[Redditolavoro] veneto - vertenza Damiani Zara

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Sat Jul 24 10:13:49 CEST 2010


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Sent: Friday, July 23, 2010 11:09 PM
Subject: vertenza Damiani Zara


SLAI Cobas per il sindacato di classe

coordinamento provinciale costitutivo di Treviso - relazione pubblica - 23 
luglio 2010

IL CASO DAMIANI - TECNOLOGIA E SFRUTTAMENTO

a) SEI NIGERIANA E TI SEI SPOSATA ? TI LICENZIO !

b) IL GIOCO DELL'ASSEMBLAGGIO, IL GIOCO DELL'APPRENDISTATO

Nei mesi scorsi si è avuta una estensione della ns.presenza nella provincia 
di Treviso. Nell'ambito di questo processo, che prosegue tra molti ostacoli 
e difficoltà, ma che è praticamente una scelta obbligata di quei proletari 
che, cercando una organizzazione sindacale, cercano qualcuno che non li 
freghi e che dia loro la possibilità di essere attori della propria vita 
lavorativa, ci trovano, nonostante la pochezza dei nostri mezzi e la 
limitata diffusione dei nostri volantini e locandine nel trevigiano.

In questa situazione, siamo venuti in rapporto con alcune lavoratrici di due 
aziende collegate, operative nella stessa sede, e rifacentesi alla stessa 
proprietà, la Damiani e Zara e la Damiani Laboratorio, due aziende di 
assemblaggio di microchip e componenti elettronici su schede madri destinate 
alle aziende che possiedono i marchi di prodotti dvd, lettori, televisori, 
ecc.

Una realtà tecnologicamente di medio livello, comprendente lavoro in linea 
ma anche a banco, però come dimensioni e "gestione", rifacentesi ad un 
"modello veneto" improntato familiarmente, che purtroppo ben conosciamo.

Le due vertenze iniziate riguardano due lavoratrici nigeriane. La prima, di 
ritorno dal matrimonio (congedo di 15 giorni), dopo quasi due anni di 
lavoro,  si è vista licenziata in tronco. Aperta la vertenza alla fine di 
aprile di quest'anno dopo la revoca da parte della lavoratrice del mandato a 
Cgil (che non gli aveva dato alcuna notizia sul prosieguo della vertenza 
dopo oltre un mese), con la sua seconda impugnazione del licenziamento e la 
richiesta di differenze retributive viste le scorrettezze economicamente 
rilevanti, presenti nelle buste paga delle lavoratrici, si è giunti 
all'inizio di luglio all'accordo con un ns.legale incaricato, di reintegro e 
corresponsione delle mensilità perdute. Il reintegro è avvenuto, non la 
corresponsione. Tuttavia il clima al rientro non era da festa, siamo venuti 
a sapere da altre sue compagne di lavoro, che il clima con i capi che 
controllano entrambi i processi produttivi, è più teso, che si sente urlare, 
ecc. Oltre a questo, da alcuni giorni, le è fatto divieto di restare in 
azienda durante la pausa pranzo. Questo fatto è avvenuto dopo una visita del 
medico del lavoro dell'Azienda, peraltro fuori provincia, che ha valutato 
l'idoneità, ma che durante l'"esame", che secondo noi dovrebbe essere fatto 
SOLO ed esclusivamente dai medici del lavoro ASL-SPISAL, le ha anche chiesto 
cose della sua famiglia che secondo noi non hanno nulla a che vedere con la 
idoneità al lavoro. Per questo motivo si è a questo punto aperta una terza 
vertenza, dopo la mancata conciliazione circa le differenze retributive.

