[Redditolavoro] [Fwd: vulcano, pensaci tu !!]
Vittoria OLIVA
huambos at virgilio.it
Fri Apr 23 12:56:19 CEST 2010
son egocentrica mi piace più il mio-)
vittoria
http://controappunto.splinder.com/tag/effetti+collaterali
----- Original Message -----
From: "cybergodz" <cybergodz at ecn.org>
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Sent: Friday, April 23, 2010 10:45 AM
Subject: [Redditolavoro] [Fwd: vulcano, pensaci tu !!]
W IL VULCANO ;-)
-------- Messaggio Originale --------
Oggetto: vulcano, pensaci tu !!
Data: Fri, 23 Apr 2010 10:39:21 +0200
...
Guardate qui (dal Manifesto 20.4.10)
-Vulcano islandese emissioni/giorno di co2 15.000 tonnellate
-Aerei europei “ “349.000 “
-Fermo aerei: inquinamento evitato al giorno 206.000 “
*******
Manifesto 20.4.10
Guglielmo Ragozzino
Il vulcano anti inquinamento e l'Europa
Il settimanale Internazionale pubblica online una illustrazione tratta
dal sito "Information is beautiful" con la quale suggerisce un diverso
parere, in tema di inquinamento vulcanico, il caso del giorno. O,
chissà, dell'anno. È difficile raccontare una vignetta, ma questa è
semplicissima.
Si tratta di tre triangoli, non di uno soltanto, come nell'immagine
famosa di El Lissitzky: il primo triangolo dei tre, il più grande,
rosso, rappresenta l'inquinamento giornaliero originato in Europa dal
traffico aereo: 349 mila tonnellate di CO2. A fianco un triangolo
minuscolo e rosso anch'esso: 15 mila tonnellate della stessa CO2,
causate in un giorno dall'eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajokull.
Sotto, il terzo triangolo, di colore nero, al contrario degli altri due.
Anch'esso è molto corposo, rappresenta 206 mila tonnellate di CO2 e sono
quelle risparmiate per la cancellazione del 60% dei voli in Europa, il
primo giorno del disastro. Ancora ieri però in Europa si contavano tra
8.000 e 9.000 voli, il 30% del traffico normale. Se la lotta principale
è contro l'inquinamento, ci vogliono venti vulcani per causare i danni
degli aerei in Europa, a ranghi completi.
Non tutto il male viene per nuocere, potrebbe notare un irriducibile
ecologista; e potrebbe fare lo stesso anche uno spiritoso no global. Del
resto la velocità e la possibilità di spiazzamento rapido offerta dai
voli, per affari, per turismo, per noia, è un elemento portante della
globalizzazione.
Quest'ultima sarebbe molto diversa, o forse non esisterebbe affatto nei
modi e nei tempi cui siamo abituati, senza aerei, aeroporti, terminali.
Sugli aerei, di linea contraddistinti da tre classi, o anche quattro
classi, se si comprende anche il popolo di paria che si accalca nei
low-cost, o peggio, i paria - a giudizio dei ricchi delle classi
opulente - che si accalcano nei viaggi charter. Al di sopra di tutto e
di tutti, l'iperclasse che si crede padrona del mondo e vola con jet
privati, personali o aziendali e sceglie gli orari e non deve aspettare
mai e aggira i controlli che valgono per il pubblico pagante.
