[Redditolavoro] SCACCO MATTO

Dario.mariani dario.mariani at email.it
Thu Oct 8 12:50:42 CEST 2009


SCACCO MATTO





La concomitanza della sentenza della Corte Costituzionale e del maxi
risarcimento (750 mln) per l’affaire Mondadori, più la
presentazione dell’associazione “Italia Futura” di Luca di
Montezemolo e, in aggiunta, l’apertura della procedura
d’infrazione per l’Italia per deficit eccessivo – che
comprende anche altri Paesi, ma che per l’Italia è stata
motivata per “problemi strutturali” – non sono certo
casuali. E’ uno di quei momenti nei quali la storia gira di boa: solo
lo skipper attento se n’avvede. Il destino di Silvio Berlusconi
– delle sue televisioni, delle sue battute e delle sue puttane –
francamente, giunti a questo punto, c’appassiona ben poco.



Starà a lui decidere se accettare un compromesso che preveda una
clausola di salvaguardia per il suo patrimonio, oppure decidere di salire
con Bossi fino alla “Ridotta della Valtellina”.



Rimanendo in metafora, il 7 Ottobre 2009 è paragonabile allo sbarco
in Sicilia del 10 Luglio 1943: il 25 Luglio, l’8 Settembre ed il
definitivo 25 Aprile furono solo le ovvie conseguenze.



Uscendo di metafora, è oramai chiaro che la parabola di Berlusconi
s’avvia al definitivo declino: i prossimi mesi ci riserveranno
infiniti tira e molla giudiziari, convocazioni per i processi, opposizioni
per “motivi istituzionali” e via discorrendo. Il destino,
però, è segnato. Qualcuno si domanderà quale sia stata
la causa scatenante: le puttane d’alto bordo sono sempre esistite,
eppure non hanno mai condizionato la vita di un governo. Lo scandalo
Profumo? Sì, ma Christine Keeler era molto vicina ai servizi
sovietici e nemmeno la Lewinsky riuscì a scalzare Clinton: non ci
risulta che la D’Addario sia una “pedina” di chissà
quale servizio segreto, tanto meno che lavori per un’opposizione
inesistente.
Il problema di Silvio Berlusconi è che la sua condotta morale, il suo
agire nel panorama economico ed il suo carattere sbruffone offrono migliaia
di pretesti per attaccarlo. Lui stesso, che non lo riconoscerà mai
pubblicamente, se ne sarà reso conto. 

Dove cercare, allora, le ragioni di questo scacco, il quale avviene con
motivazioni che la Corte non prese nemmeno in esame per il precedente
“Lodo Schifani”, ossia la non costituzionalità della
legge?
Bisogna scendere un poco dai titoli roboanti, da partita di calcio: capire
che – in fin dei conti – quel che conta è il denaro,
l’economia. Se la sentenza della Corte ed il risarcimento per il
processo Mondadori possono essere circoscritti all’ambito nazionale
– sottolineo, possono – la procedura d’infrazione per
l’Italia (soprattutto la motivazione) e “l’apertura”
di Montezemolo non sono fatti interni. La famosa “pista
inglese”, che portava a Mario Draghi, è svanita poiché
Fini ha messo le mani avanti: niente governi tecnici o istituzionali. Dello
stesso tenore le dichiarazioni d’altri politici.

Il problema dell’Italia è che, se essa fosse semplicemente la
Grecia od il Portogallo, non sarebbe un problema. Ecco ciò che
spaventa Bruxelles.



Invece, l’Italia è un grande Paese in Europa, una nazione
popolosa con un apparato produttivo diversificato in molti settori:
l’industria, però, che non tira più, crisi o non crisi
finanziaria, perché “imballata” da troppi anni di
non-governo. I “numeri” negativi italiani sono alti ed
impressionano poiché non sono stati generati dalla crisi finanziaria
internazionale, se non di riflesso, bensì da un andazzo che va avanti
da un ventennio e che non riesce a trovare soluzioni. 

Silvio Berlusconi s’è sempre piccato (insieme a Bossi)
d’essere il paladino della piccola e media impresa, quella che
dovrebbe (a dir loro) “resuscitare” l’Italia dallo stato
d’abbandono nel quale si trova.



