[Redditolavoro] topo selvaggio al petrolchimico di brindisi

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Fri Apr 17 14:27:30 CEST 2009




 Un topo ha bloccato
mezzo Petrolchimico

Il «mistero» delle sfiammate che si susseguono dal luglio scorso al centro 
di un'inchiesta. Qualche mese fa sempre ad un topo fu scaricata la 
responsabilità di una serie di black-out a Trani. La domanda sorge 
spontanea: è sempre lo stesso roditore o per la Puglia vaga un commando di 
topi sabotatori?

di VINCENZO SPARVIERO

Che i topi spaventassero gli elefanti è fin troppo risaputo. E passi anche 
che una montagna partorisca un... topolino. Ma che un ratto potesse mandare 
in tilt un colosso come il Petrolchimico, in pochi lo avrebbe mai potuto 
immaginare. Eppure, per giustificare il black out alla base di una delle 
tante sfiammate delle torce di sicurezza del mega- impianto alle porte della 
città, i tecnici dello stabilimento hanno fatto riferimento proprio ad un 
topo che ha combinato un casino in un cabina elettrica di ultima generazione 
provocando «un corto circuito che ha bloccato alcuni impianti ubicati nell'area 
dello stabilimento», è scritto negli atti che ora sono all'esame del 
sostituto procuratore Antonio Negro. Il magistrato ha deciso di vederci 
chiaro e non potendo indagare sul topo, presumibilmente morto durante la 
«passeggiata» tra i cavi scoperti della cabina, ha aperto un fascicolo 
contro ignoti sulla base di un dettagliato esposto presentato dal presidente 
della Provincia Michele Errico al quale si sono aggiunte almeno una ventina 
di segnalazioni di semplici cittadini «terrorizzati» dall'idea che i fumi di 
quelle torce potessero aggravare ancor più una situazione ambientale che 
definire ad alto rischio appare un eufemismo.

Dalla scorsa estate ad oggi è stato tutto un susseguirsi di sfiammate. I 
bene informati parlano di almeno una trentina di casi: tutti più o meno 
giustificati dai tecnici del Petrolchimico. Si tratta, a loro dire, di 
procedure di sicurezza in quanto le fiamme bruciano eventuali sostanze 
dannose. Sarà proprio così? Questo stanno cercando di accertare gli 
investigatori della Digos, che hanno già acquisito una notevole 
documentazione che dalla prossima settimana potrebbe essere esaminata dal 
perito incaricato dalla Procura. Sarebbero stati anche prelevati alcuni 
campioni dai terreni circostanti per cercare di completare un fascicolo di 
indagine che - per il momento - è a carico di ignoti. Quello che appare 
strano, agli occhi «interessati» dei brindisini costretti a convivere con 
impianti altamente inquinanti, è che le «sfiammate» avvengono o nei giorni 
di festa o a ridosso degli stessi.
Capitò, ad esempio, la sera della festa di San Teodoro. Al porto «sparavano» 
i fuochi, poco più in là «sparavano» i... fumi. Poi, sebbene esista una 
protocollo per far circolare le informazioni, nessuno si sarebbe mai 
preoccupato di attivarlo a dovere. Vale a dire, gli addetti alla sicurezza 
del Petrolchimico avrebbero dovuto tempestivamente informare la Prefettura 
che a sua volta avrebbe poi potuto chiedere l'intervento della Protezione 
civile e dei vigili del fuoco e attivare le procedure che avrebbero 
consentito - in tempo reale - di effettuare i rilievi. Tutto questo non 
sempre sarebbe avvenuto. Il perchè qualcuno dovrà spiegarlo in Procura. I 
tecnici del Petrolchimico, comunque, hanno una spiegazione per tutto. Hanno 
giustificato l'avvenuto alla commissione nominata dal presidente della 
Provincia e formata dal presidente stesso, dall'assessore Antonio Gennari, 
da Annamaria Attolini, Danilo Urso, Micaela Faieta, Angelo Semeraro, 
Stefania Leone e Danilo Morciano. Si tratta di esperti e di componenti le 
principali commissioni anche nazionali che si occupano di ambiente.

«Le sfiammate - per i tecnici del Petrolchimico della società Polimeri 
Europa, Basell ed Enipower - rappresentano un «normale sistema di sicurezza» 
che si attiva in determinate condizioni come il blocco degli impianti. Il 
problema è che la commissione provinciale, preso atto dell'accaduto, ha 
riscontrato «assenza di sistemi di controllo efficaci per monitorare la 
concentrazione delle sostanza in ingresso alla torcia e i gas risultanti 
dalla combustione emessi in atmosfera»: cosa che avviene sistematicamente 
all'impianto di Porto Marghera. Ma non è tutto. Assente anche un «efficace 
sistema di controllo e monitoraggio interno aziendale per la verifica delle 
ricadute al suolo delle concentrazioni inquinanti derivanti dalla 
combustione in torcia» e «assenza in torcia di sistemi di rilevazione della 
temperatura nell'affluente gassoso ed anche un analizzatore per la 
misurazioone e la registrazione in continuo dell'ossigeno libero e del 
monossido di carbonio». Eppoi, la commissione ha anche sottolineato che «non 
è stata allertata l'Arpa» e quindi «non è stato possibile rilevare e 
misurare con mezzi mobili l'incremento dlele concentrazioni degli inquinanti 
correrabili all'evento».

A Napoli direbbero «chi ha avuto, ha avuto, ha avuto... scurdammonce 'o 
passato». Il problema è che anche per il futuro, al momento, è stato fatto 
ben poco. Sarà perchè l'impianto brindisino è obsoleto. Sarà altro? Lo 
stabilirà la perizia: questa, almeno, è la speranza dei brindisini che si 
ritrovano la loro città ad un pugno di chilometri da una zona estesa 500 
ettari ed identificata dal ministero come «Sit» (sito di interesse 
nazionale) ancora tutta da bonificare. E proprio nel bel mezzo di quest'rea - compresa tra la zona industriale e la centrale di Cerano - il cielo è 
illuminato dalle «sfiammate» della torcia. Possono i brindisini considerare 
il «fenomeno» solo un «romantico rogo» che illumina il cielo? Oppure non 
dormono la notte al solo pensiero che un'altra bomba ecologica si stia 
abbattendo sulle loro teste?




17 Aprile 2009
 



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