[Redditolavoro] Ponte della Ghisolfa: 4 maggio ore 21:00 -- LA FABBRICA DELLA PAURA!!

Emiliano Laurenzi emiliano_laurenzi at yahoo.it
Tue Apr 21 21:25:58 CEST 2009


Il testo a seguire è introduttivo al tema dell'incontro (la fabbrica della paura) che si terrà al Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa lunedì 4 maggio, alle ore 21:00, in viale monza 255 (M1 Precotto) a Milano.
In allegato il volantino con cui pubblicizzare l'evento.
Fate giare per favore! Grazie...
 
 
 
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Il tema della paura, negli anni che vorrei poter dire recenti, ma che ormai costituiscono nel loro insieme molto più di un quindicennio, è cresciuto ovunque, occupando per sua stessa natura gli interstizi della vita, gli angolini bui dell'emotività, avvelenando anche quel piccolo sentimento di rilassamento che si poteva provare, che so, seduti su di una panchina a leggere un buon libro, od a guardare i bambini giocare.

In natura la paura può salvarci la vita, ci impedisce di ferirci, ci avvisa dei pericoli e ci allerta se entriamo in contatto con qualcosa che potrebbe danneggiarci. Ha una funzione in fin dei conti positiva. Ma cosa succede se i meccanismi della paura li iniziamo ad alimentare artificialmente, se creiamo un'ipertrofia della paura?

Tutti noi abbiamo una scorta naturale di paura irrazionale. Del buio, ad esempio, perché nel buio non vediamo dove siamo e non possiamo avvertire i pericoli - ed infatti la paura del buio è una tra le più diffuse in assoluto. Ma non solo: paura dell'inquinamento, della violenza, del terrorismo, della crisi, dell'immigrazione, della guerra, della immondizia, del cambiamento climatico, della criminalità, etc. etc. Paura che diviene ad un certo punto l'unico criterio di sollecitazione della nostra emotività. Perché anche la gioia, alla fin fine, consiste nel sentirsi protetti dalla paura.

Ma la paura non solo serve a renderci più facilmente manipolabili - perché una persona impaurita di base depone le sue "armi" razionali, lo spirito critico, l'attenzione a tutto ciò che non riguardi esclusivamente la propria tutela, la propria sicurezza (che è l'altro grande business della paura) - la paura è essa stessa produttrice di forme sociali. L'uso caotico degli effetti della paura, sia soggettiva che sociale, è una strategia consolidata da secoli con cui il potere, in determinati momenti, lascia fare.

Oggi però viviamo in un contesto politico che al di là delle apparenze è estremamente raffinato nelle sue strategie di controllo sociale. Oggi le forme del controllo, quando vogliono sollecitare certi comportamenti o certe reazioni, o anche solo stimolare certi tipi di reazione (che grazie a tutte le scienze che studiano il comportamento umano come psichiatria, psicologia, antropologia... ah come ci aveva visto giusto Foucault!, sono "categorizzabili" e dunque descrivibili e manipolabili), non ricorrono agli apparati di polizia, alla magistratura, al carcere - comunque sempre ed ampiamente usati nella parte repressiva e di vera ed attualissima ingegneria sociale - no. Ricorrono ad altre strategie.

Una delle azioni più efficaci che in queste strategie - fondamentalmente esplicitate attraverso tutti i media, l'intrattenimento (dalla musica ai videogiochi), l'industria del turismo e dell'abbigliamento, la pornografia, i centri commerciali e la religione pret a porter (in questo esemplare la capacità tutta mondana del cattolicesimo di "vestire Prada" e rinunciare ai messaggi universalistici di fratellanza) - è proporre modelli univoci e monoculturali, azzerare le differenze, anche e soprattutto se conflittuali (perché vive), stereotipizzare le identità, e "pompare" nell'immaginario dosi massicce di paura variamente articolata, costruita, attinta da immaginari di volta in volta selezionati, decostruiti, alterati.

La paura diviene così inestesa - come il dominio del mercato - onnipresente, immateriale, pervasiva. La trovi nel vicino d'autobus marocchino, nel collega anarcoide, negli zingari che rubano, nell'immondizia, nelle sirene della polizia, nella cronaca che ti vomita addosso ogni giorno solo e sempre reati, nelle statistiche di cui non hai controllo e che ti sommergono di numeri su stupri, rapine, inquinamento, riscaldamento globale, nel terrorismo che non sai dove colpirà, nell'insicurezza del tuo posto di lavoro, nella paura del futuro, addirittura. L'esperienza quotidiana viene in qualche modo atrofizzata dalla paura. Le nostre "antenne" di animali sociali sono costrette a rintanarsi nel guscio della casa in cui blindarsi con porte corazzate, sbarre alle finestre, allarmi, sorveglianza armata... La felicità diventa rinchiudersi in un luogo iperprotetto, silenzioso, caldo, dove rintanarsi ad occhi chiusi e pugni serrati. Un'involuzione soggettiva e
 sociale tristissima.