Nel caso della seconda di queste lavoratrici, si è contestato immediatamente 
l'inquadramento contrattuale. Assunta come apprendista, tentano di 
giustificare questa irregolare e non conforme al vero, decisione di 
inquadramento, con periodiche contestazioni. In passato, la lavoratrice non 
si era rivolta a nessuno, ed aveva quindi avuto alcune contestazioni 
disciplinari e sanzioni non impugnate. La lavoratrice in questione, lavorava 
al banco e in linea, sia in una che nell'altra azienda, facendo le stesse 
cose delle altre, e certo non più lentamente di loro, tuttavia, inquadrata 
com'è, il suo salario arriva raramente agli 800 e rotti euro, pur lavorando 
ad orario pieno. Si è contestata sia la natura dell'inquadramento, sia le 
numerose scorrettezze economicamente rilevanti, utilizzate nelle buste paga, 
con una richiesta di differenze retributive per oltre 3 anni di rapporto di 
lavoro, di oltre dieci mila euro, chiedendo anche l'inquadramento come 
operaia allo stesso livello delle sue compagne. Tra l'altro alla lavoratrice 
non era stato dato un "tutor", non aveva un libretto tipo Confartigianato 
ecc., dell'apprendistato, con i corsi svolti, timbri e firme, ecc.. Lavorava 
autonomamente. La richiesta di vertenza noi la si era mandata ad aprile alla 
DPL di Treviso, ed arriva a giugno, con fissazione di udienza a luglio, alla 
Azienda. Ecco subito, appena avuta notizia di questa cosa, che alla metà di 
giugno avviene una "gabala". Durante il montaggio di una commessa di schede, 
viene fermata dal capo la attività della lavoratrice e di altre, affermando 
che il chip che si stava montando era un'altro rispetto agli ordini di 
produzione. I due chip, visti in internet, sono praticamente uguali, (vedasi 
schede tecniche in pdf, A     e B), però è evidente che le cassettine con i 
codici e il materiale da assemblare sono operazioni lavorative comunque 
sotto la responsabilità dei capi. Fermata la produzione, era stata poi la 
titolare a dare il via che si continuasse pure. Questi fatti erano avvenuti 
verbalmente a pochi minuti di distanza l'uno dall'altro. Per cui il lavoro 
era ripreso e la commessa consegnata il 16 giugno. Dopo oltre un mese dalla 
consegna, il 19 luglio, contestazione disciplinare di aver sbagliato a 
montare 800 chip ! Evidentemente intenzionati ad un licenziamento in tronco, 
l'azienda articolava altre 6 contestazioni disciplinari distribuite tutte e 
7 nell'arco di due settimane, il 8 luglio una, il 14 tre, il 19 altre tre.

La prima e la seconda contestazione riguardano uno stesso fatto, la mancata 
presenza della lavoratrice in casa durante una malattia classificata così 
anziché infortunio in itinere (un'auto suv le era andata addosso mentre 
svoltava in bicicletta per recarsi al lavoro a 100 metri dall'azienda: 
abbiamo noi soli affrontato altri tre casi simili -due in bicicletta-  a 
operaie-operai nigeriani tra Venezia e Treviso in due anni), quindi tre 
giorni dopo l'infortunio (del 5 luglio), la lavoratrice, il 8, era in visita 
dalla dottoressa ASL, ma siccome sul campanello il medico INPS non aveva 
trovato il suo nominativo, (evidentemente qualcuno aveva staccato l'ennesimo 
adesivo visto che l'amministratore di condominio non ha mai messo il suo 
nome sotto la plastica del campanello), le contestazioni sono state due, la 
prima, non essere stata presente l'8 mattina a casa, la seconda, udite gente 
udite !!! non avere il campanello sul portone di casa !

La terza contestazione riguarda effettivamente una sua leggerezza. Recatasi 
in tabaccheria per mandare il certificato di malattia del 12-17 luglio, alla 
Azienda, scriveva un numero su un foglio, ma la tabacchina inviava al numero 
della carta intestata su cui aveva scritto questo numero. Risultato, 
ritardata consegna, perché glie lo aveva poi portato a mano al ritorno, ma 
la Azienda nega di averlo ricevuto.

La quarta contestazione riferiva genericamente di "indisciplina" alla 
lavoratrice. Siamo per l'annullamento per genericità di questa 
contestazione.

