[Redditolavoro] SCHIAVI E CAPORALI, a Natale scandalo false cooperative

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Sat Dec 11 20:20:02 CET 2010


SCHIAVI E CAPORALI, a Natale scandalo false cooperative 

Venerdì 10 Dicembre 2010 

Descrizione: http://sicobas.org/images/stories/piatt.jpgVengono usate come
forma di outsourcing, con il vantaggio che i "soci" sono facilmente
licenziabili. Fini mutualistici solo sulla carta, così si sfruttano i
benefici su fisco e costo del lavoro. L'influenza di mafia e 'ndrangheta. 

di DAVIDE CARLUCCI e SANDRO DE RICCARDIS da "La Repubblica Milano" -
10.12.2010

 

Alla catena di montaggio che prepara il Natale, nei cubi di cemento dei
grandi centri logistici che riforniscono gli scaffali dei supermercati di
luci e decorazioni, entrano che non è ancora l'alba ed escono che è già
notte. Nelle grandi piattaforme della grande distribuzione, sperdute nelle
campagne di tutta Italia, sgobba una nuova classe di lavoratori. Sono gli
schiavi del Natale. Formalmente, soci di cooperative. In realtà persone che,
di fatto, hanno meno diritti dei dipendenti delle aziende classiche, con la
sola differenza che spesso non sanno bene chi è il loro padrone. Due coop su
tre, dicono le ispezioni delle direzioni provinciali del lavoro, sono
irregolari. Ma quante sono allora in Italia le "cooperative spurie"? Quanti
dipendenti occupano? E perché sia il sistema economico che la criminalità
organizzata ricorrono sempre più a questa tipologia d'impresa che produce un
valore aggiunto di 40 miliardi di euro, il tre per cento del totale
nazionale?

LE DENUNCE

"Con questo mezzo, gli operai ad essa aderenti pensano di fare il primo
passo nella via della loro emancipazione, poiché sottratto il lavoro da ogni
dipendenza, l'associazione offrirà ad essi il modo di istruirsi, di educarsi
e di togliersi dallo stato di miseria e soggezione in cui oggi si
trovano...". Fa tenerezza rileggere le parole dello statuto della prima
cooperativa modenese, fondata a Finale Emilia nel 1886, e confrontarle con
il racconto che Juan, 124 anni dopo, ha reso alla procura di Lodi. Con altri
quattro connazionali, il 36enne boliviano ha denunciato gli ingranaggi del
sistema del lavoro nero nella piattaforma Dhl di San Giuliano Milanese, dove
lo smistamento dei pacchi natalizi moltiplica il numero di colli da
movimentare. "Ho girato diverse cooperative. I nomi cambiavano in
continuazione ma i responsabili erano sempre gli stessi...". L'ultima "non
mi consegnò mai il contratto di assunzione. Ma il quindici di ogni mese un
caporale mi pagava in contanti. La mia busta paga era sempre a zero ore.
Lavoravo nel settore carico con una mansione pericolosa, che richiedeva,
però, velocità e lucidità. Poi abbiamo contattato il sindacato e ci siamo
ribellati. Ma quando tornai in azienda, l'addetto alla sicurezza non mi fece
entrare: ero licenziato".

Ora Juan ha ottenuto il permesso di soggiorno in base all'articolo 18 della
legge sull'immigrazione, quello utilizzato di solito dalle prostitute per
fare arrestare i protettori. E come lui gli altri colleghi che hanno
denunciato, oggi collocati in una vera cooperativa, la "Lotta
all'emarginazione" di Sesto San Giovanni. Le prime segnalazioni della
Filt-Cgil sulla piattaforma di San Giuliano risalgono all'aprile 2008. "Ai
lavoratori regolarmente assunti venivano assegnati orari sempre più ridotti
in modo da provocarne le dimissioni affinché fossero sostituiti da
extracomunitari con permessi di soggiorno falsi...". Simon, anche lui
boliviano, quarantenne, racconta di aver lavorato per più cooperative e di
ricevere lo stipendio "su una carta di credito prepagata intestata a mio
nome". Le cifre sono sempre minori di quelle concordate. Sulle denunce di
Juan, Simon e gli altri è aperta un'inchiesta della direzione provinciale
del lavoro di Milano. Molte coop citate nelle denunce, nel frattempo, hanno
licenziato gli operai, come la Padana servizi - 70 in un colpo solo, con un
semplice fax - o risultano inattive, come la Alfa coop e la Vidac.

