[Redditolavoro] riflessioni (di un miope) sulla guerra in Libia

marku at inventati.org marku at inventati.org
Sat Apr 2 09:51:10 CEST 2011


 io invece di questa analisi
 non condivido una cippa
 e sai perchè

 è fatta con gli occhiali
 politicistici e occidentalocentrici

 il satrapo gheddaffi e la sua corte dei miracoli
 si sono costruiti la fine con le loro mani
 e chiaramente hanno scelto
 anche l'assassino
 quelle potenze occidentali che compravano a prezzo imposto
 il petrolio
 e vendevano, come sempre a gratis,
 fame, autoritarismo e regimi polizieschi

 che il rais non sia più che un alieno
 in una terra da disperazione e galera
 lo dice il fatto che abbia eletto a compare
 di merende televisive (leggi nessma tv) e  suo rappresentante 
 d'occidente
 il cancelliere di ricotta acida
 e il suo cavalier servente fratesconcio
 detto anche il churchill de noantri

 arrendetevi, quelle che io per primo ho definito
 rivoluzioni
 in gran parte, per ora, non sono che rivolte di gente
 che è stanca di familismo compradore/svenditore genocida
 pagato con fame e miseria delle genti

 per ora sono state dirottate verso le caste militari
 ma non può durare
 o si cambia musica di giustizia sociale
 o sono destinate a guerre civili
 dove la religione Mussulmana
 avrà il benefico effetto di collante
 ta le genti
 e contro tutte le caste

 oppure vogliamo ancora difendere
 i regimi siriano o algerino
 o la teocrazia iraniana
 perchè hanno un vaghissimo ricordo socialisteggiante
 (come il ghedddaffi in parola per esempio)
 solo in nome di un antiamericanismo e un antisionismo,
 che io stesso in verità caldeggio e di cui vanto le virtù
 rivoluzionarie,
 ma  che non può certo continuare a farci vedere un mondo diviso in 
 blocchi

 noi i buoni, i marxisti/leninisti
 quelli della tattica e della stategia da una parte

 e dall'altra i centurioni,
 in primis gli americanisti e i sionisti,
 del mercato e della globalizzazione
 la melma rivoltante del capitale e
 dell'apparato politico/tecnologico/militare
 dello sfruttamento genocida di nostra madre terra e delle sue genti

 esiste una marea infinita di genti
 perlopiù povera o poverissima che ha aperto la terza via
 e che rappresenta
 e deve rappresentare
 l'invincibile armata
 che travolgerà,
 o verrà travolta,
 il suddetto apparato

 che già da dalla caduta dei regimi
 ex comunisti

 ci ha dichiarato una guerra sociale
 internazionale senza tregua

 e da buon catastrofista ti dico
 che è dispostissima a dichiarare
 la terza guerra mondiale
 
 cordialmente
 marku

 http://www.youtube.com/watch?v=OR5Famsc3XA







 Ricevo, condivido e inoltro.
 Fulvio

 RIFLESSIONI SULLA GUERRA IMPERIALISTA DI AGGRESSIONE ALLA LIBIA

 

 Le premesse della guerra in corso erano già evidenti nella sostanza, 
 nei modi e nei toni con cui i media riproducevano le veline che venivano 
 passate dai governi e dai servizi delle grandi potenze imperialiste.

 Massacri della popolazione civile, bombardamenti delle città, fosse 
 comuni, morti nell’ordine delle decine di migliaia, l’esercito che spara 
 sulla folla di giovani disarmati, il dittatore che incarna Satana che 
 deve essere fermato.

 Un film già visto: Timisoara, Sebrenica, il Kosovo, le armi di 
 distruzione di massa di Saddam. Dall’altra parte i “democratici”, 
 genuini rappresentanti del popolo, oppositori fuoriusciti in USA, 
 Francia, e Gran Bretagna, organizzazioni “democratiche” come l’UCK.

