[Redditolavoro] Francia 2005_In ricordo di Ziad e Bouna. La prima grande sollevazione contro lo "sprofondamento sociale"
clochard
spartacok at alice.it
Fri Oct 29 20:38:58 CEST 2010
Io sono cronicamente in ritardo, ma i compagni del Circolo Giancarlo Landonio fanno di ogni giorno che dio ci dona un'occasione per ricordare una pagina di storia e di lotta di classe.
e
CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO
VIA STOPPANI,15 -21052 BUSTO ARSIZIO –VA-
(Quart. Sant’Anna dietro la piazza principale)
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LA RIVOLUZIONE COMUNISTA Novembre-Dicembre 2005 (Formato PDF)
La rivolta giovanile francese
La prima grande sollevazione contro lo
"sprofondamento sociale"
I giovani proletari francesi insorgono contro il dispotismo poliziesco mettendo a soqquadro le "banlieues". La nostra gratitudine e il nostro appoggio ai giovanissimi in rivolta. Le tecniche di scontro unico supporto della temporanea trama organizzativa.
Fuori i giovani imprigionati! Abbasso le misure speciali e il coprifuoco! Trasformare la rivolta in guerra sociale! Organizzarsi contro la terrorizzazione statale. Formare gli organismi di lotta proletari. Costruire il partito rivoluzionario.
La Francia è nuovamente ritornata un terreno esemplare di lotta di classe: un vulcano della rivolta del giovane e giovanissimo proletariato metropolitano. Il 27 ottobre 2005 a Clichy - sous Bois, un sobborgo dell'area periferica nord-ovest di Parigi, ove vivono ammassate in palazzoni 30.000 persone circa, esplode la rivolta giovanile. Giovani e ragazzi si rovesciano sulle strade, attaccano a sassate la polizia, appiccano il fuoco a vetture negozi edifici. La scintilla, che provoca l'incendio della rivolta, scocca in seguito alla morte di due ragazzi quindici-sedicenni (Ziad e Bouna), rimasti folgorati in una cabina elettrica, mentre scappavano insieme a un diciassettenne (Muhittin), rimasto ferito e ricoverato in ospedale, all'inseguimento della polizia. La macabra fine di questi due ragazzi è l'ennesimo risultato dell'asfissiante controllo delle forze di polizia.
Clichy - sous Bois diviene, spontaneamente, l'epicentro di una rivolta sociale che sta infiammando la Francia intera. Giovani e giovanissimi si sollevano subito dopo in altri otto sobborghi della zona Seine-Saint Denis e con le stesse modalità di azione. Successivamente la rivolta si estende ad altre città. Scontro tra giovani e polizia e incendi di vetture ed edifici si susseguono a Strasburgo, Marsiglia, Nizza, Lilla. Mentre l'estendersi della rivolta fa tremare le cricche di potere in Francia e non solo in Francia, è opportuno dare un colpo d'occhio alle cause del sommovimento per capire il significato di quanto sta avvenendo.
Le "banlieues" luoghi specifici di esistenza e di riproduzione del proletariato metropolitano
L'epicentro della rivolta è uno dei tanti sobborghi della cintura parigina e costituisce un modello sociale di periferia delle grandi città radicatosi con l'avvento della finanza speculativa (dal 1980 in poi). Vi abitano e vivono pensionati, lavoratori precari, disoccupati, giovani in cerca di prima occupazione, figli e nipoti di ex immigrati. In poche parole vi si trova concentrata la fanteria proletaria di più recente formazione. Questi sobborghi non sono abbandonati a se stessi, come si sente dire. Sono legati dalla scolarità di massa (necessaria al mercato del lavoro metropolitano), trattati con gli ammortizzatori dei sostegni familiari e individuali (necessari al controllo sociale), sottoposti ad alta vigilanza poliziesca. Secondo le statistiche francesi esistono in tutto il territorio 750 zone urbane di questo tipo, chiamate zone urbane sensibili(Zus). In queste zone vivono 4.500.000 proletari; di cui più di metà costituita da giovani e un terzo di giovani sotto i 20 anni di età. C'è una concentrazione elevata di proletariato giovanile (risultato dell'espansione-contrazione del mercato del lavoro e dei flussi migratori) che costituisce un deposito di sostanza infiammabile di prima grandezza. In queste zone viene esercitato un controllo capillare da parte delle forze di polizia. E, come avviene in tutte le zone urbane a rischio, la polizia tratta questi giovani come soggetti di serie "B", umiliandoli coi metodi più offensivi.
