul lavoro. In realtà si tratta di una piaga enorme, che ogni 
anno, per migliaia di persone significa inabilità permanente al lavoro. Le 
malattie denunciate nel 2010 sono cresciute del 22% rispetto all' anno 
precedente e di queste il grosso (oltre il 60%) è rappresentato da disturbi 
muscolo-scheletrici riconducibili all' intensità dei ritmi di lavoro. Un 
dato che dovrebbe rappresentare un monito per i sindacati "complici" (come 
li definì Sacconi) che hanno firmato gli accordi di Pomigliano e Mirafiori, 
che di fatto intensificano i carichi di lavoro e che l' accordo del 28 
giugno con Confindustria (ed in questo caso anche CGIL) potrebbe estendere a 
tutto il mondo del lavoro. È quindi facilmente intuibile che quegli accordi, 
mentre faranno accrescere le produttività aziendali, favoriranno anche la 
crescita delle patologie muscolo-scheletriche, creando un esercito di 
lavoratori con la salute compromessa e scartati spesso dal ciclo produttivo. 
I costi sociali sono già enormi (circa il 2% del PIL in Europa) e sono 
pagati dalla collettività.

Non solo: quella delle malattie professionali è una piaga che uccide. Solo 
per il 2010 l' INAIL ha indennizzato 383 casi di morte per malattie 
professionali, ma "la generazione completa di morti per patologie 
professionali denunciate nel 2010 è destinata, nel lungo periodo, ad 
attestarsi intorno alle 1.000 unità" ammette l' ente nel suo rapporto.

Insomma, "dati incoraggianti" possono essere letti solo con gli occhi di 
Sacconi, che nel 2008, che quando ancora non era ministro si era affrettato 
a dare giudizi negativi sul Testo Unico della sicurezza sul lavoro, tra le 
poche note positive del governo Prodi. La promessa conseguente di colui che 
sarebbe stato il ministro del Lavoro dell' attuale governo Berlusconi, è 
stata quella di ridiscutere quel testo normativo. Quella promessa fu 
mantenuta: il TU sulla sicurezza lavoro è stato praticamente destrutturato 
nel 2009. Le conseguenze della riscrittura del TU stanno anche nei numeri 
che abbiamo citato.



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