[Redditolavoro] LA LOTTA PAGA. DOPO LA VITTORIA DEI LAVORATORI INNSE, ALCUNE RIFLESSIONI.
Fulvio
fuldigior at gmail.com
Sun Aug 30 22:10:41 CEST 2009
*LA LOTTA PAGA. *
*DOPO LA VITTORIA DEI LAVORATORI INNSE, ALCUNE RIFLESSIONI.*
La lotta dell’INNSE ha dimostrato che la resistenza, attuata da 15 mesi con
forme di lotta dura, in questo caso ha pagato. La parola d’ordine “*facciamo
come l’INNSE*”, già raccolta da altri lavoratori nelle stesse condizioni,
diventa un’ esempio da imitare, agitando i sonni della Confindustria in
previsione di un’ autunno caldo.
Alla INNSE gli operai e i lavoratori specializzati hanno trovato un nuovo
padrone che ha comprato la fabbrica, ritenendola in grado di fare profitti.
Impegnandosi a riassumere tutti i 49 lavoratori, il capitalismo “buono”,
quello industriale del padrone proprietario del Gruppo Camozzi, ex operaio e
ex-sindacalista Fiom che “organizza con gli operai delle sue aziende tornei
di calcio” (dubitiamo che lo faccia anche con i 1600 lavoratori della sua
fabbrica in Cina) consigliato e rappresentato dal “consulente”, tal Maurizio
Zipponi ex dirigente Fiom, ex membro della segreteria di Rifondazione
Comunista, ex membro dell’area che ha a capo Vendola e oggi, dopo essere
stato trombato alle elezioni europee passato, con Di Pietro), ha sconfitto
quello “speculativo” del vecchio padrone Genta (che comunque si porta a casa
4 milioni di eurper un’azienda che ha pagato 700 mila euro), confermando la
tesi tanto cara a Confindustria (e non solo) sul ruolo progressista del
capitale industriale.
Alla INNSE la FIOM-CGIL,e il gruppo di Operai Contro che ha diretto la
lotta, hanno evidenziato, soprattutto, che la chiusura della fabbrica non
dipendeva dalla crisi, ma dalla bassezza di padron Genta “*rottamaio e
speculatore*” che, per realizzare il massimo profitto, chiudeva uno
stabilimento che aveva commesse di lavoro e un mercato, quindi in grado di
continuare a produrre occupazione e profitti.
Che il signor Genta, come tutti i padroni, sia uno sfruttatore e uno
speculatore che fa soldi sulla pelle dei lavoratori è fuori discussione.
Tuttavia aver impostato la lotta con queste premesse ha evidenziato una
situazione particolare (che pure c’era, quella di una azienda che aveva
mercato e che l’avidità speculativa di padron Genta voleva liquidare
mettendo in strada 49 operai e le loro famiglie) isolando oggettivamente la
lotta dell’INNSE da quelle di altre fabbriche, non nelle stesse condizioni,
facendo passare il messaggio che, in alcuni casi (nelle fabbriche produttive
con un mercato), è possibile reggere lo scontro, mentre in altre non si può
far altro che accettare gli ammortizzatori sociali, se non i licenziamenti.
Non è un caso che gli operai INNSE non abbiano mai partecipato a
coordinamenti, fuori dalle iniziative targate Fiom, con altri operai e
lavoratori di fabbriche e aziende in crisi o no, come l’Alfa, le cooperative
di Origgio, di Turate, della DHL di Corteolona,, ecc. e che i vari
Rinaldini, Cremaschi e soci politici siano accorsi in pompa magna al
servizio della loro causa.
Nella crisi, l’attacco generalizzato alla classe operaia si moltiplica e
quasi un milione di lavoratori si trovano in mezzo ad una strada o a
presidiare i cancelli di fabbriche e aziende chiuse dai loro padroni perché
“fuori mercato”, mentre altri vedono costantemente attaccato il salario e le
loro condizioni di lavoro e di vita.
Senza una strategia che unifichi le lotte per la difesa del posto di lavoro
e del salario contro i singoli padroni - in una lotta unitaria contro il
capitale - i lavoratori non hanno prospettiva di vittoria
La lotta va fatta comunque e in tutte le circostanze, anche nelle fabbriche
in crisi dove i padroni - pur realizzando profitti - delocalizzano la
produzione per ottenere il massimo profitto, con o senza mercato. Non
possiamo accettare il ricatto di chi sostiene che nelle fabbriche in crisi
non rimane altro che contrattare, azienda per azienda, ammortizzatori
sociali per rendere meno doloroso il licenziamento.
Il parlamentarismo borghese basato sulla democrazia rappresentativa serve a
inculcare nel proletariato e nelle classi sottomesse e sfruttate il
principio della delega. Dividendo, distinguendo e separando la lotta di
classe fra politica e sindacale, divide gli interessi del proletariato che
lotta per eliminare il sistema di sfruttamento capitalista dell’uomo
sull’uomo.