Di conseguenza le banlieues sono cariche di tensione sociale. Ogni giorno ci sono disordini, contrasti con la polizia, sfoghi di rabbia con incendio di vetture, scontri violenti. Tuttavia la rivolta esplosa il 27 non può essere considerata un'estensione della violenza urbana diffusa nelle Zus; né può essere spiegata con l'ottica sociologica della ghettizzazione e degradazione dei quartieri poveri. L'esistenza di questa realtà non basta a spiegare la rivolta di massa della gioventù. A base della rivolta ci sono precise cause politiche sociali ed economiche che vanno individuate e definite.
Le cause della rivolta
La prima causa è di natura politica. La fine orrenda dei due ragazzi maghrebini rimasti folgorati ha fatto sollevare come un solo uomo contro la polizia i giovani e i giovanissimi del quartiere e del sobborgo. Gli insorti attaccano i posti di polizia per esprimere il loro odio ed affermare la propria dignità umana contro un apparato che li perseguita dalla mattina alla sera come banditi, delinquenti e, più recentemente, come integralisti (terroristi o potenziali terroristi). Essi tendono a farsi giustizia da sé distruggendo le reti del loro controllo e i simboli della legalità. Nel sollevamento contro le forze di polizia non c'è solo la protesta contro i metodi di repressione in generale; c'è la condanna dei metodi di controllo militari, degli strumenti di terrorizzazione statale, impiegati dalla polizia. Il ministro dell'interno Sarkozy, parlando il 30 a Bobigny chiama feccia (racaille) i giovani e minaccia il pugno di ferro.
La seconda causa è di ordine sociale. Il malessere delle banlieues non è la semplice conseguenza del degrado proprio di queste aree rispetto ai centri urbani. È il riflesso del malessere generale che investe il sistema sociale di questo paese; è il riflesso della crisi totale di questo sistema, che in questa crisi si trova peraltro allineato agli altri sistemi imperialistici. La rivolta delle banlieues non è il sollevamento dei sobborghi emarginati contro i centri benestanti. È un sollevamento contro il modello sociale della razzia del lavoro e delle risorse da parte di speculatori e parassiti.
La terza causa è di ordine economico. La crisi generale di sovrapproduzione ha trasformato e trasforma costantemente la forza-lavoro in età attiva da forza occupabile a esubero. E questo processo toglie qualsiasi prospettiva alle nuove generazioni. Esse si rivoltano contro un sistema che non garantisce alcuna prospettiva di vita.
La rivolta è quindi un profondo e vasto sommovimento giovanile contro l'ordine e il sistema della finanza speculativa che rompe con la prassi di lotta degli anziani e degli adulti.
La portata del sommovimento
Il movimento di rivolta ha le sue forze motrici nei giovani e giovanissimi (dodici-diciottenni). Entrano in piena azione sia le fasce in età lavorativa sia le fasce ancora in formazione. È tutta la gioventù proletaria, in età attiva e in età scolare, che insorge. La rivolta è poi appoggiata e sostenuta, in forme varie, dagli abitanti più poveri dei quartieri. Ed assume quindi le dimensioni di una sollevazione proletaria.
Scoppiata in modo spontaneo la sollevazione si estende da un giorno all'altro dalle periferie parigine alle altre città. Non c'è un piano comune di azione tra i manifestanti. I contatti e le aggregazioni organizzative vengono determinate dalle tecniche di scontro con la polizia, dalle forme degli attacchi e dalle modalità delle azioni. Ovunque la rivolta si estrinseca in scontri con la polizia, in attacchi a stazioni di polizia e a caserme dei pompieri, in incendi di uffici postali e scuole, in roghi di vetture. Il 4 novembre la sollevazione investe novanta comuni; raggiunge Digione e tocca Marsiglia. Il 5 sfiora il centro di Parigi; ove, nella terza circoscrizione, vengono bruciate diverse vetture. Le offese di Sarkozy, che addita i manifestanti come feccia, hanno effetto moltiplicatore: la rivolta esplode a Tolosa Cannes Nizza. Insomma il sommovimento investe l'intero paese.
Le caratteristiche della rivolta
I tratti più importanti della rivolta che meritano di essere evidenziati sono cinque.
