[Redditolavoro] amianto monfalcone
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Tue Jan 25 17:28:37 CET 2011
MARTEDÌ, 25 GENNAIO 2011 - IL PICCOLO
Pagina 7 - Gorizia
MALATTIE ASBESTO CORRELATE
Nell'Isontino il più alto indice di mortalità
Il primato ha indotto a chiedere la crezione di un centro al San Polo
L'incidenza nelle province di Gorizia e di Trieste del mesotelioma pleurico,
nonostante il passare degli anni, resta sempre altissima. Di questa
patologia così come per il tumore ai polmoni si continua a morire nonostante
che da molti anni l'amianto sia stato vietato nelle lavorazioni industriali.
L'amianto è infatti è una fibra che, inalata, si annida nei polmoni e che
soltanto dopo molti anni manifesta i suoi drammatici effetti.
I dati raccolti dal Registro tumori regionale arrivano fino al 2007 e sono
proprio quelli più recenti, relativi al biennio 2006-2007, a destare il
maggiore interesse perché forniscono informazioni del tutto nuove sul trend
del tumore. Si evidenzia infatti la diversità assai spiccata tra le province
di Gorizia e di Trieste da un lato e le province di Pordenone e Udine
dall'altro. Nel Friuli Venezia Giulia il mesotelioma è infatti un fenomeno
prettamente giuliano e del Monfalconese con incidenze che nei maschi sono da
7 a 15 volte superiori in questi due territori rispetto a quelli di Udine e
Pordenone.
E di amianto si continua a morire. L'emergenza dunque non è affatto
rientrata. di qui la necessità di fare di Monfalcone un punto di riferimento
regionale per la diagnosi e la cura delle patologie legate all'esposizione
all'amianto. Una richiesta sostenuta anche dal sindaco di Monfalcone
Gianfranco Pizzolitto, fattosi interprete delle istanze della popolazione e
in considerazione anche del fatto che la provincia di Gorizia detenga il
primato in Italia della mortalità per esposizione all'amianto.
MARTEDÌ, 25 GENNAIO 2011 - IL PICCOLO
Pagina 7 - Gorizia
SENTITI ALTRI TESTIMONI DEL MAXI-PROCESSO
Morti d'amianto, la crisi congela i risarcimenti
Pochi soldi, Fincantieri frena le trattative già avviate con i familiari
degli operai deceduti
di FRANCO FEMIA
C'è un rallentamento negli accordi extragiudiziali tra la Fincantieri e i
familiari delle vittime dell'amianto. Dopo le prime intese raggiunte nella
scorsa estate, che preludevano alla possibilità di arrivare a transazioni
tra le parti e quindi all'esclusione di diverse parti civili dal processo
penale, la Fincantieri si è presa a quanto pare un momento di riflessione.
Le richieste di risarcimento avanzate da alcuni legali non hanno avuto
risposta da parte dell'azienda. Un momento di pausa dettato forse dalla
situazione finanziaria. E dei giorni scorsi la notizia che la Fincantieri
chiuderà il bilancio 2010 con una perdita di 64 milioni e le prospettive,
per il 2011, non sono affatto migliori. Per i risarcimenti alle famiglie
delle vittime d'amianto sono in ballo un mucchio di soldi, se si pensa che
per gli accordi già transati la Fincantieri ha sborsato decine di migliaia
di euro, in alcuni casi oltre le 100mila, per ogni operaio vittima
dell'asbestosi. E solo alla Fincantieri di Monfalcone sono centinaia i morti
da amianto, le cui famiglie hanno presentato esposto alla Procura. Oltre a
quello in corso, è preannunciato l'avvio di altri maxi processi per
quest'anno e il prossimo. Inoltre, il picco di decessi correlati alle
malattie da amianto si dovrebbe avere, secondo gli esperti, tra il 2015 e il
2020. Si può quindi capire come per la Fincatieri, se dovesse essere
accertata la sua responsabilità civile, si tratti di notevole salasso
finanziario, nell'ordine di decine di milioni di euro.
Intanto prosegue al tribunale di Gorizia il maxi processo con la deposizione
dei testimoni citati dal pubblico ministero. Ieri ha deposto anche Luigino
Francovig che, oltre a operaio dell'allora Italcantieri, è stato per diversi
anni delegato sindacale della Fiom-Cgil all'interno del cantiere.
Sollecitato dalle domande del pm Leghissa e degli avvocati Borgna e
Cattarin, del collegio di difesa, Francovig ha presentato uno spaccato del
lavoro a bordo delle navi sottolineando come la zona motori era la peggiore:
nei suoi spazi angusti lavoravano decine di operai tra fumi e amianto,
saldatori, tubisti, coibentatori. Amianto che veniva manipolato con una
paletta ma anche con le mani quando si trattava di spalmarlo lungo le
paratie delle navi.
Proprio per il ruolo ricoperto da Francovig, parte del dibattito è stato
incentrato sull'operato del sindacato svolto all'interno dello stabilimento.
È emerso che i lavoratori da sempre sapevano dell'esistenza dell'amianto.
«Girava voce tra gli operai, ma all'inizio nessuno conosceva della sua
pericolosità, nessuno si era preoccupato - ha detto Francovig -.
L'attenzione della gente allora era incentrata più sulle rivendicazioni
salariali e non mancavano le preoccupazione sul lavoro, che rischiava di
venir meno per mancanza di commesse. Lentamente si è presa coscienza del
problema amianto a metà degli anni Ottanta». Secondo Francovig è stato usato
l'amianto, anche se in misura minore, fino alla costruzione della Micoperi,
avvenuta a metà degli anni Ottanta.
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