[Redditolavoro] Taranto - lo scandalo sentenza ex-nuova siet-ILVA

cobasta cobasta at libero.it
Tue Nov 16 14:59:21 CET 2010


ex -nuova siet . allo scandalo della sentenza , va seguito lo scandalo della 
mancata presentazione della sentenza a 11 mesi dalla sua emissione

l'on.lazazzera ha avuto il merito in questi giorni di sollevare in 
parlamento con una interrogazione parlamentare a risposta scritta al 
Ministro della giustizia e al Ministro del lavoro la questione della 
sentenza per la vicenda ex-nuova siet-ILVA da parte della corte d'appello, 
che richiamiamo con l'allegata interrogazione parlamentare
siamo di fronte a uno scandalo, la sentenza emessa dal giudice Marsano l'11 
dicembre 2009, con dichiarazione di suo deposito entro 90 giorni, a 
tutt'oggi
16 novembre 2010 non è stata ancora depositato, impedendo quindi che sia la 
Procura, sia le parti impegnate , i lavoratori ex-nuova siet, sia lo slai 
cobas taranto parte civile in questo processo, possano conoscere le ragioni 
di una sentenza che ha rovesciato il verdetto di primo grado
questo mancato deposito va considerato ancora più grave se si pensi che così 
si va a una certa prescrizione e intanto il giudice marsano è andato in 
pensione..
dato che si tratta di una vicenda che in primo grado aveva portato a una 
forte condanna per Riva padre e figlio, e che vede interessati 300 
lavoratori è ragionevole pensare che in questa storia ci sia qualcosa di 
veramente discutibile
lo slai cobas ha deciso a questo punto di dire basta e tre iniziativa 
vengono prese entro dicembre
- la prima è lettera alla procura della repubblica, per sollecitare i passi 
necessari alla presentazione delle motivazione della sentenza
- la seconda è una iniziativa di protesta e di conferenza stampa presso la 
Corte d'appello il 24 novembre prossimo
- la terza è un esposto querela dello slai cobas contro la persona del 
giudice Marsano, con la quale vogliemo portare all'attenzione dell'opinione 
pubblica i fatti relativi alle sentenze emesse da questo giudice... 
questione che non riguarda solo la vicenda nuova siet

slai cobas per il sindacato di classe taranto
coordinamento provinciale di taranto
16 novembre 2010
cobasta at libero.it
347-1102638

interrogazione parlamentare


Atto a cui si riferisce:
C.4/09398 inistro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche 
sociali. - Per sapere - premesso che:l'acciaieria Nuova Siet, ex consociata 
dell'Ilva, ha operato per anni nello stabilimento...





ZAZZERA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle 
politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'acciaieria Nuova Siet, ex consociata dell'Ilva, ha operato per anni nello 
stabilimento siderurgico tarantino;
sin dal 1971, i lavoratori dell'azienda si sono occupati degli appalti per i 
trasporti, del trattamento delle scorie liquide, loppe, minerali, calcari, 
materiali ferrosi, dimostrando grandi capacità tecniche ed organizzative. 
L'azienda arrivò ad occupare circa 600 dipendenti con alta specializzazione 
nei trasporti collegati al ciclo integrato per la produzione dell'acciaio e 
derivati;
alla fine degli anni '90 tuttavia l'Ilva, guidata dalla famiglia Riva, 
decise di non rinnovare la commessa e di disdire tutti gli appalti con la 
Nuova Siet, costringendola a cedere tutti i beni aziendali. Dunque l'Ilva 
assorbì le attività svolte dalla consociata e mise in mobilità tutto il 
personale;
ai lavoratori fu poi proposto di rientrare in azienda sulla base di un nuovo 
contratto. Molti accettarono, costretti dalla morsa della disoccupazione. In 
tal modo l'Ilva attinse ai benefici contributivi per il personale in 
mobilità;
conseguentemente i lavoratori tornarono a svolgere la medesima attività, con 
gli stessi mezzi e procedure, ma non alle stesse condizioni. Infatti risulta 
che i nuovi contratti non riconoscevano le anzianità né quanto maturato in 
anni e anni di lavoro dai dipendenti, che peraltro subirono decurtazioni 
salariali (circa un milione di lire gli operai e due milioni gli impiegati). 
Tutto ciò in violazione di ogni accordo sindacale;
grazie all'esposto depositato da Slai Cobas, la vicenda fu oggetto di una 
approfondita indagine da parte della procura di Taranto, che ascoltò i 
lavoratori, l'ufficio provinciale del lavoro e sequestrò molta 
documentazione, tra cui un accordo transattivo, che a quanto risulta, 
sarebbe stato fatto firmare in bianco. Sia le famiglie dei lavoratori che 
l'INPS si costituirono parte civile per i danni subiti;
la magistratura accertò l'ipotesi del ricatto e la violazione dei princìpi 
sul trasferimento di azienda. Secondo quanto rilevato dal pubblico ministero 
l'azienda avrebbe agito con animo speculativo, e sarebbe incorsa nei reati 
di estorsione e di tentata estorsione ai danni dei lavoratori che si 
sarebbero rifiutati di sottoscrivere il nuovo contratto;
il 20 settembre 2007 il giudice di primo grado ha emesso la sentenza di 
condanna a carico degli imputati. Il presidente Emilio Riva, il figlio 
Claudio e il capo del personale dell'acciaieria, Italo Biagiotti, sono stati 
condannati a quattro

anni di reclusione per truffa ai danni dell'INPS ed estorsione, mentre il 
rappresentante della Nuova Siet, Giovanni Perona, è stato condannato ad un 
anno e due mesi per truffa;
secondo la magistratura l'Ilva avrebbe internalizzato illegalmente l'azienda 
e avrebbe violato le leggi che tutelano i lavoratori;
i Riva, Italo Biagiotti e Giovanni Perona hanno proposto appello e l'11 
dicembre 2009 la Corte ha emesso la sentenza, riservandosi di depositare le 
motivazioni nel termine di 90 giorni. Il dispositivo tuttavia, ribaltando 
completamente l'esito del processo di primo grado, assolve gli imputati 
perché «il fatto non sussiste»;
l'esito del processo di secondo grado certamente lascia stupiti, e nega ai 
lavoratori e alle famiglie il riconoscimento dei danni subiti. Inoltre 
risulta che non siano ancora state depositate le motivazioni, nonostante il 
termine fissato dal presidente della Corte -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di evitare 
che il ritardo delle motivazioni possa pregiudicare eventuali azioni di 
impugnativa da parte dei lavoratori.
(4-09398)


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