 Il “movimento”, forse condizionato dalle grandi lotte di Egitto e 
 Tunisia, si è entusiasmato prendendo per buona la tesi che si trattava 
 dello stesso fenomeno: un popolo che si ribella contro un feroce 
 dittatore, quindi una lotta che doveva essere sostenuta senza indugi.

 La bandiera Salafita innalzata dai “ribelli” di Bengasi, cioè la 
 bandiera del re fantoccio incoronato dagli inglesi che aveva regalato i 
 pozzi di petrolio alle grandi compagnie Inglesi, Usa, francesi e 
 italiane, avrebbe dovuto allarmare il movimento, era come se una 
 ribellione popolare in Italia innalzasse i simboli del fascio littorio.

 Che i “giovani disarmati” operassero con tuta mimetica e avessero a 
 disposizione carri armati, missili terra-aria, oltre che armi leggere, è 
 apparso ai più come un aspetto secondario, e si sono bevuti anche la 
 frottola che si trattasse di armi sottratte all’esercito regolare e di 
 reparti guidati da ufficiali “democratici” passati dalla parte degli 
 insorti.

 Il “ movimento”, privo delle informazioni e di un’analisi su quanto 
 stava accadendo, si è preoccupato di puntualizzare quanto Gheddafi 
 avesse “tradito” la sua fede antimperialista, senza cogliere la natura 
 reazionaria e restauratrice dei suoi oppositori, senza capire i disegni 
 dell’imperialismo, disegni di tipo economico e strategico-militare, 
 senza aver chiaro che si preparava un’aggressione imperialista, di 
 fronte alla quale ogni forma di equidistanza corrisponde in realtà ad un 
 regalo all’imperialismo.

 Altro fattore da considerare è il condizionamento, tutto italiano, di 
 vivere il personaggio Gheddafi come l’amico di Berlusconi e quindi 
 giudicarlo partendo da un’ottica provincialista e non internazionalista 
 (chi è contro Berlusconi è contro Gheddafi)

 Altro fattore inoltre, è quello di considerare il personaggio Gheddafi 
 condizionati dalle contrapposizioni interne al mondo arabo.

 

 Che Gheddafi non fosse più un campione dell’antimperialismo è indubbio. 
 La rivoluzione libica del ’69 si è imposta con un colpo di stato guidato 
 da giovani ufficiali democratici, di ispirazione nasseriana che, dopo 
 anni di lotte popolari, abbattendo un regime monarchico asservito alle 
 potenze imperialiste, Gran Bretagna e Usa in testa, si collocava in un 
 contesto di rinascita araba e africana e di sviluppo della lotta 
 antimperialista nel terzo mondo.

 Il mondo arabo era diviso in due aree politiche: quella progressista, 
 antimperialista e socialisteggiante, guidato dall’Egitto di Nasser, 
 protagonista del Movimento dei Non Allineati e schierato con l’Unione 
 Sovietica nella politica internazionale (Egitto, Algeria, Libia, 
 Somalia, Siria, OLP, Iraq, Sudan, Yemen del Nord e Yemen del Sud) e 
 quello feudale, monarchico e filo-occidentale (Marocco, Arabia Saudita 
 ed emirati e sultanati del Golfo e dell’ sud Arabia).

 Gheddafi era figlio di quel contesto e quindi si collocava in una 
 posizione oggettivamente antimperialista.

 La morte di Nasser e il passaggio dell’Egitto al servizio 
 dell’imperialismo, la guerra fra Iraq e Iran, che ha diviso i fronte 
 progressista arabo, l’aggressione USA alla Libia del 1986, la prima 
 aggressione imperialista all’Iraq, il disfacimento dell’Unione 
 Sovietica, il passaggio dell’Europa orientale sotto l’egemonia degli 
 USA, l’azzeramento del ruolo del Movimento dei non Allineati, hanno 
 modificato radicalmente il contesto in cui la Libia di Gheddafi si 
 trovava a sopravvivere. L’errore di Gheddafi non è stato quello di 
 vendere il petrolio libico all’Italia e alla Germania (un paese che 
 produce solo petrolio non può permettersi di non venderlo), ma quello di 
 credere che i buoni rapporti con questi paesi potessero metterlo al 
 riparo dalle mire imperialiste di USA, Francia e Gran Bretagna, che dal 
 1969 tramavano per riprendersi il petrolio libico. Il trattato di 
 amicizia con l’Italia e la rinuncia a pezzi della sovranità nazionale 
 libica sta dentro questa illusione. Come pure dentro questa illusione 
 sta l’accordo con cui la Libia si poneva quale poliziotto per fermare 
 l’immigrazione africana in Europa. Scelte per noi inaccettabili dal 
 punto di vista politico e umano, ma che non c’entrano in alcun modo con 
 i motivi che hanno portato all’aggressione imperialista alla Libia.