IL BOOM

In Italia le cooperative sono 151mila, calcola l'ultimo rapporto di
Unioncamere. E mostrano, a differenza delle altre imprese, "una notevole
resistenza alle difficoltà della crisi", con un saldo positivo tra
cessazioni e nuove costituzioni. Quasi la metà del totale (45 per cento)
sono al Sud, ma è al Nord che creano più occupazione. Sicilia e Lazio sono
le prime regioni per diffusione, seguono Lombardia e Campania, dove in media
crescono del 2%. Sono il 2,1% del totale delle imprese italiane, con un
milione e 400mila lavoratori impiegati ormai in ogni settore. La logistica -
dove operano grandi gruppi come Colser di Parma (3000 dipendenti), Ucsa di
Milano (1700), Gesconet di Roma, Cal di San Giuliano Milanese (900 soci),
Piave di Torino, Transcoop di Reggio Emilia - è solo uno dei settori delle
coop, che ora operano anche nell'outsourcing. Per esempio, grandi compagnie
di assicurazioni hanno delegato a piccole coop di giovani diplomati -
inserite all'interno di gruppi imprenditoriali molto floridi - lavori che
prima erano riservati agli interni, ottenendo più flessibilità, ma anche la
possibilità di lasciare a casa i "soci" quando le commesse scarseggiano. Un
vero e proprio boom si registra poi nella sanità, nell'informatica, nelle
telecomunicazioni, nell'edilizia, nel settore delle pulizie fin anche
all'intermediazione finanziaria, all'istruzione, alla formazione privata.
Con picchi di crescita superiori alla media delle altre imprese, soprattutto
per quanto riguarda donne e immigrati. Ma cosa c'è dietro questa esplosione
di vitalità? Un rilancio in grande stile o un uso distorto della forma
cooperativa come quello che denunciano i facchini di San Giuliano Milanese?

IL RACKET

Dietro, spesso, ci sono soltanto delle truffe. Storie che sanno di
caporalato e che riempiono decine di inchieste, dal Trentino alla Sicilia.
Imprenditori, commercialisti, avvocati e consulenti fiscali sono i registi
di reti di società intestate a prestanome con le quali danno avvio
all'impresa criminale. Come funzionano le coop-patacca? Il meccanismo è
quasi sempre lo stesso. S'intestano le cooperative ad anziani, disabili,
tossicodipendenti, che in cambio di una firma ricevono poche decine di euro.
Poi si dà il via all'attività, sfruttando le agevolazioni previste per
questo genere d'impresa, con assunzioni in nero, buste paga inferiori ai
pagamenti effettivamente corrisposti, straordinari nascosti in altre voci
contabili, contributi e tasse non versate. Formalmente, i lavoratori
sfruttati sono soci della coop. Ma essendo ricattati, le loro decisioni sono
dirette dal presidente o dai suoi fantocci. Quando gli investigatori
arrivano alle società, si trovano di fronte a società in liquidazione, a
patrimoni pari a zero, ad amministratori fittizi. Ma non sempre i furbi la
fanno franca.

Il caso più noto è quello di Padova, dove un'operazione della Guardia di
Finanza ha smantellato una "associazione per delinquere finalizzata
all'evasione fiscale". Una rete di cooperative intestate a titolari di
comodo, quasi tutte nell'orbita della Compagnia delle opere, aveva evaso 30
milioni di euro tra oneri previdenziali, fiscali e contributivi non versati.
I militari hanno sequestrato anche 18 milioni di euro in contanti, titoli di
società ed immobili tra Veneto, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna. Tra i 21
indagati e i tre arrestati c'erano Willi Zampieri, 40 anni, presidente della
società con un passato in Forza Italia; il commercialista Paolo Sinagra
Brisca e una consulente del lavoro, ex tesoriere del Consiglio provinciale
dell'Ordine, Patrizia Trivellato. Diecimila euro al giorno venivano
reinvestiti in bar e negozi, mentre centinaia di lavoratori restavano senza
contributi previdenziali. Le loro condizioni di lavoro sono lo spaccato del
moderno schiavismo camuffato da cooperativismo: permessi per malattia o
maternità negate, ferie inesistenti.

Un caso isolato? Pare proprio di no. Nella capitale economica del paese,
Milano, teoricamente il luogo più evoluto nei rapporti di lavoro, dal primo
gennaio al 31 agosto 2010, gli accertamenti hanno svelato 1101 posizioni
irregolari: collaboratori a progetto che nella realtà erano soci, lavoratori
senza riposo giornaliero o settimanale, "con schede cronografiche infedeli,
straordinari contabilizzati come indennità di trasferta, per le quali non è
previsto il versamento di contributi", spiega il direttore provinciale del
Lavoro di Milano, Paolo Weber. In otto mesi, gli ispettori della Direzione
provinciale del lavoro hanno recuperato ben 426.780 euro di contributi non
versati.

