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Fri Jan 14 15:59:01 CET 2011


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Il testamento di Shaban

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Un contadino palestinese assassinato dall'esercito israeliano, appena dopo 
essere
stato intervistato da una cooperante italiana
scritto per noi da
Vittorio Arrigoni
da Gaza City

Un anziano contadino palestinese al lavoro nei campi. Una giovane cooperante 
italiana
che si reca a intervistarlo.
Mentre anche ieri notte caccia F16 ci hanno tirato addosso i loro confetti 
di morte
(tre bombardamenti a sud di Gaza City e uno a Kahn Younis) ho trascritto la
registrazione audio dell'ultima intervista a Shaban, anziano contadino 
ucciso lunedi'
da un cecchino subito subito dopo aver incontrato una cooperante italiana.
Il testamento di una vita dedicata all'amore per la sua terra, un amore che 
alla fine
se l'è inghiottito dentro.

Non hai paura degli israeliani che sparano? ''No, non m'importa degli spari. 
Se
succede qualcosa di brutto noi esseri umani moriamo una volta sola, e solo 
Dio sa
quando arriverà la mia ora per morire. Io dormo qui alcune volte e non m' 
importa di
morire, sento sempre i carri armati e bulldozer invadere la mia terra e non 
mi
importa più quello che fanno''.

Cinque minuti dopo aver pronunciato queste frasi dinnanzi ad un registratore 
acceso,
i due cordialmente si congedano.
Poi uno sparo, e la morte rioccupa la scena.

Shaban Karmout, contadino di 65 anni é l'ultima vittima civile 
dell'escalation di
violenza innescata dall'esercito israeliano da due mesi a questa parte, dopo 
gli
omicidi del pastore beduino Salama Abu Hashish il 23 dicembre a Beit Lahiya 
e del
giovane Mohammed Qedeh 5 giorni dopo a est di Khan Younis.

Shaban aveva costruito la sua casa dinnanzi al confine all'inizio degli anni
Settanta, e presto nel terreno adiacente aveva fatto fiorire alberi da 
frutta come
limoni, aranci e clementine.

I frutti della terra erano generosi e nonostante l'occupazione Shaban 
conduceva una
vita serena, almeno fino ad una notte del 2003, quando in pieno Ramadan, 
bulldozer e
carri armati israeliani hanno invaso i suoi campi distruggendo tutte le sue 
colture e
sradicando i suoi preziosi alberi: il frutto di trenta anni di duro lavoro 
raso al
suolo in meno di tre ore.

Al termine dell'offensiva israeliana Piombo Fuso, l'anziano contadino non se 
la
sentiva più di dormire tutte le notti nella casa al confine per via delle 
frequenti
incursioni israeliane.

Aveva preso allora in affitto un minuscolo bugigattolo nel campo profughi di 
Jabalia
nel quale viveva stipato con la sua numerosa famiglia, una decina di 
persone.

D'abitudine Shaban iniziava il lavoro sui campi da poco dopo il sorgere 
l'alba fino a
poco prima del tramonto. Ogni giorno per quarant'anni, fino a lunedi' 
scorso.

Erano circa le 2 del pomeriggio quando, salutati i visitatori forestieri, il
contadino si è recato sulla sua terra per riprendere l'asino legato ad un 
arbusto, e
un cecchino israeliano piazzato su una torretta di osservazione a trecento 
metri gli
ha sparato contro tre colpi: il primo lo ha centrato al collo, gli altri due 
al
torace.

Esalando l'ultimo respiro Shabab ha fatto appena in tempo ha nominare il 
nome di suo
figlio, Khaled. Quando Khaled è accorso nei campi suo padre era già stato 
disteso
esamine di fianco al quadrupede.

"Non c'erano combattimenti nella zona, non c'erano guerriglieri palestinesi 
ne noi
rappresentiamo una minaccia, viviamo in quella casa da decenni, i soldati ci
conoscono benissimo. Ci hanno osservato per anni lavorare e vivere tramite 
le loro
telecamere, i droni, perfino i dirigibili spia. E' questo il vero 
terrorismo, ditelo
ai media occidentali".