 

 I “ribelli” di Bengasi non hanno nulla a che vedere con le masse arabe 
 in rivolta. Non che non abbiano dietro di loro anche consensi popolari, 
 ma le manifestazioni delle masse popolari libiche represse dai fucili 
 della polizia non le ha viste nessuno. Possibile che neppure un 
 cellulare sia riuscito a riprendere quelle immagini?

 La Cirenaica è una regione con forti tendenze separatistiche, 
 monarchiche e integraliste.

 L’assalto al consolato italiano di Bengasi, dopo la provocazione di 
 Calderoni di cinque anni fa, è stata rivendicata dai “Fratelli 
 Musulmani” e il governo italiano non ha più riaperto il consolato perché 
 non lo riteneva sicuro. I Fratelli Musulmani, sia in Egitto che in Siria 
 e in Libia, tolto una breve fase della lotta antimonarchica, all’inizio 
 degli anni cinquanta in Egitto, non si sono mai schierati con il fronte 
 progressista e antimperialista, a differenza di Hamas e di Hezbollah non 
 possono essere annoverati fra le forze disponibili per collaborare, in 
 funzione anti-sionista e anti-imperialista, con le forze del progresso. 
 Rappresentano la base interna delle forze che hanno sempre combattuto 
 nei tre paesi citati contro i governi anti-imperialisti e laici.

 I safarditi sono monarchici e secessionisti anche se, probabilmente, se 
 i loro protettori euro-statunitensi li porteranno a conquistare Tripoli, 
 saranno disponibili a prendersi tutta la Libia. Sono esplicitamente 
 razzisti, con la complicità dei media occidentali hanno inventato la 
 panzana degli africani mercenari di Gheddafi, e si sono messi a 
 massacrare i neri, ex immigrati ormai da anni cittadini libici.

 L’alleanza fra l’imperialismo e i “ribelli” non è nata nel corso della 
 rivolta. E’ probabile, anche se difficilmente dimostrabile, che da tempo 
 le forze dell’opposizione “democratica” libica fossero istruite e 
 foraggiate, come d’altronde quelle cubane, venezuelane, iraniane, 
 birmane, siriane, bielorusse, tibetane …ecc. dai servizi occidentali e 
 dalle multinazionali.

 Il controllo e la campagna dei media, le armi e la logistica di tipo 
 militare avanzato, la prontezza con cui è stato invocato e realizzato 
 l’intervento militare, la compattezza con cui la “sinistra” italiana ed 
 europea si è schierata a favore della guerra, ci dicono che la trappola 
 per la Libia era pronta da tempo e che i “ribelli” ne erano il 
 principale e consapevole strumento.

 I “ribelli” non si sono fatti accogliere a corte dalle potenze 
 coloniali, sono stati cresciuti e alimentati a quella corte. Sono i 
 principali nemici del popolo libico.

 

 La guerra di Libia è una aggressione imperialista e, nello stesso tempo 
 una guerra inter-imperialista.

 Sulla caratteristica imperialista tornerò più avanti,

 La caratteristica interimperialista di questa guerra non è di tipo 
 militare ma squisitamente economico e politico. La Libia di Gheddafi ha 
 favorito le grandi compagnie italiane e tedesche: il 40% del petrolio 
 veniva in Italia e il 10% in Germania. Italiane erano le grandi imprese 
 che gestivano la costruzione delle grandi infrastrutture libiche. Alla 
 Germania era stato affidata la realizzazione delle infrastrutture 
 destinate allo sfruttamento degli immensi giacimenti di acqua dolce 
 esistenti nel sottosuolo libico.