La quinta contestazione riguarda il fatto che la lavoratrice al ritorno 
dalla malattia (prima contestazione del genere in 3 anni e mezzo, anche alle 
altre non è stata mai eccepita una cosa del genere) "DOVEVA" recarsi dal 
datore di lavoro, "come specificato nel regolamento aziendale", che la 
lavoratrice NON ha mai ricevuto. A dire il vero ha un foglio di disposizioni 
interne, ma in questo foglio NON vi è alcuna indicazione del genere. Il 
colmo è comunque che la lavoratrice si era comunque presentata di persona 
alla datrice di lavoro al rientro in Azienda, consegnandole appunto il 
certificato, che l'Azienda nega di aver ricevuto da Lei.

La sesta contestazione, riguarda appunto la mancata consegna e spedizione 
del certificato dei gg. 12-17. L'Azienda avrebbe potuto chiederlo all'INPS, 
ma ha preferito contestare. Si è prodotto allora, visto che la lavoratrice 
NON ne ha copia, ed una la ha l'INPS, una dichiarazione del medico ASL di 
averla fatta, e la lavoratrice si è impegnata a procurarsene copia presso 
l'INPS.

Giunti a questo punto, anche a questa lavoratrice si impedisce or ora di 
rimanere in Azienda durante la pausa pranzo.

In questa situazione, la lavoratrice ha dato risposta a tutte le 
contestazioni, e attendiamo le sanzioni per andare in arbitrato, ma abbiamo 
aperto anche per lei, come per la prima, vertenza per mobbing e per 
l'impedimento a rimanere al coperto in azienda durante la pausa pranzo. 
Entrambe abitano abbastanza lontano dall'Azienda, e certo non hanno i soldi 
per andare a mangiare in un bar.

La difficoltà di organizzare un Cobas in una realtà lavorativa piccola come 
questa, che complessivamente vede circa 25 persone tra dipendenti e capi, 
non ha sinora impedito di sperimentare una vertenza di tipo avanzato (specie 
la questione dell'apprendistato ed i tentativi aziendali di far passare la 
lavoratrice per impreparata), che mette in discussione il falso modello 
bonario "veneto".

Un modello razzista, perché l'assunzione ed "inglobamento" nelle Aziende, 
dei lavoratori immigrati, in questo caso nigeriani, ma un po' di tutte le 
nazionalità, viene attuata dalle Aziende, specie dove non ci sono sindacati 
né Rsa come in queste due aziende, senza alcun riguardo a che questi 
lavoratori sappiano anche solo LEGGERE le pagine che vengono loro messe 
sotto il naso per la firma.

Nelle pieghe della precarizzazione e del razzismo, quelle modalità 
"irregolari" che sono "scienza" di molti esperti di contabilità aziendale e 
di paghe, trucchi, come quelli che abbiamo verificato nelle buste paga di 
queste lavoratrici, che corrispondono a circa 2-3 mila euro almeno di 
retribuzione sottratta in un anno lavorativo. Trucchi che non sono "reati", 
viste le modalità sul falso in bilancio stile Berlusconi, ma che lo sono per 
noi, che viviamo di stenti, di pochi soldi, e di nessuna sicurezza. Una 
sicurezza che proprio il re del trevigiano, il coneglianese Sacconi, non 
ritiene importante per il futuro del paese, lui che intende il paese per le 
etichette della pubblicità ed i range delle quotazioni in borsa. Questo 
spiega alcuni ostacoli ed ostracismi che abbiamo anche avuto in passato, e 
speriamo non più, da parte dell'Ufficio Ispettivo della DPL di Treviso, sia 
con mancate convocazioni ai tentativi monocratici di conciliazione, sia con 
mancata documentazione (accesso agli atti).

Contro questa tendenza il sindacalismo di base e di classe deve opporre 
l'unità nella costruzione del Sindacato di classe del proletariato, senza 
alcuna vergogna (noi non ne abbiamo mai avuta) di questa parola e 
condizione, condizione che si può superare solo con la lotta di classe, e 
non con i passaggi individuali da proletari o piccolo-borghesi, a reggenti 
di piccole realtà di sfruttamento camuffate dietro la tecnologia e la 
virtualità. Perché la vita è materiale, non è virtuale.


__________ Informazione NOD32 5304 (20100723) __________

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