Cosi' Khaled si è rivolto agli attivisti dell'International Solidarity 
Movement
durante la veglia funebre in onore di suo padre, e non è possibile dargli 
torto. E'
risaputo infatti che i contadini al confine sono tutti schedati e la terra 
nella
quale lavorano è monitorata minuziosamente centimetro quadrato per 
centimetro
quadrato. Inoltre i cecchini israeliani a differenza dei lanciatori di razzi 
Qassam
non sparano a casaccio nel deserto; come tutti i cecchini inquadrano 
l'obbiettivo,
prendono la mira.  Il sistema più veloce per pulire etnicamente la 
Palestina.

Come avveniva durante Piombo Fuso, Israele continua a impedire alle 
ambulanze di
raggiungere i luoghi degli attacchi, minacciando di sparare a medici e 
infermieri.

Cosi', non essendoci altri mezzi disponibili Khaled ha potuto trasportare 
via il
cadavere del padre caricandolo sul braccio di una ruspa. Come si fa con gli 
alberi
sradicati.

Daniela, cooperante dell'ong GVC, a conclusione della riabilitazione di un 
pozzo
nell'area di Beit Hanoun, fra l'altro finanziato coi fondi del governo 
italiano, si
era recata al confine con i suoi collaboratori per intervistare gli 
agricoltori
beneficiari del progetto idrico.

Shaban era stato l'ultimo dei contadini intervistati, cinque minuti prima 
che venisse
ucciso.

Il figlio della vittima, Khaled, ha parlato di terrorismo; per Saber, un 
amico
presente durante l'intervista quest'ultimo assassinio è una sorta di 
avvertimento
mafioso per quanti solidarizzano con i lavoratori palestinesi che resistono, 
gli
ultimi veri uomini in questi tempi anonimi.

Daniela non riesce a tenere in mano le foto scattate poco prima di salutare 
l'anziano
contadino: ''Non posso guardarle ancora, sembra un sogno, un incubo. Da qui
all'obitorio nel giro un'ora".

Ho trascritto la registrazione audio dell'ultima intervista a Shaban, il 
testamento
di una vita dedicata all'amore per la sua terra, un amore che alla fine se 
l'è
inghiottito dentro.

Restiamo Umani

IL TESTO DELL'INTERVISTA

Il mio nome è Mohammed Shaban Shaker Karmoot. Sono nato nel 1964. Ho 
iniziato a
lavorare come agricoltore quando ero giovane, prima di sposarmi, più di 35 
anni fa.

Quanti figli hai?
Ho sei figli maschi, questo è qui Kamal (indica il ragazzo), nato dalla 
seconda
moglie. Ho quattro figli e tre figlie dalla mia prima moglie, e tre figlie e 
due
figli dalla mia seconda moglie.
Ho comprato due dunam (un dunam equivale ad un chilometro quadrato) accanto 
alla via
comunale più vicina alla buffer zone nei pressi Al Basayna. Qui ho 
desiderato e
costruito una casa nella quale vivere con la mia famiglia.

Accanto a questo muro?
A 22 metri di distanza da quel muro. Queste due dunam sono mie, le ho 
comprate.

Quanto ti sono costate?
Le ho comprate per 7500 dinari giordani (circa 8 200 euro)

E dimmi, può raggiungere quei due ettari della tua terra?
Sì, certo, ma è molto rischioso, perché i soldati sparano.

Quindi non la puoi coltivare e neanche costruirci sopra?
Esatto, non posso fare nulla nella mia terra.

E' stato così fin dall'inizio?
Una volta non era così. La mia terra era piena di alberi: palme, limoni, 
arance,
clementine e altri frutti. Era piena di tutti i tipi di frutta possibili e
immaginabili la mia terra. L'albero di mandorle che mi permetteva di 
riempire sacchi
e sacchi
di mandorle quando c'erano frutti, (i soldati israeliani) me l'hanno 
sradicato
proprio nel momento in cui ero pronto a raccogliere. Sono venuti di notte 
con i
bulldozer e lo hanno sradicato.

Come è stata la tua vita? Come hai fatto per mantenere la tua famiglia?
Eravamo abituati a vivere una vita felice, lavorando su queste terre 
riusciamo a fare
650 NIS ogni mese (circa 150 euro), più il lavoro nei campi altrui, 
riuscivamo a
cavarcela bene.