Poi risulta che metà delle persone che conosciamo sono disperse in
qualche aeroporto per via di questo blocco vulcanico dei voli; e stese
per terra, senza conforti, imparano a fare i profughi, a vivere la vita
dei migranti, sia pure con disagi molto ridotti e la sicurezza di
arrivare - prima o poi - a destinazione. Avviene di tutto, in pochi
giorni. Si direbbe che si impara di nuovo a vivere, andando piano. Ma
sono le storie esemplari che danno il senso dell'effimero a una
costruzione che credevamo - o temevamo - fortissima. C'è il temutissimo
Leo Messi che arriva in torpedone, viaggiando un paio di giorni, per
giocare una decisiva partita di calcio a Milano; e c'è un'immagine, che
forse commuove il pubblico femminile: la figurina, davvero emblematica,
anche se sembra inventata di sana pianta, di Danilo Taino sul Corriere
della Sera. E' Angela Merkel, seduta sul guard-rail, lungo l'Autostrada
del Sole, in attesa che sia cambiata la gomma al torpedone adibito al
trasporto del suo seguito, stampa compresa. Viaggia, la donna più
potente del mondo - verso Cracovia, o forse verso Berlino - dopo essere
atterrata a Pisa, proveniendo dalla California, via Lisbona. Un viaggio
da valigia sperduta.
L'uno e l'altra di questi grandi personaggi, per l'impossibilità di
volare, sono costretti a terra; e certo non sono i soli. Questo mette in
crisi tutto il sistema di protezione e di premure, e di privilegi che
circonda la vita dei vip e li rende per una volta un po' più simili ai
comuni mortali. Questo vuol dire che il vulcano islandese dal nome
indicibile è un vero democratico?
Quando la crisi bancaria ha fatto fallire l'Islanda che è stata
ricomprata dalle banche inglesi, in Europa e nel mondo c'è stato un
disinteresse totale. Un'isola inutile, da riportare al baratto - baratto
di cosa, oltretutto? - comunque da escludere dai fastigi della
globalizzazione. Un'ironia della storia, ed ecco che l'Islanda, mettendo
in campo uno solo dei suoi mille vulcani, mette in forse tutto il
castello della globalizzazione. E in Islanda i cieli sono limpidi e i
voli per il resto del mondo - Europa a parte - proseguono.
Occorrerebbe ripensare alla nostra costruzione, tanto avida e tanto
fragile. Un Islandese, un grande viaggiatore che ha incontrato
nell'Africa profonda la gigantesca Natura «bella e terribile, di occhi e
capelli nerissimi» ci potrebbe aiutare, solo che riflettessimo sulla sua
storia. L'Islandese di cui racconta il giovane, ventiseienne, Giacomo
Leopardi era viaggio, cercando di sfuggire alla Natura. «Così fugge lo
scoiattolo dal serpente a sonaglio, finché gli cade in gola da sé
medesimo. Io sono quella che tu fuggi». L'Islandese spiega lungamente
alla Natura che lo ascolta perché non gli vada bene niente: «sono stato
arso dai tropici, rappreso dal freddo verso i poli.... In altri luoghi
la serenità ordinaria del cielo è compensata dalla frequenza dei
terremoti, dalla moltitudine e dalla furia dei vulcani, dal ribollimento
sotterraneo di tutto il paese». E poi parla delle malattie che lo hanno
assalito, «nonostante che io fossi, come sono ancora, non dico
temperante, ma continente dei piaceri del corpo...». La Natura lo sta a
sentire, e poi gli risponde. Credi che io mi occupi di te, ma sono
indifferente alla tua sorte. «Immaginavi tu forse che il mondo fosse
fatto per causa vostra?» Quando «vi offendo in qualunque modo e con qual
si sia mezzo io non me ne avveggo». E in cambio «se io vi diletto o vi
benefico, non lo so». L'Islandese replica, disperato: è colpa tua, tu mi
hai fatto e ora devi aiutarmi. Ma lei non gli dà scampo: «...la vita di
questo universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione»; tu
ne sei parte. Quindi non lamentarti. A questo punto intervengono due
leoni macilenti che «ebbero appena la forza di mangiarsi
quell'Islandese; e presone un poco di ristoro, si tennero in vita per
quel giorno». Ma forse non è andata così, Leopardi stesso è incerto. «Un
fierissimo vento» avrebbe coperto di sabbia come in un «altissimo
mausoleo» l'Islandese che divenuto perfetta mummia «fu poi ritrovato da
certi viaggiatori e collocato nel museo di non so quale città d'Europa».
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