Il primo tratto è la spontaneità. L'esplosione delle banlieues è scattata in modo improvviso senza un ordine preciso di questa o quella organizzazione locale e senza un programma preventivo. È bastata la scintilla della tragica fine dei due maghrebini ad appiccare l'incendio delle enormi sostanze infiammabili accumulate.
Il secondo tratto è costituito dal carattere giovanile della sollevazione. Gli insorti sono, come visto, giovani e giovanissimi. La polizia ha fermato ragazzini di 10-12 anni con bottiglie incendiarie in mano. I protagonisti sono cioè il polo antagonista per eccellenza della società metropolitana contemporanea. Questo tratto è tipico di ogni cambiamento storico nei rapporti di classe. Ed indica che le nuove generazioni sono pronte a sollevarsi dal dominio dei super-ricchi.
Il terzo tratto è la forza espansiva. Pur esplosa spontaneamente la rivolta si è creata gli strumenti e i canali per la propria estensione: gli organismi immediati di quartiere, i collegamenti con i mezzi più vari (tam tam diretto, cellulari, ecc.). Raggruppati in manipoli, giovani e ragazzi, legati dalla vita comune, preparano le molotov e stabiliscono gli spostamenti da fare; decidono gli obbiettivi da colpire comunicando con altri gruppi e singoli individui. Si muovono a piccoli gruppi senza segni distintivi, simboli etnici o religiosi. Il loro manifesto, secondo le parole di un manifestante anonimo raccolte da un cronista, sta nella seguente frase: "Siamo i ragazzi di Clichy in preda alla collera e all'odio. Giustizia sarà fatta. Che cosa vi aspettate voi sbirri, voi politici! Le altre periferie si uniranno a noi". La forza espansiva riflette ed esprime il generalizzarsi della rivolta contro una condizione di esistenza comune.
Il quarto tratto è la fisicità dello scontro e la pratica della distruzione materiale. I manifestanti ingaggiano scontri diretti con le forze dell'ordine senza far uso di armi e canalizzano la violenza nella distruzione di cose materiali (strutture e simboli del potere o della mobilità sociale) senza ledere le persone. I poliziotti rimasti feriti hanno riportato le ferite negli scontri diretti. Questa forma auto-limitata ed elementare di violenza è l'espressione della più risoluta affermazione della propria dignità sociale da parte della gioventù proletaria che non si lancia ancora nell'assalto al potere.
Il quinto tratto è l'incontenibilità della rivolta. Né le forze dell'ordine, né tanto meno i pompieri sociali, riescono a bloccare il sommovimento. La polizia ha effettuato migliaia di arresti. Sindaci, insegnanti, operatori sociali, capi religiosi stanno lavorando incessantemente per recuperare il dialogo con i giovani in rivolta. Ogni loro iniziativa (il 5 novembre a Aulnay sfilano in 3.000 dietro uno striscione "No alla violenza sì al dialogo") e fatwa (comando religioso) cadono nel vuoto. L'incontenibilità comporta che, finché non si attenuerà la forza interna di ribellione, il movimento di rivolta sarà inarrestabile. Questo tratto è quindi quello che desta più degli altri preoccupazione e paura alle cricche di potere.
Il coprifuoco e lo stato si emergenza
Il 7 novembre il governo adotta la prima misura eccezionale: decreta il coprifuoco serale. De Villepin, dopo aver premesso che sono state date alle fiamme 4.700 vetture e feriti negli scontri 77 poliziotti e 31 vigili del fuoco, dichiara che la misura serve a sbaragliare le bande di teppisti criminali. Amiens è la prima città a introdurre il coprifuoco serale che si applica ai minori di 16 anni non accompagnati dalle 22 alle 6. Anche Orleans e altre città si pongono su questa scia. Ma non tutti i sindaci sono d'accordo. Qualcuno, come quello di Blanc Mesnil della Seine-Saint Denis, minaccia di dimettersi.
