[Redditolavoro] Peacereporter intervista il portavoce di Hamas in
Cisgiordania
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frengo at anche.no
Thu Jan 15 12:45:39 CET 2009
*Peacereporter intervista il portavoce di Hamas in Cisgiordania*
Ayman H. Daraghmeh, deputato di Hamas, è stato appena eletto portavoce
del movimento islamico in Cisgiordania. La nomina ha poco a che fare con
la sua carriera di parlamentare del Consiglio Legislativo palestinese.
Daraghmeh è uno dei pochi deputati di Hamas rimasti in libertà, visto
che il suo predecessore è stato arrestato dalla polizia israeliana, nel
silenzio di Fatah, il giorno prima. Lo stesso Daraghmeh, da un giorno
all'altro, potrebbe seguire i suoi compagni di partito.
/Se le venisse offerta una possibilità, in due parole, come spiegherebbe
il movimento di Hamas?
/Hamas è un movimento di resistenza, che lotta per ottenere la libertà
nell'ambito della legge internazionale. La legge internazionale che
vuole per lo stato indipendente di Palestina i confini del 1967,
Gerusalemme capitale, il rilascio dei prigionieri politici e il ritorno
dei profughi. Storicamente la Palestina è dei palestinesi, ma noi a
queste condizioni accettiamo un compromesso con la politica.
Riconoscere l'esistenza di Israele? Lo decideranno i palestinesi, ma già
da tempo i leader di Hamas si sono detti pronti a rivedere le posizioni
del passato se i diritti dei palestinesi verranno rispettati.
/Dovremmo parlare di politica e di democrazia, ma è difficile in queste
condizioni. Ancora un parlamentare palestinese arrestato, sono 45 i
deputati in carcere.
/
Noi abbiamo cominciato il nostro processo democratico nel 2006,
nell'ambito di elezioni che tutta la comunità internazionale ha valutato
valide. L'ex presidente statunitense Carter le ha definite una delle
migliori tornate elettorali nel mondo, in quanto a trasparenza. Solo
Israele non ha gradito il risultato, boicottando il risultato delle urne
e dando il via alla violazione del rispetto della sovranità popolare
palestinese. Perché a loro non piacciamo, perché il risultato non era
buono per Olmert o per Condolezza Rice. Allora cos'è questa democrazia?
I palestinesi hanno eletto i loro deputati, nessuno può ritenere che
questi non vadano bene. Eppure nessuno ha imposto a Israele di
rispettare le nostre elezioni. Nessuno. Come nessuno chiede a Israele di
rispettare le risoluzioni dell'Onu, i confini del 1967 o lo status di
Gerusalemme. Nessuno. Israele viola apertamente il diritto
internazionale e pretende di parlare di processo di pace mentre manipola
la situazione sul terreno, cambiando le carte in tavola a suo favore. Le
faccio un esempio: dopo gli accordi di Oslo del 1993, da tanti salutati
come un passo verso la pace, Israele ha permesso l'insediamento di mezzo
milione di coloni in Cisgiordania. Questa non è pace. Non è pace
costruire un muro. Loro dicono che è per la loro sicurezza, ma lo
costruiscono sulla nostra terra. Lo stesso accade per le risorse
naturali, l'acqua in particolare. Il popolo palestinese è tenuto in
carcere. Si, in queste condizioni si fa fatica a parlare di democrazia.
Soprattutto ora, considerando il massacro di Gaza, dove civili innocenti
vengono uccisi senza colpa. E la comunità internazionale non muove un
dito. Com'è accaduto sempre, anche durante la Seconda Intifada. Israele
non vuole la pace. Tutto qui. Perché Israele non è una democrazia.
/In questi giorni, raccogliendo le testimonianze di tanti palestinesi,
non si capisce però, vista la situazione internazionali, per quale
motivo lanciando i razzi verso le cittadine israeliane voi continuate a
offrire un pretesto per operazioni come quella di Gaza.
/
La questione ruota attorno all'accordo della Mecca. Con il sostegno
popolare abbiamo accettato una tregua, per permettere alla popolazione
civile di Gaza di migliorare le loro condizioni di vita. L'accordo
prevedeva, in cambio della sospensione degli attacchi contro Israele,
l'apertura effettiva dei valichi di Gaza, perché potessero entrare
generi di prima necessità per i civili. In cambio di queste garanzie
avremmo sospeso il lancio dei razzi. Il governo israeliano ha violato
questo accordo, tenendo sigillata la Striscia di Gaza, portando la
popolazione civile allo stremo. E continuando anche gli attacchi contro
i civili. Lo stesso in Cisgiordania. Non usiamo i razzi perché siamo
costretti a farlo per combattere l'assedio e l'occupazione. Bush, quando
è stato eletto, aveva promesso che non avrebbe lasciato la Casa Bianca
senza portare la pace in questa regione. Fosse stato vero, fosse nato lo
stato di Palestina, non avremmo bisogno di nessun razzo, mi creda.
