[Redditolavoro] Fw: Torna la voglia delle case chiuse
clochard
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Sat Feb 14 09:46:25 CET 2009
Indicazione della mailing list delle lucciole
Torna la voglia delle case chiuse
Si allarga il fronte del "sì": all'estero il proibizionismo ha fallito
KLAUS DAVI
MILANO
Il tema della prostituzione ritorna protagonista del dibattito politico. Se il governo sembra essersi preso una pausa di riflessione, particolarmente attive su questo fronte sono, invece, le amministrazioni locali, specie quelle di centrodestra. Fioccano i provvedimenti repressivi. Deluso per la sospensiva del Tar circa l’ordinanza che prevedeva una multa di 450 euro ai cittadini colti nell’atto di contrattare prestazioni sessuali in strada, il sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, non si è perso d’animo: già pronto un nuovo provvedimento che mira questa volta a colpire la prostituzione domestica, sanzionando chi crea disturbo nei condomini. Tutto questo, in attesa che sia calendarizzato in Parlamento e poi votato il disegno di legge Carfagna, che promette il carcere per prostitute e clienti colti sul fatto (ma che fatto?). Le nuove misure punitive, tese sostanzialmente a liberare le strade dalla compravendita del sesso, hanno trovato l’ostilità aperta, oltre che degli «addetti ai lavori» (imponente la manifestazione di protesta a Roma il 13 dicembre scorso), anche di forze di polizia e magistratura.
Posizione che pare condivisa dalla maggioranza degli italiani, come risulta da uno studio condotto dall’associazione «Donne e qualità della vita», presieduta dalla psicologa Serenella Salomoni, su un campione di 500 cittadini, maschi e femmine, di età compresa tra i 18 e i 65 anni. Per la maggior parte degli italiani (47%) la riapertura delle «case chiuse» rimane la soluzione più efficace per contrastare il fenomeno della prostituzione. Con le strade ormai off limits per le lucciole e i loro clienti, non resterebbe che individuare dei luoghi deputati all’esercizio del mestiere più antico del mondo. Quali? Palazzoni ad hoc (33%), versione moderna delle antiche case d’appuntamento, ma anche parcheggi periferici (24%), club privé (22%) o cinema porno (11%). Dallo studio, inoltre, emerge che gli italiani sull’argomento hanno un atteggiamento meno intransigente rispetto a quello del governo: per il 35% le prostitute non devono essere penalmente perseguibili, mentre per il 30% basterebbe condannarle solo a una multa. E per i clienti? La stessa percentuale di intervistati invoca anche per loro solo una sanzione pecuniaria, a differenza di un 31% che ritiene giusta la loro incriminazione. Per finire, la metà del campione (49%) ritiene giusto che le prostitute paghino le tasse, mentre il 29% è convinto del contrario poiché questo significherebbe legalizzare la prostituzione.
La diffusa contrarietà al piano del governo è corroborata da uno sguardo a quanto accade nei Paesi europei in cui la prostituzione è considerata un reato. In Svezia è proibita dal 1999, ma il fenomeno è tutt’altro che sparito. Lo stesso governo scandinavo ha ammesso che solo una «bella di notte» su sei ha rinunciato a vendersi sui freddi marciapiedi di Stoccolma. Come se non bastasse, i dati ufficiali della polizia svedese attestano, contrariamente alle aspettative, che la prostituzione clandestina è esplosa ed è ormai fuori controllo. Non va meglio in Ucraina e Thailandia. Le leggi impongono un ipocrita divieto assoluto di commerciare sesso, ma, secondo dati ufficiali, i due Paesi figurano tra i primi cinque mercati sessuali al mondo. L’Ucraina è da annoverare anche tra i principali, ignobili fornitori di «materia prima» (e si parla di giovani ragazze) per le piazze estere, mentre la Thailandia è la meta preferita del massiccio turismo sessuale proveniente da tutto il mondo occidentale. Non parliamo, poi, dell’altrettanto ipocrita legislazione americana che vieta formalmente la prostituzione. Secondo la National Task Force On Prostitution, nei perbenisti e calvinisti Stati Uniti ogni giorno oltre un milione di persone vendono prestazioni sessuali. Ogni anno, inoltre, vengono arrestati oltre centomila cittadini per questo tipo di reato.
Nei quartieri off limits della ridente Monaco di Baviera, la fabbrica del sesso si promuove addirittura con la distribuzione, per le strade e nelle reception degli hotel, di brochure con indirizzi, numeri di telefono e tariffari, differenti a seconda della struttura ricettiva in cui si alloggia. In Russia, dove pullulano gli esperti del settore, le trattative avvengono via Internet attraverso messaggi cifrati: i clienti sono i «don», le prostitute le «fate», mentre i bordelli sono definiti «uffici». Negli Stati Uniti l’interdizione del meretricio ha generato un vero e proprio boom di annunci hot sul sito Internet «Craiglist», addirittura novemila al giorno nella sola New York. Attraverso il portale, il cliente sceglie, prenota e consuma in un albergo preselezionato. Le prostitute rispettano una sorta di turn-over, facendo spesso la spola tra uno Stato e l’altro. In Francia, si fanno un baffo della legge Sarkozy contro l’adescamento. Centinaia di post-it affollano pali della luce, adornano cabine telefoniche e decorano le pareti dei bagni pubblici. E il presidente francese forse non sa che molti, pur di prostituirsi nelle ore diurne, s’inventato i più curiosi travestimenti. Attenzione a quelli che, all’apparenza, possono sembrare camionisti su furgoni in sosta: una candela sul parabrezza segnala la presenza a bordo di una donna disponibile. Un’altra prova del fallimento dei divieti assoluti è data dai preoccupanti dati dell’Onu relativi alla diffusione dell’Aids: là dove aumenta il proibizionismo sessuale, si riscontra proporzionalmente un maggior rischio di contrarre il virus Hiv. Dove la prostituzione è legale, al contrario, ci si ammala di meno.
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