Nella notte tra il 6 e il 7 vengono incendiate più di 1400 vetture. Nella notte tra il 7 e l'8 le vetture incendiate si riducono a 800. Nonostante il calo dei roghi l'8 il governo adotta la seconda misura eccezionale: proclama lo stato di emergenza per tutti i 25 dipartimenti francesi a partire dalla notte successiva. De Villepin fa un discorso di 40 minuti per giustificare il ricorso alla legge del 3 aprile 1955, utilizzata contro gli algerini, che permette perquisizioni di giorno e di notte, chiusure di caffè e sale spettacoli, proibizioni di riunioni, ecc.; e che mette la popolazione nelle mani di prefetti e polizia. Dopo il colpo di bastone egli mostra la carota, annunciando che tutti i giovani inferiori ai 16 anni abitanti in una delle 750 zone sensibili verranno ricevuti dall'ANPE nei prossimi tre mesi per vedersi proporre uno stage, un contratto, o una formazione. E aggiunge poi che verranno offerti 20.000 contratti di accompagnamento per l'impiego e triplicate le borse al merito nel 2006 passando a 100.000; mentre nei 1200 collegi sensibili verranno creati 5.000 posti per assistenti pedagogici. Lo stato di emergenza, se ricompatta le cricche di potere sulla politica del pugno di ferro, non impressiona i giovani in rivolta che in questa situazione ci vivono in permanenza. Quindi la sollevazione prosegue.
Le fasi della rivolta
Prima di considerare le fasi in cui si può articolare la rivolta bisogna ricordare che il 15 novembre il parlamento approva in via urgente la proroga di tre mesi, a partire dal 21, dello stato di emergenza decisa il 14 dal governo; segno della furiosa reazione statale contro racaille e voyous (i francesi figli di immigrati delle periferie) e della profonda crisi sociale.
L'intero movimento di rivolta può essere suddiviso, per intensità ed estensione, in tre fasi: a) in una fase ascendente; b) in una intermedia; c) in una calante. La prima fase va dal 27 ottobre al 7 novembre. Sono i giorni della crescita impetuosa e della estensione territoriale della rivolta. I momenti più alti per numero di scontri, arresti di manifestanti, distruzioni materiali e città investite, sono la notte di sabato 5 novembre e la notte del 7 in cui la rivolta divampa a Marsiglia Tolosa Lilla e in tutta la Francia e vengono effettuati 400 arresti. Il ministro di giustizia, Pascal Climert, dopo gli sporadici spari contro due poliziotti, sentenzia che se fino al 6 si è trattato diviolenza urbana col 7 si tratta di sommossa. La seconda fase va dall'8 al 12. Gli scontri e le distruzioni si mantengono ad alto livello, per intensità ed estensione, senza però toccare le punte precedenti. Vengono affinate le tecniche di collegamento e di scontro. Il 12 pomeriggio gli insorti raggiungono per la prima volta la piazza centrale di Lione (P.za Belcourt); incendiano i cassonetti e si scontrano con la polizia. È l'ultimo guizzo della rivolta. La terza fase va dal 13 al 17 novembre. La parola d'ordine che circola tra gli insorti è "caliamo in città, a fuoco l'Eiffel". Dopo gli scontri di Lione la temuta marea su Parigi, ove il prefetto ha vietato ogni manifestazione e assembramento dalle ore 10 dell'11 alle 8 del 13, sembra questione di ore. Ma lamarea non si verifica. E ciò attesta che l'onda di rivolta ha esaurito la propria spinta. In pochi giorni si riducono gli scontri e le distruzioni materiali, mentre gli incendi alle vetture rientrano nei livelli fisiologici. Col 18 novembre il movimento di rivolta esploso il 27 ottobre può quindi considerarsi terminato.
Traiamo infine il bilancio e gli insegnamenti possibili dei 22 giorni di rivolta.
Una violenza tutto sommato contenuta nei confronti di un potere feroce
Sul piano degli effetti umani e delle conseguenze fisiche il bilancio della rivolta può riassumersi nei seguenti dati. Dalle migliaia di scontri tra insorti e forze dell'ordine, svoltisi in più di 300 comuni e città, si sono avuti solo feriti. Non abbiamo il numero dei feriti tra i manifestanti, che supera di certo quello delle forze dell'ordine. Quello dei poliziotti e dei vigili del fuoco rimasti feriti non oltrepassa le 150 unità.
Molto più pesanti sono invece i dati relativi alla repressione statale. Sono stati arrestati più di 3.200 giovani. La maggior parte di essi è stata fermata durante i rastrellamenti, non negli scontri; non perché colti sul fatto ma perché consideratiteppisti. L'autorità giudiziaria ha processato per direttissima più di 650 giovani. Ed ha inflitto pene detentive a circa 600 giovani, di cui più di 100 minori.
Sul piano degli effetti materiali non è agevole un conto degli edifici e delle strutture fisse danneggiati. Quello che allo stato si può registrare è che sono stati dati alle fiamme: asili nido, scuole, uffici postali, biblioteche, palestre, negozi, sedi di imprese e depositi. Il numero dei veicoli incendiati, enfatizzato giorno per giorno, tocca circa 9.000 vetture e un centinaio di autobus.