Avremmo offerto a Bush la presidenza onoraria della Palestina! Se hanno
tutta questa propensione alla pace, e si lamentano dei nostri razzi, non
si capisce perché hanno riempito di armi le forze di sicurezza
palestinesi, quelle vicine a Fatah, armi che sono state usate contro di
Hamas in Cisgiordania. Questa è pace? No, questo è un accordo con la
parte dei palestinesi che fa comodo a Israele, ma che non rappresenta la
popolazione civile palestinese. Io credo che sia sempre più evidente il
progetto che spesso è trapelato dalla diplomazia israeliana: la Striscia
di Gaza annessa all'Egitto e la Cisgiordania annessa al reame di Amman.
Noi ci opponiamo a questo disegno.
/
Quali sono adesso le relazioni tra Hamas e Fatah?/
La realtà la conoscono tutti, anche se in tanti tentano di mistificarla.
Hamas ha subito un colpo di Stato da parte di Fatah. L'amministrazione
Bush e Israele sono responsabili di quello che è accaduto. Ci sono le
prove del sostegno dato a Fatah per rovesciare il risultato delle urne a
nostro danno. In un altro contesto si dovrebbe andare in tribunale
perché i responsabili vengano puniti. Invece il colpo di Stato è
avvenuto, dividendo la popolazione e stringendo l'assedio a Gaza. Adesso
la situazione è quella che conosciamo tutti e i contatti sono
quotidiani. Non è facile, perché le pressioni internazionali non
agevolano un accordo, ma almeno a Gaza si è ripreso il dialogo tra noi e
Fatah, visto che non sono pochi i combattenti di Fatah che si sono uniti
alla resistenza. Le divisioni politiche vanno messe in secondo piano,
perché la nostra gente ci chiede di fermare questo massacro. Non
condividerò mai la visione politica di Abbas, tutta appiattita sulla
linea egiziana, quindi più interessata alle priorità occidentali che a
quelle palestinesi, ma serve una tregua per la popolazione civile.
Adesso questa è la priorità e Fatah e Hamas lo sanno.
/Crede che senza il controllo capillare esercitato in questi giorni da
Fatah in Cisgiordania ci sarebbe stata una sollevazione generale?
Sarebbe cominciata la Terza Intifada?
/
Non lo so, perché alla gente in Cisgiordania è stato negato il diritto
di dimostrare liberamente. Solo poche persone, molto controllate. Tanti
sono stati arrestati e minacciati, addirittura sono stati utilizzati gas
lacrimogeni contro le manifestazioni di solidarietà alla popolazione
civile di Gaza. Ma non potrà durare a lungo. Se continua questo
massacro, la popolazione si solleverà. Anche contro Fatah.
/Cosa pensa delle dichiarazioni di alcuni leader del suo partito
rispetto al mandato presidenziale di Abbas? E' ancora il suo presidente,
o ritiene esaurito il mandato?
/
Come ho detto fino a questo momento non è questo il punto della
questione. Il suo mandato è scaduto, ma lui si ostina a rimanere. Penso
però che abbiamo cose più urgenti delle quali occuparci ora.
/Cosa accadrà adesso? La Striscia di Gaza è a pezzi, mille morti e
migliaia di feriti. Cosa pensate di fare a Gaza e in Cisgiordania?
/
La situazione è drammatica. La popolazione palestinese continua a vivere
in una condizione disumana, come un popolo prigioniero, la cui esistenza
è scandita dai check - point israeliani.
Credo che, prima o poi, si arriverà a una nuova tregua. Il presidente
Abbas lavora per questo, per sospendere gli attacchi e per alleviare le
condizioni della popolazione. Ma nel lungo periodo non ho grandi
aspettative, perché non condivido l'entusiasmo di molti per l'elezione
di Obama negli Stati Uniti. Potrà cambiare qualcosa in Iraq, ma in
Palestina l'atteggiamento Usa resterà lo stesso. Un giorno, ne sono
certo, anche se non so quando, avremo l'indipendenza, e allora nessuno
parlerà più di razzi.
Christian Elia, tratto da http://it.peacereporter.net
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