COOPERATIVE A DELINQUERE

La favola dell'assistenza e della mutualità ha fatto il suo tempo. E in
questa grande finzione, fa presto a infiltrarsi la criminalità organizzata.
A Corigliano Calabro la Finanza ha indagato a maggio 352 persone per truffa
all'Inps: una cooperativa agricola che aveva denunciato falsi rapporti di
lavoro per 35mila giornate agricole era, in realtà, riconducibile a una
cosca della 'ndrangheta. A Gioia Tauro, invece, la "Cooperativa lavoro", che
gestisce il traffico di migliaia di container, aveva stretto una sorta di
joint-venture con le famiglie Piromalli, Alvaro e Molè. E in Campania è la
camorra a utilizzare le coop nel settore dei trasporti e dei parcheggi.
L'Ortomercato di Milano, che si prepara a garantire una cornucopia di frutta
e pesci di ogni tipo sulle tavole degli italiani imbandite per il Natale, è
stato per anni il regno dei clan. Nella memoria depositata nel processo
concluso a maggio con la condanna dei boss della cosca Morabito-Bruzzaniti,
il pm Laura Barbaini ricostruisce il ruolo del prestanome Antonio Paolo che
"formalmente assume presso la cooperativa Scai il socio lavoratore Salvatore
Morabito, l'uomo conosciuto da tutti come criminalmente potente, e nella
sostanza cede al consorzio i suoi contratti di appalto migliori: quale per
esempio quello con Dhl Express Italy srl e con Tnt Poste". Le cooperative -
scrive il pm - servono ai clan anche per riciclare denaro sporco "attraverso
la falsa fatturazione o l'emissione di assegni circolari intestati a
nominativi di lavoratori stranieri dipendenti e incassati da prestanomi". In
questo modo, creano "importanti disponibilità in contanti per l'acquisto di
droga". Anche al boss di Cologno Monzese, Marcello Paparo, le cooperative
del suo consorzio di facchinaggio e pulizie per i supermercati Sma ed
Esselunga servivano solo per prelevare contanti da investire in affari
illegali. E nel capoluogo lombardo c'è l'ombra del riciclaggio anche
nell'omicidio di Pasquale Maglione, un avvocato casertano che rappresentava
diversi consorzi di origine campana nel rapporto tra colossi della logistica
e sindacati.

IL DUMPING E LA CONCORRENZA SLEALE

Ma anche quando non c'è la mafia, le statistiche dicono che le cooperative
sono, una miniera di profitti in nero. Più delle altre società. A Milano,
come a Lecco, l'82% di quelle ispezionate risultano irregolari; a Brindisi
il 37%; a Cuneo il 65, a Pescara il 40, a Padova il 67,7. In media, il 65%
sono irregolari. Anche nel settore dei servizi sanitari e sociali si
diffonde l'illegalità: a Siena la Gdf ha scoperto a luglio una coop che per
quattro anni aveva lavorato in nero con anziani, minorenni e disabili.
Gonfiavano i rimborsi, s'inventavano trasferte inesistenti in giorni
improbabili - come il 31 giugno - e in questo modo, secondo la Finanza,
"riuscivano a garantirsi, a costi competitivi, la presenza sul mercato degli
appalti pubblici". Con prezzi stracciati, è facile sbaragliare la
concorrenza degli onesti. Il ministero del Lavoro, nel 2007, aveva tentato
di arginare il fenomeno con un protocollo che considerava i ribassi del 30
per cento "un fattore di distorsione del mercato". Si decise di dar vita
agli "osservatori permanenti", coordinati dalle direzioni del lavoro. Pochi
ispettorati, però, sono riusciti a tener d'occhio le cooperative spurie. Che
hanno una vita media di due anni ed espellono i soci che osano prendere sul
serio i loro diritti. Com'è successo, ad esempio, ai 16 soci eritrei della
cooperativa "Il papavero" di Cerro al Lambro, in provincia di Milano, che
lavora per la Gls, che ha tra i suoi committenti le poste inglesi: a
febbraio avevano indetto un regolare sciopero, ad agosto si sono ritrovati
licenziati. E ora, assistiti dal SiCobas, hanno aperto due vertenze: in una
il datore di lavoro è tacciato di comportamento "discriminatorio". Due
settimane fa il tribunale del lavoro di Firenze ha dato loro ragione. Ma,
prima della magistratura, chi dovrebbe fare tutte le verifiche?

I CONTROLLI FANTASMA

La maggior parte delle pseudocoop non fanno parte delle centrali (Legacoop,
Confcooperative, eccetera) che prevedono verifiche sugli affiliati. "C'è il
potere ispettivo del ministero dello Sviluppo - spiega Stefano Zamagni,
economista e presidente dell'agenzia per le Onlus - ma gli ispettori sono
pochi, è difficile controllare. Noi possiamo intervenire solo per le
cooperative sociali, ma solo inoltrando le denunce alla Guardia di finanza e
all'Agenzia delle entrate. Nella maggior parte dei casi si ricorre alle
cooperative solo per evadere il fisco e avere agevolazioni. Lo spirito
mutualistico di una volta è sparito". Così finisce che le cooperative
anziché unire i lavoratori consentendo loro di emanciparsi, li dividono
ulteriormente. In questi giorni nei magazzini Gs-Carrefour di Pieve
Emanuele, in provincia di Milano, operai cinesi, egiziani e italiani stanno
il dando il meglio di sé. Sono i "soci" che hanno accettato i nuovi ritmi,
160 colli stoccati all'ora, imposti da una nuova coop che sostituiva la
precedente. Quelli che hanno detto no, erano stati espulsi. Ora hanno vinto
la loro battaglia, e hanno ritrovato il lavoro.

 

 

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