[Redditolavoro] Dal campo di Manduria 9 aprile
cobasta
cobasta at libero.it
Sun Apr 10 11:21:18 CEST 2011
Sembra in alcuni momenti che le parti si siano invertite, ora sono gli
immigrati ad “accogliere” gli italiani. Ieri fuori dal campo, nei prati
antistanti dove ormai stanno gli immigrati che non si fanno 4 o 6 chilometri
per andare ad Oria o al paese di Manduria, noi, la delegazione dello Slai
cobas per il sindacato di classe e di Proletari comunisti, come altri
compagni, siamo stati accolti con gioia, abbracci, calorose strette di mano;
ed erano loro che ci offrivano l'acqua, i mandarini, ecc.
Ieri alle 15 era indetta una manifestazione antirazzista a livello
regionale. La polizia, nonostante il divieto di manifestare fatto dal
prefetto di Taranto, ha fatto un blocco soft soprattutto verso le macchine;
un tentativo di indurirlo verso realtà che provenivano dal brindisino è
stato subito sventato dalla protesta dei compagni.
Appena arrivati gli immigrati ci hanno aiutato a fare gli striscioni, poi
appesi sul muretto di cinta del campo, insieme a una strisciata di foto
della rivolta di sabato 2 aprile – molto apprezzata dagli immigrati – e
all'unica bandiera rossa di tutta la manifestazione, quella dello slai
cobas.
Negli striscioni e nel mini volantino, entrambi in francese, erano
sintetizzate, insieme alla ripresa degli obiettivi (permesso di soggiorno
per tutti – niente espulsioni, niente detenzione – libertà di circolazione),
le parole d'ordine di questa fase:
“La lutte a commencé à gagner, mais nous devons continuer pou les papier ed
les drois a vivre ed travailler” - “Liberté! Unitè travailleurs immigrès /
travailleurs italiens”.
Come nei giorni precedenti abbiamo continuato a parlare con loro, a
discutere sulla fase attuale – ancora di “attenta attesa” visti i vari
ostacoli, politici e pratici che l'accordo e la risposta degli Stati europei
pongono – sulla nostra attività, sulla realtà del governo Berlusconi (verso
cui, chiaramente ora, a un primo giudizio la valutazione non è negativa, ma
poi l'opinione cambia subito soprattutto quando si parla
dell'amicizia/legame Berlusconi-Ben Alì, Mubarak, ecc. e degli attacchi
fascisti ai diritti dei lavoratori italiani), e ancora sulla rivolta in
Tunisia, ecc.
La discussione sulla rivolta contro Ben Alì e sulla situazione attuale in
Tunisia è stata la più interessante. Un tunisino che parla bene l'italiano,
riconosciuto dalla maggiorparte del campo come portavoce degli immigrati –
dato che lui è arrivato con il primo gruppo, conosce, appunto, la nostra
lingua per i rapporti con autorità del campo, interviste, ecc, e soprattutto
si prodiga verso gli altri a dare informazioni, a raccogliere esigenze,
ecc. - ci ha raccontato di episodi della tremenda repressione in Tunisia del
governo di Ben Alì, delle torture nelle carceri, verso anche democratici,
giovani intellettuali; uno, poco prima della rivolta, è stato spinto al
suicidio.
Molti dei giovani che stanno ora a Manduria hanno partecipato alla rivolta.
A questo punto, noi abbiamo chiesto del perchè, dopo la rivolta, hanno
preferito lasciare la Tunisia e non sono rimasti a continuare la lotta. Lui
ha detto che sì sarebbe stato giusto restare, ma che la situazione dopo la
rivolta non è cambiata per quanto riguarda il lavoro, la difficoltà di
vivere: “quando c'è una rivoluzione ci vuole un po' di tempo...”. Ora – ha
continuato – a luglio ci sono le elezioni, prima vi era un solo partito, ora
ce ne sono ben 49 che si mettono l'uno contro l'altro. Tutti parlano della
rivolta, ma tutti si sono dimenticati che è il popolo tunisino che ha fatto
la rivoluzione. “Ma noi non siamo stupidi!” ha concluso.
La realtà del campo di Manduria continua ad essere diversa. Gli immigrati
esprimono una coscienza politica e sociale, una visione e risoluzione
collettiva nella attuale situazione, la necessità della lotta collettiva –
da riprendere se necessaria. Non si sentono posizioni qualunquiste, o
inutilmente individualiste. Anche singoli episodi di atteggiamenti sbagliati
con le popolazioni locali (ma stiamo parlano di 2 immigrati, che invece la
stampa amplifica in maniera assurda e anche falsa), vengono condannati e
bloccati dagli stessi tunisini.
Chiaramente sabato 2 aprile è stato il punto importante di svolta. E
l'intreccio tra “scintilla esterna” la presenza dello slai cobas, di un'area
di compagni antirazzisti e lotta interna continua a produrre una situazione
che fa di Manduria un esempio diverso e positivo.
E' la rivolta collettiva di sabato scorso e questo intreccio che soprattutto
hanno permesso di trasformare da un giorno all'altro la situazione. Così
come di sbaragliare i fascisti e chi faceva le ronde (benchè ieri si sono
visti ad un certo punto due che facevano nei giorni scorsi le ronde passare
con la moto, avvicinarsi alla polizia e chiedere, in tono complice, se
serviva una mano...). Un fascistello anziano che continua pervicacemente a
stare davanti al campo, in maniera assolutamente indolore, ieri appena ha
tentato di uscire un cartello è stato cacciato a malo modo da una nostra
compagna e ha fatto una rapida ritirata.
Anche ieri la polizia/Digos non calava un attimo l'attenzione arrivando a
fotografarci per il solo fatto che parlavano con gruppi di immigrati.
Infine, la manifestazione di ieri. Organizzata da realtà della regione
antirazziste, dal cobas confederazione, ecc., è durata poco tempo, un
presidio davanti al campo con pochi interventi – la cosa più positiva è
proprio il fatto che c'è stata, che si è ribadito il legame area di
sinistra/immigrati e che ha rotto il tentativo di divieto di prefetto e
questore. Ma l'impostazione generale è stata prevalentemente solidaristica.
Questo ha fatto sì che l'unico striscione portato era un grandissimo telone
nero (senza nulla sopra) a simboleggiare il lutto per i circa 300 immigrati
morti in mare. Giusta la denuncia, ma non in sintonia con il clima del campo
che è più volto a sottolineare la lotta.
Il resto del pomeriggio e della serata è stato di discussioni con gli
immigrati, ma anche di musica, balli.
Dai compagni dello slai cobas per il sindacato di classe presenti ieri
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