[Redditolavoro] licenziato rls a bergamo

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Sat Aug 14 13:25:12 CEST 2010


E' inaccettabile quanto è accaduto alla BODEGA, trafileria d'alluminio di 
Cisano
Bergamasco, circa 220 dipendenti. Ieri all'inizio del turno, Davide Rossi, 
delegato
rsu Fiom da 6 anni e componente del direttivo della Fiom di Bergamo, si vede
consegnare lettera di licenziamento e libretti.
La vicenda è questa.
Tanto per capirsi, Cisano Bergamasco è un piccolo comune, fortemente
industrializzato, tra la provincia di Bergamo e quella di Lecco, nel cuore 
della
Padania leghista, quella dei "padroni a casa nostra" sui muri delle case.
L'8 luglio, nelle giornate più calde del mese, in uno dei tre stabilimenti 
della
Bodega, un lavoratore addetto al magazzino si accascia a terra dopo tre ore 
di lavoro
e muore. Infarto, 58 anni e pochi mesi alla pensione. Dopo poche ore, andati 
via
ambulanza e carabinieri, qualcuno torna a casa; molti riprendono a lavorare, 
perché
così comanda l'azienda.
Nessuno della direzione pensa di avvisare o dare spiegazioni su quanto 
avvenuto né ai
delegati né agli rls. Tanto meno alle organizzazioni sindacali 
territoriali - Fim
Fiom Uilm - che seguono la fabbrica.
La notizia arriva - di terza mano - soltanto il giorno successivo. Circola 
voce che
un lavoratore è morto per cause naturali. Ma - ribadisco - nessuno, né i 
delegati, né
gli rls, né le organizzazioni sindacali, sanno esattamente come si sono 
svolti i
fatti, quando e come sono arrivati i soccorsi, se e quando le forze 
dell'ordine hanno
accertato l'accaduto. Peraltro, nello stabilimento le condizioni di lavoro 
non sono
esattamente quelle di un ufficio, potete immaginarlo, e nei reparti il caldo 
in quei
giorni è insopportabile.
Avendo ricevuto notizie soltanto da terzi, come sindacalista della Fiom che 
segue
quella fabbrica decido di avvisare le autorità competenti per chiedere le 
dovute
verifiche. Prima chiedo però a  Davide e Carlo - rispettivamente Rsu e Rls - 
di
staccarsi in permesso sindacale, andare nello stabilimento e chiedere, nel 
pieno e
regolare esercizio della loro attività sindacale, cosa è successo.
Nel vederli lì, semplicemente a chiedere informazioni, la responsabile del 
reparto va
in escandescenza. Forse - comprensibilmente - è ancora scossa da quanto 
avvenuto il
giorno prima e inizia a urlare e a insultarli. Nessuno dei presenti la 
provoca,
nessuno - come invece viene contestato dall'azienda - prova nemmeno 
lontanamente a
insinuare una qualche responsabilità della signora nella tragedia avvenuta. 
Anzi,
Davide, nonostante venga ripetutamente insultato, prova a calmarla.
Poco dopo arriva anche il padrone della fabbrica. Anche lui si mette a 
insultare
pesantemente il delegato e gli ordina urlando di andare via. Davide, 
nonostante gli
insulti, rivendica di essere lì in qualità di Rsu. Di fronte a un episodio 
grave come
quello accaduto il giorno precedente ha il diritto e il dovere di verificare 
i fatti
e le condizioni di lavoro, tanto più che l'azienda non ci ha informato di 
niente. Che
si tratta, come poi dopo sarà più chiaro, di morte naturale, Davide ed io lo 
abbiamo,
fino a quel momento, sentito soltanto da voci di corridoio!
Peraltro, che quel lavoratore - a 58 anni e dichiaratamente cardiopatico - 
fosse
nelle condizioni di svolgere quel lavoro, io francamente conservo tuttora il 
dubbio.
Se esiste un certificato medico che dichiarava la sua idoneità a quelle 
mansioni,
come dice l'azienda, né io né Davide lo abbiamo mai visto.
Pochi giorni dopo, il 14 luglio, vengo ricevuta, insieme a Fim e Uilm dal
responsabile del personale e dalla Confindustria. In quella sede l'azienda 
non dice
niente sulle lettere di contestazione che ha già scritto. Anzi, fa intendere 
che non
sa come andrà avanti.
Nel frattempo, durante l'incontro, Davide viene accusato di raid, blitz, 
azione
punitiva, intimidazione. Io vengo - ridicolmente - accusata dalla 
funzionaria di
Confindustria di maschilismo, perché difendo due uomini che avrebbero, così 
lascia
intendere l'accusa, pressoché aggredito la responsabile - donna - del 
personale.
Il giorno dopo arrivano le lettere, datate 13 luglio. Si dice che Davide, il
rappresentante per la sicurezza e un altro lavoratore - sempre iscritto alla 
Fiom e
presente lì quasi per caso - hanno assunto un "comportamento di riprovevole 
gravità"
e accusato l'azienda e la responsabile del reparto della morte del loro 
collega.
Dopo pochi giorni arriva la sanzione disciplinare: tre giorni di sospensione 
per il
rappresentante della sicurezza. Il licenziamento per Davide.
Davide, delegato sindacale e componente del direttivo della Fiom di Bergamo, 
è stato
licenziato per rappresaglia anti-sindacale. Perché nell'esercizio delle sue 
funzioni
è andato a chiedere come e in quali circostanze un suo collega è morto nel 
suo posto
di lavoro il giorno prima. La Fiom di Bergamo contesterà il licenziamento 
per vie
legali. Per lunedì 26, intanto, è indetto un presidio ai cancelli dello 
stabilimento
principale, cui parteciperanno lavoratori e delegati di tutto il territorio.
Il fascismo aziendale modello Fiat non si ferma né a Melfi né a Mirafiori né 
a
Pomigliano. Anzi, quassù in Padania, padroni e padroncini hanno molto da 
insegnare a
Marchionne e ai suoi.
Eliana Como (Fiom di Bergamo) 



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