[Redditolavoro] GUERRA IN SOMALIA: SI RITIRANO CON LE OSSA ROTTE
GLI ETIOPI SPALLEGGIATI DA USA E ONU...
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Tue Jan 13 19:14:33 CET 2009
COME FINISCONO GLI INVASORI...
Le truppe di Addis Abeba lasciano il Paese fra la gioia della popolazione
La parte più estremista delle Corti destinata a controllare Mogadiscio
L'Etiopia ritira le sue truppe
la Somalia in mano agli islamici
di DANIELE MASTROGIACOMO
Guerriglieri islamici a Mogadiscio
L'ETIOPIA si ritira. Abbandona la Somalia. Lo aveva annunciato più
volte. Ma oggi, alle prime luci dell'alba, dopo l'ennesimo scontro a
colpi di mortaio con i miliziani islamici degli "al Shabaab" che ha
lasciato sul terreno altri 11 civili, i 3000 soldati di Addis Abeba
hanno abbandonato la più importante base di Mogadiscio e hanno iniziato
a ritirarsi verso nord. L'avvio dell'operazione è stata accolta da
manifestazioni di gioia. Centinaia di somali sono scesi per strada tra
grida e spari di armi automatiche. La grande base è stata invasa e,
ovviamente, saccheggiata.
E' la fine di un'incursione avviata alla fine del 2006, piena di
speranze e carica di incognite. L'obiettivo era sbaragliare le Corti
islamiche che nel giro di pochi mesi avevano messo in fuga i signori
della guerra, rimasti padroni della Somalia per cinque anni tra
taglieggi e soprusi. Troppi morti, troppi attentati e soprattutto
troppo rancore tra la popolazione somala che aveva visto il proprio
Paese invaso dalle truppe di un nemico storico. Così, dopo un accordo
raggiunto tra il Governo Transitorio federale e la parte moderata delle
Corti islamiche nel novembre scorso a Nairobi, l'Etiopia ha dato il via
all'operazione di rientro.
Non si sa cosa potrebbe accadere ora. Per molti analisti, l'assenza
delle truppe di Addis Abeba potrebbe facilitare il fragilissimo
processo di pace in un paese lacerato da 18 anni di guerra civile. A
nessun popolo piace essere dominato da forze straniere. Soprattutto da
quelle che appartegono ad uno Stato confinante con cui i rapporti sono
stati sempre tesi. Ma la forza dirompente dell'ala radicale delle Corti
islamiche, dominata dagli al Shabaab ( "i giovani"), legati ad al
Qaeda, ormai padroni di gran parte della Somalia, fa temere il peggio.
Chi ha combattuto in questi 23 mesi, provocando 16 mila morti e la fuga
di oltre un milione di persone, chi ha eroso sempre più territorio,
costringendo Addis Abeba ad una difesa disperata, sono stati
soprattutto gli estremisti islamici. Milizie che asseriscono di voler
riportare ordine in questo inferno. Ma applicando in modo radicale la
sharia, la legge islamica. Nelle zone già sotto il loro controllo sono
state spente le tv, chiusi i piccoli cinema dove i somali amano andare
nelle ore più calde, imporre il velo ad una popolazione femminile
tradizionalmente laica. Se dovessero prevalere, la Somalia si
trasformerebbe nel nuovo avamposto di al Qaeda nel Corno d'Africa.
Con il ritiro delle truppe etiopiche si crea una vuoto pericolisissimo.
Sul terreno restano solo 3500 soldati ugandesi e burundesi che l'Unione
africana ha spedito sul posto undici mesi fa. Sia Kampala sia Bujumbura
hanno fatto sapere nei giorni scorsi di non essere disposti a restare
altro tempo. Temono di rimanere impantanati in un Paese che ha visto
fallire ogni missione di pace. Se non arriveranno altri soldatri di
rinforzo - ne sono stati chiesti altri cinquemila - lasceranno la
Somalia nel giro di un mese. L'Unione africana non ha più soldi. Non è
in grado di finanziare altre missioni. Ha chiesto aiuto all'Onu. Gli
Usa hanno già pronta la bozza di una risoluzione che chiede l'invio di
una forza di pace di altri 6000 caschi blu. Ma si sa che il segretario
generale Ban Ki-Moon è contrario: sostiene che la Somalia sia troppo
pericolosa.
Mentre il lungo serpentone di carri blindati e di tank iniziava ad
attraversare il Paese, nuovi scontri armati, con lanci di razzi e colpi
di mortaio, scoppiavano a Gurael, nel cuore della Somalia. In tre
giorni di combattimenti di registrano altri 50 morti. Questa volta tra
le milizie degli "al Shabaab" e un altro gruppo islamico moderato, gli
"Ahlu Sunna Waljamaca".
(13 gennaio 2009)
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