[Redditolavoro] solidarietà con arundhathi roy
procomta
ro.red at libero.it
Mon Nov 15 14:47:32 CET 2010
Arundathi Roy
Dichiarazione
Scrivo questo da Srinagar, nel Kashmir. I giornali di questa mattina dicono
che potrei essere arrestata con l'accusa di sedizione per quello che ho
detto nelle ultime assemblee pubbliche sul Kashmir. Ho detto quello che
milioni di persone qui dicono ogni giorno. Ho detto quello che io e altri
commentatori dicono e scrivono da anni. Chiunque si preoccupi di leggere le
trascrizioni dei miei discorsi vedrà che fondamentalmente erano appelli per
la giustizia. Io ho parlato per la giustizia del popolo del Kashmir che vive
sotto una delle dittature militari più brutali del mondo; per i Pandit del
Kashmir che vivono la tragedia di essere stati scacciati dalla loro terra
natale; per i soldati Dalit uccisi in Kashmir le cui tombe io ho visitato
sui mucchi di spazzatura nei loro villaggi a Cuddalore; per i poveri indiani
che pagano materialmente il prezzo dell'occupazione e stanno imparando a
vivere nel terrore di quello che sta diventando uno stato di polizia.
Ieri andavo a Shopian, la città delle mele del Kashmir del Sud, che è
rimasta chiusa per 47 giorni lo scorso anno, per protesta contro il brutale
stupro e assassinio di Asiya e Nilofer, le due giovani i cui corpi furono
trovati nelle acque basse del ruscello sotto casa loro, e i cui assassini
non sono ancora stati portati di fronte ai giudici. Ho incontrato Shakeel,
marito di Nilofer e fratello di Asiya. Ci siamo seduti in un circolo di
persone pazze di dolore e rabbia, che avevano perso ogni speranza di avere
"insaf" - giustizia - dall'India, ed erano convinte che ora "Azadi" - la
libertà - era la loro unica speranza. Ho visto giovani che tiravano pietre a
cui avevano sparato negli occhi. Ero con un giovane che mi raccontava di tre
suoi amici, adolescenti del distretto di Anantnag, che erano stati
imprigionati e a cui erano state strappate le unghie come punizione perché
avevano lanciato pietre.
Nei giornali c'è chi mi accusa di fare "discorsi d'odio", di voler mandare a
pezzi l'India. Quello che dico, invece, nasce dall'amore e dall'orgoglio.
Nasce dal fatto che non voglio che le persone siano uccise, stuprate,
imprigionate, che vengano loro strappate le unghie per costringerli a dire
che sono indiani. Viene dal fatto che voglio vivere in una società che si
sforza di essere giusta. Pietà per la nazione che deve mettere a tacere gli
scrittori che dicono quello che pensano. Pietà per la nazione che ha bisogno
di mettere in prigione chi chiede giustizia, mentre gli assassini comuni,
gli assassini di massa, i truffatori delle corporazioni, i saccheggiatori,
gli stupratori e tutti quelli che depredano i più poveri dei poveri
viaggiano liberi.
Arundathi Roy
26 ottobre 2010.
Noi sottoscritti esprimiamo la nostra solidarietà a tutti coloro che lottano
in India per impedire lo scempio dei diritti umani, la guerra, il genocidio,
la devastazione ambientale.
Giorgio Cremaschi dirigente FIOM
Giulio Bonalli medico
Claudia Piccinotti precaria della scuola
Daniela di Marco studentessa
Maria Grazia Ardizzone impiegata
Anna Cetronio studentessa
Maurizio Fratta pensionato
Silvana Grippi impiegata universitaria
Lorenzo Bargellini facchino
Roberto Pelazzi redattore della rivista Fuori Binario
Paolo Zammori insegnante
Giancarla Ceriani disoccupata
Giacomo Zuccarini studente
Sara Ardizzone studentessa
Luigi Maj artigiano
Giovanni Maj pensionato
Maria Grazia da Costa infermiera
Mauro Pasquinelli commerciante
Giuseppe Pelazza avvocato
M. Gabriella Solaro insegnante
Giorgio Gattei docente universitario
Monhajar Driss operaio
Luca Minghinelli operaio
Carlo Sacco pensionato
Maria Ingrosso insegnante
Sergio Starace pensionato
Roberto Grienti disoccupato
Vladimiro Giacchè dirigente d'azienda
Rosario Attanasio operaio
Sergio Poli operaio
Riccardo Monsani rappresentante
Elisa Capaccioli studentessa
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