Il 16, quando sta per esaurirsi, Sarkozy minaccia nuove misure contro i protagonisti della rivolta e le loro famiglie. Addebitando la causa della poderosa sollevazione alla colpa delle famiglie disgregate, da un canto egli criminalizza la promiscuitàminacciando i genitori di privarli degli aiuti familiari; dall'altro dà per prossime, col suo stile livido, le misure terrorizzanti minacciate durante la rivolta (espulsioni dei responsabili degli scontri, nuovi sistemi di controllo nei quartieri, controlli alle frontiere, processi rapidi, ecc.). Le retate sistematiche, che sono scattate sul finire della rivolta, stanno riempiendo commissariati e carceri. Dal 18 al 25 novembre sono stati arrestati circa 1.600 giovani con l'accusa di canaglie malviventi spacciatori. Sommando questa quota a 3.200 giovani arrestati durante la rivolta il totale dei giovani arrestati sale a 5.000 circa.
Insegnamenti
Un sommovimento come questo non lascia mai di pensare. Noi traiamo le lezioni che riteniamo principali. Prima, però, dobbiamo sgombrare il terreno dal mucchio di valutazioni denigratorie o ingannevoli che sono piovute sulla rivolta. Chi ha parlato diturbine nichilista; chi di jacquerie; chi di violenza contro tutto e contro tutti; chi diluddismo metropolitano; chi di rivolta etnico-religiosa opera di islamici e neri; chi dell'unico modo di farsi ascoltare; chi di autocertificazione di vita; chi di auto attestazione di identità; chi di riconoscimento personale; ecc. Non è il caso di prendere in considerazione singolarmente tutti questi giudizi. La maggior parte si commenta da sé: è esecrazione preconcetta di ogni forma di violenza attuata dagli oppressi. Basta prendere in considerazione, ai fini della critica dei giudizi di tipo ingannevole, la definizione della rivolta come legittimazione umana contro i meccanismi di esclusione neoliberisti. Questa interpretazione è pietosa e falsa. La gioventù proletaria non è un orfano in cerca di paternità o uno scarto alla ricerca di legittimazione umana; né va in depressione perché è esclusa dai consumi borghesi o perché dannata a vivere nelle banlieues. È l'antagonista fondamentale della società e del potere finanziario-parassitario. I giovani banlieuesard non desiderano di essere coccolati dai massmedia; fremono contro lo sfruttamento, i soprusi polizieschi, la precarietà strutturale; e non accettano di essere trattati come materiale a perdere. Non mancano certo di identità sociale, di classe; o di identità umana. Senza questaidentità non avrebbero potuto tener testa alle forze di polizia e condurre così a lungo il movimento di rivolta. E sanno quello che vogliono perché lo fanno senza aspettare alcun saggio. Infine essi non si sentono esclusi bensì pienamente integrati nella società. Capiscono di essere oggetto di razzia padronale e di sopraffazione poliziesca perché questa è la loro condizione di classe. E quindi sfogano la loro collera come possono.
Quattro lezioni roventi
Sgomberato il terreno da questo ciarpame compendiamo i principali insegnamenti in questi quattro punti.
1º) Carattere proletario del movimento di rivolta - La sollevazione delle banlieues è l'esplosione concentrata dell'odio accumulato dalla gioventù proletaria. Dagli anni ottanta le banlieues sono teatro di scontri periodici e di rivolte isolate suscitate dalla flessibilità e gratuitificazione del lavoro e dalla repressione poliziesca. E si è accumulato un odio di classe gigantesco pronto ad esplodere alla prima efficace scintilla. La rivolta è l'espressione dinamica di quest'odio accumulato. È secondario che nelle banlieues siano concentrati i figli o i nipoti degli immigrati arabi africani turchi armeni. Si tratta pur sempre di proletari: della fanteria del moderno esercito proletario metropolitano. La rivolta ha spinte di classe e si manifesta con modalità di classe. I giovani dei quartieri si scontrano con la polizia perché questa li coercisce e li umilia; se la prendono con la scuola e con gli uffici perché questi funzionano come selettori sociali; bruciano le vetture, anche dei vicini, perché sono il prodotto tipico del mercato e della mobilità individuale (nel 2004 sono state bruciate 65 vetture in media al giorno). Quindi è inconfondibile la natura sociale proletaria della rivolta. C'è da aggiungere su questo punto che cadono nel ridicolo quei luminari di sinistra che in nome del marxismo ritengono inclassificabile la violenza espressa dai banlieusard. I marxisti non si confondono di fronte alla violenza elementare; ne valutano la forza e i limiti; e non separano le pulsioni degli agenti dalle loro condizioni materiali dai rapporti sociali e dai sottostanti rapporti economici, ma le riconducono alle condizioni concrete della loro esistenza e lotta e ne decifrano la natura.
