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Wed Jul 22 15:33:17 CEST 2009






Nuovo incidente alla Lucchini di Piombino, sei feriti. Il mondo del lavoro è
in rivolta

di Anna Maria Bruni

ROMA - Mentre il mondo politico si esercita in provvedimenti devastanti da
una parte e corsa alle primarie dall'altra, il mondo del lavoro è martoriato
da incidenti, e continua a combattere con la sola sponda sindacale, contro
una politica industriale che, sorretta dalle scelte di politica economica
del governo, come unica ricetta di uscita dalla crisi riesce a immaginare
solo tagli. Tagli ai posti di lavoro, tagli salariali, tagli agli
investimenti e sulla sicurezza. E i prezzi pagati sono altissimi.

Dopo gli ultimi incidenti mortali di sabato a Firenze, Napoli, e alla Asso
Werke di Fornacette, in provincia di Pisa, dove ha perso la vita Luigi De
Muzio, ieri sera intorno alle 22 si è verificato un'esplosione alle
acciaierie Lucchini di Piombino che ha coinvolto 6 lavoratori, dei quali uno
è in gravi condizioni a causa di un trauma toracico. L'esplosione è stata
provocata da una fuoriuscita di acciaio liquido venuto a contatto con 
l'acqua.
Gli altri 5 lavoratori sono rimasti intossicati. La segreteria nazionale
della Fiom ha emesso un comunicato nel quale denuncia la "strage sfiorata",
che "dimostra gravi carenze nei mezzi utilizzati e una più generale
inefficienza nell'organizzazione del lavoro - continua il comunicato - a
fronte dell'aumento di produzione con un minor organico coinvolto". 
L'infortunio
"non può essere addossato alla fatalità o ad errori nei comportamenti dei
lavoratori. Al contrario - prosegue la nota - è l'ennesima riprova che nella
crisi le imprese non applicano correttamente le norme per la tutela della
salute dei lavoratori e, anzi, arrivano a disinvestire nella sicurezza con
un conseguente aumento degli infortuni". La stessa tragedia di Viareggio è
lì testimoniare cosa vuol dire disinvestire sulla sicurezza, ricordavano i
Rls fra cui Dante de Angelis che, a conferma di questa politica, è stato
licenziato per aver denunciato il pessimo stato di manutenzione nel quale si
trovano i treni, e ancora attende di essere reintegrato. "La Fiom - conclude
il comunicato - riconferma la volontà di continuare ad opporsi alla
scellerata intenzione del Governo di cancellare il Testo Unico".

Ma la politica dei tagli prosegue. La Fiat, con decisione unilaterale, ha
tagliato il premio di risultato da 1.100 euro a 600. Una decisione 
dell'azienda
sottoscritta il 17 luglio con l'ennesimo accordo separato da Fim Uilm e Ugl,
mentre negli stabilimenti gli scioperi di questi giorni registravano
adesioni al 90 per cento. La Sata di Melfi, la Sevel della val di Sangro,
Termini Imerese, Mirafiori, la Cnh di Modena, la Magneti Marelli di Bari. E'
un chiaro segnale che "i lavoratori non ci stanno" dice la Fiom, che
"considera insufficiente la corresponsione di 600 euro" e chiede che "venga
corrisposto per intero il Premio di Risultato annuale". Ma non solo gli
stabilimenti Fiat sono in rivolta. Dal 90 al 100 per cento varia l'adesione
allo sciopero dei dipendenti Carrefour, che sostanzialmente hanno mandato
deserti i centri commerciali del gruppo in tutta Italia. 547 posti di lavoro
in gioco, e disdetta unilaterale del contratto integrativo come risposta
agli scioperi. Un comunicato congiunto delle segreterie Filcams-Cgil,
Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil sottolinea che il successo dello sciopero,
nonostante la minaccia dei posti di lavoro, dimostra il malcontento dei
lavoratori e la necessità di trovare un'alternativa alla messa in mobilità e
ai licenziamenti. A Catania, i lavoratori della Cesame, storica fabbrica di
ceramica sanitaria, chiusa nel dicembre 2007, hanno occupato la sede della
regione. 140 sono gli operai rimasti senza lavoro che ancora non hanno visto
traccia di cassa integrazione. Vicenda che si replica in Toscana, perché
nonostante sia una delle prime regioni a sottoscrivere con le parti sociali
la cigs in deroga, solo il 7 luglio il ministro dell'Economia ha firmato il
decreto per l'assegnazione alle regioni dei fondi necessari. Il rischio è un
congestionamento dell'Inps per la procedura di liquidazione, che potrebbe
far slittare i pagamenti in autunno. Persone senza lavoro, con famiglie a
carico.

Altra fabbrica nell'occhio del ciclone è la Sat, sempre a Catania, dove i
lavoratori si sono costituiti in cooperativa per rilevare i macchinari e
continuare la produzione, ma da febbraio sono in assemblea permanente dopo 
l'approvazione
della svendita di tutti i macchinari. Loro non ci stanno, e sabato hanno
bloccato i cancelli all'autorità giudiziaria. Vicenda che ricorda da vicino
la Innse Presse di Milano, dove i lavoratori, nonostante il tentativo di
svendita da parte del padrone, hanno continuato la produzione fino a che non
sono stati allontanati, dopodiché hanno occupato la portineria per evitare
che i macchinari siano portati via. Altro sciopero ad oltranza con
occupazione dei cancelli nella fabbrica tessile Cherry Grove di Vignola in
provincia di Modena, contro "la decisione unilaterale della proprietà - si
legge nella nota Filtea-Cgil Femca-Cisl - di mettere in liquidazione 
l'azienda,
lasciando senza tutele le maestranze (37, in prevalenza donne) e senza la
garanzia del pagamento dello stipendio di giugno". La richiesta di parte
sindacale è il ritiro della messa in liquidazione, e l'apertura di un
confronto per l'adozione di ammortizzatori sociali a tutela 
dell'occupazione.
In Sardegna invece, dopo la mobilitazione dei lavoratori è la volta dei
sindaci, quelli di Porto Torres, Sassari e Alghero, che minacciano le
dimissioni se non verrà ritirata la decisione di chiudere il Petrolchimico
di Porto Torres. E domani è la volta dei lavoratori Telecom, che scenderanno
in sciopero contro la scelta unilaterale dell'azienda di indire gare al
massimo ribasso su tutto il territorio, che rischiano di minare tutte le
imprese coinvolte nel settore, come la Sirti, la Sielte, la Site, la Ciet e
tante altre.

Le conseguenze di una politica industriale pagata a caro prezzo dal costo
del lavoro si possono leggere negli accordi separati, sostenuti dalla
"riforma" del mondo del lavoro del ministro Sacconi, e purtroppo da una
fetta del mondo sindacale Cisl e Uil che troppo spesso si accoda. Ma sono
sotto gli occhi di tutti, per chi le vuol vedere. A cominciare dalle
categorie della Cgil che si apprestano al Congresso navigando in mare
aperto.


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