Governi di varia natura hanno messo a disposizione dell’apparato
produttivo italiano, polverizzato in mille realtà sul territorio,
provvedimenti legislativi da brivido: i risultati sono sotto gli occhi di
tutti. Anni nei quali è mancata totalmente ogni forma di
programmazione economica, vissuti “pericolosamente”, ammettendo
l’inammissibile. Tanto per citarne una, lo scempio di una legge (30 o
Biagi, come vi pare) che ha consentito d’abbattere i costi della
manodopera a livelli di Terzo Mondo. Ha prodotto qualche effetto? Nessuno.
Perché?

Poiché l’imprenditoria italiana ha utilizzato quelle norme non
per creare imprenditoria d’avanguardia, al fine di trasformare quei
posti in lavoro sicuro, bensì per tentare di produrre cinturini per
orologi ad un centesimo in meno della Malaysia. Fallendo. In questo senso,
l’Italia sì che s’è staccata dal resto
d’Europa, finendo in una deriva che nessuno riesce più a
capire: l’istruzione è ridotta a classi di 40 persone –
sì, è giusto! – gli infortuni sul lavoro sono uno
stillicidio di morti – sì, è normale! – le
esportazioni languono: sfiga. 

Ovviamente, questo quadro – lo rammento a chi, come chi scrive, crede
fermamente che le ricette europee siano soltanto un diverso aspetto del
turbo-capitalismo, niente che possa donarci un futuro onorevole –
è tutto interno ad un dibattito delle borghesie: noi, i paria, non
c’entriamo niente. Saremmo fessi, però, a non mettere questi
processi sotto la lente d’ingrandimento, perché ci riguardano.
In quale ottica, allora, dobbiamo considerare “l’uscita”
(ampiamente prevista) di Montezemolo: il nuovo Signor Fiat cosa ci vuole
raccontare?

Dopo il fallimento della piccola e media impresa, Montezemolo torna sulla
scena per riunire il “salotto buono” della grande borghesia,
quello che un tempo si radunava sotto le insegne del Partito Liberale.
In buona sostanza, ad un capitalismo bislacco lasciato in mano ad
incompetenti, Montezemolo oppone una visione del “futuro” che
è nuovamente appannaggio della grande impresa, la sola che può
competere negli scenari internazionali poiché ha “fiato”
per promuovere la ricerca, ha “tempi” che le consentono la
perdita, nell’attesa di tornare a conquistare mercati.




Lo schieramento politico non-berlusconiano (Fini compreso, presente alla
presentazione di “Italia Futura”) sembra sposare in toto le
prediche di padron FIAT: vai, Luca, mostraci la strada, saremo con te fino
alla vittoria! O alla morte.

Sì, perché si tratterà soltanto di un nuovo modo per
“adattare” gli schemi berlusconiani – nessun diritto per i
lavoratori, chi s’oppone è comunista, chi scrive contro
è un “nemico”, ecc – al nuovo scenario: avremo
così dei Fini, dei Casini o magari dei Bersani che ci racconteranno
le medesime solfe un’ottava più alte o più basse, a
scelta.

La vera riflessione che dovremmo porci è che questo sistema –
il capitalismo – non funziona più, perché siamo in grado
di produrre ogni bene in quantità incommensurabili, ma non troviamo
sufficienti acquirenti.
Ecco, allora, aprirsi la strada della decrescita: produrre quel che serve,
riportare indietro l’orologio alle comunità legate da reali
vincoli d’appartenenza, senza cedere – parallelamente – ai
localismi.
Le sperimentazioni, nel Pianeta, esistono ed hanno dato risultati più
che confortanti: auto-produzione d’energia e di prodotti alimentari di
qualità, gestione comunitaria dell’educazione, interazione
cosciente e consapevole con il territorio.

Queste sarebbero conquiste, veri passi in avanti per tentare di consegnare
ai nostri figli un futuro migliore: invece, sembra che il match sia tutto
centrato sui processi, sui Galli, sulle parole vuote e sulle puttane.



Osserviamo pure, ma restiamone fuori.

Carlo Bertani

Link: http://carlobertani.blogspot.com/2009/10/scacco-matto.html



 



8.10.2009


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

 
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