2º) La prima grande sollevazione contro lo "sprofondamento sociale" - La rivolta è la prima grande sollevazione contro lo sprofondamento sociale, che è la condizione tipica di esistenza del proletariato metropolitano contemporaneo. Situazione contrassegnata dalla razzia del lavoro, dallo smantellamento dei servizi, dall'usura finanziaria, dalla metodologia militaristica delle forze dell'ordine. E che è più accentuata nelle banlieues. Ed è la prima grande sollevazione messa in atto dalle forze giovanili che in questa situazione occupano l'estremità inferiore. Se per certi aspetti esteriori (la distruzione di cose materiali) la sollevazione richiama alla memoria le rivolte dei proletari neri di Watts e di Detroit di quarant'anni addietro, nella sostanza di classe essa è legata ai rapporti sociali della fase attuale. È una sollevazione contro una situazione sociale che si è determinata negli ultimi due decenni e, in modo esplosivo, nell'ultimo. Per questo la campana suona per tutti i paesi superindustrializzati.
3º) La sollevazione come mezzo necessario per affermare la dignità di classe - La rivolta ha avuto un suo senso di marcia collettivo in quanto ha colpito ripetutamente le infrastrutture d'ordine e istituzionali e si è cimentata in scontri continui con la polizia. A tutti gli insorti era chiaro dove e come materializzare la collera, dove e come proiettare il proprio impeto violento, dove e a cosa arrivare. Essi avevano come sentimento comune, come ideale comune, la volontà di affermare, di imporre, con la forza il rispetto della propria dignità sociale. Non sono andati oltre e non potevano andare oltre perché la loro carica tendeva ad esigere dal governo dal potere dalla polizia rispetto per la propria personalità individuale e collettiva. I giovani e i giovanissimi hanno affrontato la polizia, fisicamente, per riscattare il loro onore, la loro dignità sociale, umiliata quotidianamente sul piano economico sociale e politico. E ora pagano a migliaia il loro coraggio, represso dalla tenaglia polizia-giudici. Tutto questo indica che la rivolta di massa è necessaria, anche per difendere soltanto la dignità sociale.
4º) L'esplosività della crisi sociale e la limitatezza dei raggruppamenti rivoluzionari - Il collante della rivolta è stato la comune condizione di classe degli insorti. La rivolta non aveva e non ha prodotto una propria ideologia di classe. E ciò per la ragione che essa non è stata, né preparata né promossa, da forze rivoluzionarie. I giovani delle banlieues non sono ancora sufficientemente preparati e organizzati né sul piano economico-sociale né sul piano politico. E non potevano dare alla loro strepitosa sollevazione alcuna prospettiva di potere o un obbiettivo politico di carattere generale. Questa mancanza di attrezzatura politica non è una carenza propria della rivolta; rimanda all'attività dei raggruppamenti rivoluzionari. E segnala che c'è un divario notevole tra la maturità esplosiva dei contrasti sociali e la capacità di azione di questi raggruppamenti. Senza entrare nel merito della posizione assunta e dell'attività svolta dai raggruppamenti francesi, che esula dal nostro esame, dobbiamo salutare sentitamente i banlieuesard, i quali, con la loro imbattibile e prolungata rivolta, oltre a evidenziare il predetto divario, hanno riempito di entusiasmo le avanguardie internazionali.
– Milano ottobre – dicembre 2005.-
Edizione a cura di
RIVOLUZIONE COMUNISTA
SEDE CENTRALE: P.za Morselli 3 - 20154 Milano
e-mail: rivoluzionec at libero.it
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RIVOLUZIONE COMUNISTA
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Majakovskij
il corrispondente scrive!
Il giornale murale colpisce
meglio di una pallottola
della baionetta
dei gas
e quando
il corrispondente scrive
deperisce la guardia bianca e il ladro.
Avanti, corrispondenti !
Sia questa la vostra parola d'ordine:
"Scrivere a bruciapelo!
Mirate alla radice!"
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