La paura dunque serve a chi non desidera che noi si sia curiosi, disposti al rischio di conoscere ed incontrare gli altri - che è il rischio su cui si fonda ogni comunità umana e in ultima analisi il nostro essere umani. La paura serve a renderci docili, poco propensi a disubbidire, e soprattutto a conseguire due altri obiettivi fondamentali per tenere in piedi questo tipo di sistema criminale che è il capitalismo. Il primo è di farci percepire l'altro sempre e solo come un pericolo, un nemico, qualcuno di cui avere paura. Il secondo è di generare da questa paura un'intera gamma di prodotti e di servizi: un vero mercato.

Il primo dei due obiettivi ha lo scopo di desocializzare la nostra vita, di fiaccare i legami sociali, di spezzare la circolazione delle idee e degli incontri. Un individuo che non sia più un soggetto variabile di relazioni, ma appunto un essere individuato ed isolato, è più facilmente controllabile. Le sue aspettative, i suoi orizzonti emotivi, saranno più circoscritti e dunque più facilmente manipolabili. Sarà un individuo senza speranza, che nasce invece sempre da una scommessa, da un azzardo. E sarà un individuo con scarsa immaginazione, perché la paura rattrappisce l'immaginazione se la si prova costantemente. Scompare così il futuro, per eccellenza la dimensione della speranza, della felicità in prospettiva come sentimento altruistico, condiviso.

Il secondo scopo è invece quello di allestire un ordine della produzione di consumo che si basi su una "fonte di energia" sociale inesauribile: l'emotività umana. Accortamente costruita, diffusa e nutrita in certi modi, la paura genera bisogni di carattere primario, perché connessi alla percezione della propria salvaguardia ed incolumità. In primis il bisogno di sicurezza, ma a ventaglio attorno a questo vero e proprio totem del capitalismo postmoderno (e ora che la crisi finanziaria diventerà economica, questa tendenza non accennerà affatto a diminuire, anzi si farà ancora più fine), una serie di bisogni indotti e dunque di mercato, molto forte. Si crea in questo modo un'indotto della paura, costituito, in base ai vari ambiti in cui la paura viene declinata, da elementi tra loro molto vari.

Anche un potere politico poco incline alle sottigliezze, in ogni caso, troverà in questo "apparato della paura" un ottimo strumento di controllo sociale, specialmente se coincide con quello mediatico. Ed è il caso del nostro paese, inventore non a caso del termine politico "telecrazia". La paura dunque allestisce un apparato in grado di produrre non solo reazioni, ma identità e bisogni.

Dobbiamo partire da qui per pensare a nuovi scenari politici ed a modi di sottrarsi alle dinamiche della paura, per non rimanere sempre spiazzati e a ricasco dell'agenda politica tutta scritta con l'inchiostro della paura. Il recente terremoto in Abruzzo ci ha mostrato a livelli davvero enormi come funziona, per dirla tutta, LA FABBRICA DELLA PAURA, quell'insieme di tattiche, strategie, operazioni, linguaggi, affari, criminalità istituzionalizzata, omissioni e censure, che genera paura e ne spreme legittimazione (non a caso Berlusconi ha visto aumentare la sua popolarità in seguito alla e sulla tragedia del terremoto...).

Spero che da questa nota - del cui linguaggio un po' astruso mi scuso con tutti i pazienti amici - inizi a nascere un confronto, che poi potrà trovare un suo momento di incontro pubblico lunedì 4 maggio, a Milano, nei locali del Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, in viale Monza 255 (M1 Precotto), dalle ore 21:00. Il 25 aprile ed il 1 maggio, verrà fatto volantinaggio durante le manifestazioni a favore di questa iniziativa di riflessione comune.

Chi di voi volesse diffondere l'iniziativa, può scrivermi e gli manderò il volanino di promozione dell'incontro e se lo vuole ulteriori chiarimenti. Vi prego di collaborare se condividete. Le idee non vivono da sole, ma si nutrono dell'opera delle persone!


Lunedì 4 maggio ore 21:00, Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa a Milano, in viale Monza 255 (M1 Precotto)


      
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