Questo in che anno è accadeva?
Prima che mi distruggessero le terre, credo nel 2003, all'inizio dell'ultima
Intifada.

Come ti sei sentito in quel momento?
Beh, come pensi che mi sia sentito? Mi sentivo come qualcuno a cui stavano 
strappando
via il mio cuore, mentre coi bulldozer gli israeliani distruggevano le mie 
terre. Ho
assistito alla distruzione tutta una notte. Là c'era un grande albero di 
sicomoro,
quando è arrivato il bulldozer e ha distrutto e sradicati tutto sono uscito 
con una
torcia e ho visto che almeno mi avevano lasciato quell'albero dopo essersi 
ritirati.
Era una notte di Ramadan, quando è successo, e poi le ruspe sono tornate di 
nuovo
all'alba e hanno distrutto ciò che era rimasto dell'albero. Hanno impiegato 
solo tre
ore per distruggere tutto la zona, utilizzando 8 bulldozer per distruggere 
tutta la
zona.

E oggi continui a vivere in questa zona?
Quello che faccio qui o che si suppone io faccia, lo si può capire guardando 
questi
alberi verdi qui. Sono io che lo ho coltivati, come ho coltivato il grano e 
l'orzo
che al momento del raccolto è stato bruciato dall'esercito israeliano. 
Quest'anno
quando siamo venuti a semonare i campi i soldati ci hanno sparato addosso.
Il suo nome è Ismahil Mkat, della famiglia Hameed (indica alcuni contadini 
nei campi)
. Sono una famiglia che se la passa bene e può permettersi di acquistare i 
semi.
L'altro uomo alla guida del trattore è Zoheer. L'esercito israeliano spara a 
tutte
queste persone mentre stanno lavorando nei campi.

Vieni qui ogni giorno?
Sì, vengo qui ogni giorno

Non hai paura degli israeliani che sparano?
No, non m'importa degli spari. Se succede qualcosa di brutto noi esseri 
umani moriamo
una volta sola, e solo Dio sa quando arriverà la mia ora per morire.
Io dormo qui alcune volte e non m' importa di morire, sento sempre i carri 
armati e
bulldozer invadere la mia terra e non mi importa più quello che fanno. Ero 
qui in
questa casa quando hanno distrutto l'abitazione di Al Shobaky's. Sono 
arrivati e
hanno distrutto il muro di casa mia e quando il conducente del bulldozer mi 
ha visto
ha fatto manovra indietro e si avvicinato ad un carro armato per parlare con 
i
soldati all'interno. Poi il carro armato si è mosso verso casa mia e da un
altoparlante ci hanno intimato di uscire tutti. Ho preso mia moglie e siamo 
usciti
dal buco che il bulldozer aveva scavato nel muro di casa mia e un 
spiegatorisposto di
no, e i soldati mi hanno concesso di tornare dentro. Successivamente ho 
ricostruito
il muro distrutto.

Non hai paura che i soldati tornino di nuovo?
Beh, ogni cosa è possibile. Potrebbero entrare e distruggere la casa in 
qualsiasi
momento.

Avete altre opzioni?
No, io non ho altra scelta che vivere qui.

Da dove prendete l'acqua?
Ho due pompe per l'acqua - una su questa terra e l'altro sulla terra dove 
non posso
entrare.

Non vai mai in quella terra?
Alcune volte ma è rischioso.

A che ora vieni qui a lavorare su questa terra?
Circa alle 6:30 arrivo qui.

E a che ora la lasci?
Alle 16:15, talvolta alle 16:30.

I tuoi figli ti aiutano nel tuo lavoro?
Che lavoro? Non riesco a trovare lavoro per me, quindi perché avrei bisogno 
di
qualcuno per aiutarmi? Sono diventato così povero che mi arrangio riciclando 
macerie
e legno, e coltivando qualche coltura, così mi guadagno da vivere.

Qual è stata la più situazione più difficile che hai mai vissuto?
Il peridodo più difficile è stato quando hanno distrutto le fattorie e le 
terre in
questa zona. Quello è il momento più duro che ho mia vissuto nella mia 
intera vita.
La nostra vita era perfetta quando potevamo trarre profitto dal lavoro della 
nostra
terra, e ora che ce l'hanno distrutta cosa ci rimane? Nulla.



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