In tal modo, mentre l’attacco del capitale è generalizzato, la lotta
economica diretta da sindacati e partiti che riconoscono - come fa del resto
la stessa CGIL - legittimo il profitto e il sistema capitalista (a tal
proposito Epifani, in una intervista a “La Repubblica” del 13 agosto, ha
rivendicato che la lotta all’INSSE sta all’interno del modello di relazioni
sindacali che vede uniti per gli stessi interessi padroni ed operai), viene
dispersa, frammentata in molte lotte parziali, divise le une dalle altre per
aziende e settori produttivi, come se l’obiettivo dell’abolizione dello
sfruttamento e la difesa dell’occupazione e di un salario decente non fosse
un obiettivo comune e unificante della classe.
Alla INNSE gli operai con la loro determinazione hanno lottato direttamente
per difendere la fabbrica che aveva un mercato e hanno vinto; ma sono stati
i sindacati (in questo caso la FIOM con i suoi dirigenti nazionali sul
posto) e i partiti che dicono di rappresentarli (PRC; PD) che hanno
contrattato ed esercitato pressioni sugli organismi rappresentativi e sul
governo, a cominciare dal prefetto, facendosi difensori dei loro interessi.
Ora la FIOM e la CGIL, muniti di questo patentino benemerito di “lottatori”,
potranno fare i pompieri nelle lotte operaie, accreditatisi come difensori
dei lavoratori e usando il fatto della mancanza del mercato nelle aziende in
crisi sosterranno che i lavoratori devono, “purtroppo” (il mercato è
sovrano…) , semplicemente lottare per ottenere gli armonizzatori sociali.
L’esperienza di anni di lotte operaie, dovrebbe ormai aver dimostrato al
movimento operaio che le divisioni artificiali, prodotte da anni di
parlamentarismo borghese, sono funzionali agli interessi padronali e che
esiste un’unica lotta di classe, che tende contemporaneamente a limitare lo
sfruttamento capitalistico della società borghese e nello stesso tempo a
battersi per sopprimerlo, e questo si fa senza deleghe.
*Le guerriglie quotidiane per difendere le condizioni di vita e di lavoro, o
per conquistarne di nuove, ancor più se vittoriose, per quanto limitate
vanno valorizzate essendo di esempio per altri operai e lavoratori, ma hanno
maggior valenza se si sbarazzano dal ruolo nefasto che hanno i servitori
sindacali e politici al servizio del sistema capitalistico*. *Ancor più se
queste lotte avvengono in un quadro di peggioramento generale della
condizione proletaria provocato dalla perdita del potere d’acquisto dei
salari e delle pensioni, dal rialzo dei prezzi, dalla speculazione
finanziaria e fondiaria che sempre più pesantemente annullano le “conquiste
sindacali” *
Nelle crisi viene regolarmente distrutta una parte dei prodotti e delle
forze produttive. La crisi provoca un’epidemia che si chiama
“sovrapproduzione di capitali e di merci” e nel sistema capitalista gli
operai - per aver prodotto troppo - sono costretti alla fame.
Il proletariato moderno è composto da operai che vivono solo se trovano
lavoro e, nella misura in cui il loro lavoro aumenta il capitale, diventano
sempre più accessori delle macchine.
Mentre lottiamo contro i licenziamenti, per un salario medio garantito ai
disoccupati e per la difesa delle condizioni di vita e di lavoro, lottiamo
per abolire la società in cui l’operaio esiste solo in funzione della
valorizzazione del capitale e nell’interesse della classe dominante.
Senza nulla togliere alla *esemplare lunga lotta condotta dagli operai
dell’INNSE*, Il ruolo esercitato dalla FIOM e dai partiti (PRC in testa),
sostenitori del sistema del lavoro salariato e della schiavitù operaia, in
questa vicenda servirà ad essi per aumentare il controllo sul movimento
operaio, cercando di riportare nella soglia delle “compatibilità” le lotte e
spezzando l’unità che si crea fra appartenenti alla stessa classe, dividendo
gli interessi generali da quelli particolari fra fabbriche in crisi e no. A
poco valgono le dichiarazioni dei militanti di “Operai Contro” che
denunciano e rifiutano di farsi strumentalizzare dai sindacati e politici di
turno: essi sanno che la conquista di un livello più alto di coscienza e di
organizzazione dei lavoratori è data su un piano più esteso della loro
fabbrica e questo può avvenire non solo attraverso la denuncia ideologica
del sistema di sfruttamento, ma contemporaneamente sgombrando il campo
dall’opera dell’opportunismo sindacale e politico (cosa che nella lotta
all’INSSE non è avvenuto, perché essi gestivano le cose in tandem con la
segreteria della Fiom).
Solo dotandosi di un’organizzazione indipendente e anticapitalista gli
operai e i lavoratori possono liberarsi da queste pastoie: in questa
prospettiva alcuni di noi hanno partecipato al presidio fuori dall’INSSE
sostenendo la lotta e la resistenza dei 49 operai .
*Work, notiziario per il coordinamento dei proletari e dei lavoratori
comunisti*
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