 Italia e Germania erano quindi interessate alla stabilità della Libia, 
 fosse governata da Satana in persona.

 La Francia, che con Sarkosy aveva spostato la tradizionale amicizia 
 Franco-tedesca a favore di USA e Gran Bretagna, aveva da tempo una netta 
 contrapposizione con la Libia per la modifica del confine fra Libia e 
 Ciad nella zona delle colline del Tibesti (ricche di Uranio) e sui 
 rapporti fra Libia e Ciad (ex colonia francese), e più in generale sulla 
 politica africana della Libia che si scontrava con gli interessi 
 imperialistici francesi sul continente.

 Stati Uniti e Gran Bretagna, oltre ad essere stati fra i più 
 danneggiati dalla nazionalizzazione del petrolio libico nel 1969, lo 
 sono stati anche dal punto di vista strategico militare, con la chiusura 
 delle loro basi navali e l’espulsione del relativo personale. Nel 
 presente USA e Gran Bretagna sono stati i più feroci nemici della 
 normalizzazione dei rapporti fra occidente e Libia, ricavandone 
 l’esclusione dai rapporti economici quando, venute meno le sanzioni, la 
 Libia ha aperto ai nuovi contratti con le compagnie straniere. Le 
 multinazionali anglo-americane hanno dovuto accontentarsi delle 
 briciole.

 Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna erano interessati alla 
 destabilizzazione della Libia, fosse anche governata da Gesù Cristo in 
 persona.

 La guerra alla Libia è quindi una guerra fra gli imperialismi, non 
 perché questi si combattono fra loro armi alla mano, infatti, dopo un 
 primo smarcamento della Germania, con il voto all’ONU e con la 
 dichiarazione di non belligeranza, una volta riportato il comando 
 bellico nelle mani della NATO, questa torna ad essere la centrale 
 militare unica dei paesi imperialisti.

 E’ una guerra fra imperialismi i quali, tutti assieme, combattono 
 contro la Libia e fanno a gara fra loro per spartirsi le ricchezze le 
 ricchezze di quel paese a guerra finita.

 Come in Ruanda e i Burundi la guerra armata l’hanno delegata a Tugsi e 
 Bantù, in Congo ai Katanghesi, in Iugoslavia a Croati e Kosovari, in 
 Irak a Sciiti e Curdi etc… anche in questo caso tentano, e riescono a 
 trasferire alle vittime il compito di ammazzarsi fra di loro

 

 Dal punto di vista strategico-militare, la guerra è solo una guerra 
 imperialista, rivolta contro le popolazioni dell’Asia Centro-occidentale 
 e contro l’intera Africa.

 Il nuovo Medio Oriente, che presuppone la realizzazione di ampie zone 
 di mercato basate su forme di capitalismo ultra avanzato e di limitata o 
 nulla sovranità nazionale, necessita di un nuovo ordine che spazzi via 
 ogni forma di resistenza sia di classe che nazionalista.

 Tutti i movimenti e i governi che in Medio Oriente e nei paesi arabi 
 possono opporsi, o solo dare fastidio, ai progetti imperialisti e 
 sionisti che si muovono nell’area devono essere spazzati via.

 Non è un caso che i Mubarak e Ben Alì, sono stati convinti ad andarsene 
 in pochi giorni, la loro permanenza al potere poteva essere motivo 
 perché proteste e rivolte sfociassero in vere e proprie “rivoluzioni”, 
 capaci di portare al governo forze o personaggi ostili all’occidente, 
 fossero islamici o progressisti. Quindi dovevano essere immediatamente 
 sostituiti da persone più credibili o comunque più forti.

 Non è un caso che le proteste e le “rivolte” si siano subito spostate 
 in Siria, e che sia iniziata la campagna mediatica tesa a dipingere 
 Assad come il feroce dittatore, nemico del suo popolo, da fermare 
 subito.

