[Redditolavoro] A come agricoltura
frengo at anche.no
frengo at anche.no
Mon Nov 30 13:06:42 CET 2009
On Mon, 30 Nov 2009 11:34:42 +0100 (ora solare Europa occidentale),
"matilde" <matilde at inventati.org> wrote:
> guardo con grande ammirazione le trasmissioni sull'agricoltura in cui
> vengono mostrati esempi di coltivatori che sgobbano ma traggono grandi
> soddisfazioni dal loro lavoro autonomo, ma non hanno tutti i mezzi per
> farlo
> una base di partenza familiare, un fondo per l'avvio, o anche un minimo
di
> capacità-passione per coltivare, mungere, fare formaggio, ecc.
> Dovremmo immaginare la possibilità di organizzare corsi soprattutto in
> questo ambito, per disoccupati che vogliano seguirli. Anch'io vorrei
> seguirne.
> Laura
Be' non so a quali trasmissioni ti riferisci, però mi sono fatto un'idea
(non so quanto realistica) sulla situazione, vivendo in una famiglia
contadina pugliese.
Senza dubbio hai ragione che è un bel mestiere e può dare grandi
soddisfazioni in termini di autonomia, questo solo apparentemente però per
i consorzi o le piccole/medie imprese. Dico apparentemente perché non c'è
verso di sfuggire alle leggi del mercato, e in questa situazione chi ne
risente di più sono proprio i piccoli agricoltori autonomi, quelli che
producono davvero, e che sono i più sparsi.
Solo per farti un esempio della situazione alquanto ridicola: questo è
periodo della raccolta delle olive, che alla macinazione vengono pagate 35
cent al kg (quanto una sigaretta). Questa estate l'uva non è andata oltre i
45 cent al kg. Si può immaginare quali ritmi impone questo lavoro se fatto
in una certa maniera. Se si mettono in mezzo i costi si va in perdita (come
è successo questa estate per l'uva); e sì perché se non usi prodotti e
concimi speciali, che costano un botto, puoi star certo che il prodotto lo
tieni la a marcire perché non la compra nessuno, se trovi uno o due vermi
da qualche parte (la domanda, visto che l'offerta abbonda, è molto
selettiva e bada ai dettagli spesso come pretesto per abbassare il costo).
Secondo me, se si vuole pensare di proporre l'agricoltura ai disoccupati
proponendogli di diventare piccoli agricoltori per creare merce da vendere
ai mercati, allora è tanto meglio restare disoccupati o andare a rubare.
Senza contare delle trasformazioni che questo campo sta subendo dal punto
di vista tecnologico. Un tempo (ed anche ora), se si restava senza lavoro
si era sicuri che in campagna si poteva guadagnare la giornata (come
operaio comune), ma adesso i proprietari di terre (anche piccoli
agricoltori autonomi) cominciano a far uso di macchinari nuovi (spesso
presi in affitto o su commissione), riducendo la manodopera vera e
risparmiando sulle giornate da pagare, ed ottenendo anche un risultato
migliore. Secondo me, vedendo queste trasformazioni accelerarsi, senza
dubbio ci sarà un aumento della disoccupazione in questo campo, con un
ampliamento del mercato di questi macchinari prodotti dalle grandi
multinazionali. Cioè in definitiva, a chi pensa allo stipendio conviene più
fare un mutuo e comprare un trattore, e lavorare su commissione, che fare
l'agricoltore autonomo. Questo porta ovviamente alla perdita della
conoscenza vera e propria sul campo, perché si ha sempre meno contatto con
la pianta, ma va be', la conoscenza per loro deve rimanere nelle èlite
universitarie.
E poi c'è una questione dovuta alla situazione territoriale. Seguendo la
tua proposta bisognerebbe creare una rete che sia ampia perché spesso a
livello provinciale (se non regionale) la produzione è specializzata solo
su un determinato tipo di frutto. Per esempio, in Puglia ci sono per lo più
olive, Sicilia arance, per dire, ecc. Gli stessi agricoltori qui nel nord
barese, supponendo che fossero capaci di costruire una rete, non saprebbero
che farsene dei loro stessi prodotti. Si può pensare di estendere ad altri
campi, creare una rete di agricoltori con panettieri, pescatori, ecc. così
diventa più sostenibile. Ma qui sto fantasticando.
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