 La Siria è ormai il più importante paese arabo che si contrappone a 
 Israele, è l’unico che continua ad essere laico, è alleato dell’Iran e 
 Hezbollah, ospita ormai tutti i movimenti palestinesi non subalterni 
 all’ANP. Se salta la Siria la strada è aperta verso l’Iran… e oltre.

 

 La Libia è uno dei paesi che si oppongono alla penetrazione di Africom 
 in Africa, un organismo creato da Bush, confermato e rafforzato da 
 Obama, che si propone di sostenere anche militarmente con eserciti 
 privati, il rafforzamento delle “democrazie” in Africa.

 I paesi africani a cui era stato richiesto, si sono fin’ora rifiutati 
 di ospitare questo organismo che sembra sia già presente nelle 
 operazioni militari in Libia.

 E’ evidente che nelle finalità strategico-militari rivolte al Medio 
 Oriente e all’Africa, insite nell’intervento militare in Libia, la guida 
 e la responsabilità maggiore sono negli stati uniti che nella prima fase 
 della questione libica sono apparsi un po’ defilati, non perché non 
 c’entrassero nulla, ma solo perché Obama e la Clinton sono ugualmente 
 perfidi ma, certamente, meno scemi di Bush.

 Non sto evocando il complotto. Non si tratta di un complotto, si tratta 
 di un disegno strategico ben definito, su cui l’amministrazione 
 nordamericana e i grandi monopoli che fanno riferimento ad essa stanno 
 lavorando da tempo.

 Obama è stato fatto presidente non solo dai voti degli afroamericani e 
 degli ispanici che hanno creduto che potesse e volesse cambiare la 
 storia, ma anche e soprattutto dalla volontà della grande borghesia 
 finanziaria e monopolistica, non solo nordamericana, che non poteva 
 affidarsi alla banda di Bush per portare avanti la sua strategia 
 globale.

 Non è un caso che con Obama la CIA e il Dipartimento di Stato abbiano 
 ripreso apertamente la politica di intervento attivo in America Latina 
 con il colpo di stato ad Haiti, l’intervento finanziario nelle campagne 
 elettorali come a Panama, la presenza militare massiccia come ad Haiti.

 

 Due ultime note:

 

     * Non solo i “ribelli” di Bengasi hanno chiesto l’interveto dei 
 bombardieri occidentali contro il popolo libico, anche gran parte della 
 ex sinistra italiana, a partire da Radio Popolare (Cosa deve fare la 
 “comunità internazionale” per fermare le stragi compiute da Gheddafi?) 
 e, in parte, Il Manifesto. Quello che è più grave che questa 
 responsabilità ce l’abbia anche il FPLP. Non c’è giustificazione che 
 tenga, neppure la dura contrapposizione di Gheddafi ai palestinesi. E’ 
 lo stesso tragico errore della Siria che ai tempi della prima guerra del 
 golfo si era schierata contro l’Iraq al fianco degli occidentali e, 
 indirettamente dei sionisti, è lo stesso errore degli iracheni che hanno 
 fatto guerra all’Iran.

 

     * Al Jazira, alle prime avvisaglie della crisi libica si è 
 schierata al “fianco della protesta dei democratici libici”, ha 
 contribuito alla campagna mediatica contro Gheddafi, ha invocato e oggi 
 sostiene attivamente l’intervento militare, cioè la guerra. Al Jazira è 
 ascoltata dagli arabi in tutto il mondo, anche in Italia e fa opinione 
 fra gli arabi, in particolar modo quelli progressisti. Il proprietario 
 di al Jazira è l’emiro del Qatar, l’unico paese arabo che ha accettato 
 di entrare attivamente nella coalizione che sta bombardando Tripoli.  
 L’imperialismo non fa complotti ma non si muove neppure a caso. Si dà 
 delle strategie e muove le sue   pedine.

 

  Ivo Batà

 



More information about the Redditolavoro mailing list