[Redditolavoro] NUOVO GIRONE INFERNALE PER GLI OPERAI PER GLI OPERAI PALESTINESI...

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Tue Sep 2 19:12:59 CEST 2008



NUOVO GIRONE INFERNALE PER GLI OPERAI PALESTINESI...



Israele - Palestina - 02.9.2008
  
  
    Sfruttati, sgraditi, cancellati
  
  
    Israele elebora un piano per tassare il lavoro dei palestinesi e accrescere l'occupazione interna 
  



     
      
	     
          
          
          
        
       
         
          
          
          
        
         
          
          
          
        
      
    


	 
	  
	


  
    Nell'insediamento di Male' Adumim, a
est di Gerusalemme, in Cisgiordania, vivono solo coloni israeliani,
protetti da una recinzione che divide l'agglomerato di case tutte
uguali dai villaggi arabi  circostanti. I palestinesi possono entrare
nella colonia, ma solo per lavorare e solo quelli con un permesso di
lavoro rilasciato da israele. Arrivano la mattina presto e se ne
vanno la sera, dopo aver lavorato tutto il giorno alla costruzione di
un insediamento che ruba terra al proprio popolo, e pergiunta per
poche decine di euro. É il canovaccio della vita dei
palestinesi che lavorano in Israele, sia nelle colonie che a
Gerusalemme. 




Per i palestinesi lavorare è una
questione di permessi, che possono essere revocati in qualunque
momento. Questo costringe i lavoratori arabi ad accettare stipendi da
fame rispetto ai colleghi israeliani, ma come accade in tutto il
mondo, per sfamare la famiglia si prende quello che c'è. Lo
scorso 25 agosto, però, il ministero delle Finanze israeliano
ha lanciato un progetto che potrebbe far scomparire la presenza
palestinese dai cantieri israeliani. “L'idea è quella di
aumentare il numero degli israeliani tra la forza lavoro” ha
dichiarato un ufficiale del ministero, “puntiamo a creare una
situazione tale per cui non sia conveniente dare lavoro ai
palestinesi invece che agli israeliani” ha concluso, ammettendo
implicitamente che, al momento, quello che avvantaggia la manodopera
palestinese è proprio il fatto di essere sfruttabile. Il
governo israeliano ha votato il budget per sostenere il progetto, che
dovrà essere votato anche dalla Knesset, il parlamento
israeliano. Il via ufficiale al piano dovrebbe essere comunicato il
prossimo 31 agosto.




Stando alle anticipazioni del
ministero, il governo imporrà una tassa annuale di circa mille
euro, per ogni lavoratore palestinese assunto nel settore edile.
Secondo il ministero, questo basterà a diminuire il tasso di
disoccupazione israeliano e porterà vantaggi economici anche
agli imprenditori, che non dovranno più fare i conti con le
chiusure dei territori durante le offensive, che impediscono l'arrivo
della manodopera. Il sito internet Irin news delle Nazioni Unite,
citando l'emittente israeliana Channel 10, rivela che poco tempo fa
lo stesso ministero diede 10 milioni di dollari all'Associazione dei
Contractors e dei Costruttori, per incentivarla ad assumere
lavoratori israeliani, a condizione che garantisse loro alcuni
diritti sindacal negati ai palestinesi, come ferie, malattie pagate e
stipendi maggiori. Secondo Hannah Zohar dell'Ong israeliana workers
Hotline, “Questo è solo l'inizio. Penso che questi
provvedimenti potranno presto estendersi anche ad altri settori”.
La Zohar si dice preoccupata del fatto che questa nuova disposizione
potrebbe incrementare lo sfruttamento dei palestinesi, dai quali i
datori di lavoro potrebbero pretendere un rimborso della tassazione
extra, ancora una volta sfruttando il loro potere contrattuale,
praticamente nullo. 




Questo progetto del governo israeliano
sembra segnare un'inversione di rotta rispetto alle decisioni prese
recentemente dai sidacati israeliani e palestinese. All inizio di
agosto, infatti, il sindacato nazionale israeliano Histadrut e la
Federazione Generale dei Sindacati Palestinesi, Pgftu, avevano fimato
un accordo storico per la protezione dei lavoratori palestinesi dallo
sfruttamento dei datori di lavoro israeliani. Nel documento firmato
dalle due confederazioni si stabiliva di basare i contratti futuri
sul negoziato e il dialogo, “per promuovere la coesistenza pacifica
tra i due popoli”. In futuro, si prometteva, metà delle
rimesse palestinesi saranno devolute al Pgftu, un finanziamento utile
per promuovere le rappresentanze sindacali anche tra i palesinesi.
“D'ora in poi - commentava soddisfatto Shaher Sae'd, il segretario
del sindacato palestinese – saremo in grado di fare qualcosa di più
per migliorare la situazione aggiacciante dell'economia palestinese”.
 “E' un accordo estremamente importante – commentava anche Guy
Ryder dell'Israeli and Palestinian Trade Union – specialmente in un
momento in cui le autorità  in Israele e Palestina, e anche la
comunità internazionale, non riescono a trovare soluzioni
giuste e durature alla crisi politica”. A giudicare dai piani del
governo israeliano, però, la prima necessità attuale
non sono la giustizia e l'equità del lavoro, ma la lotta alla
disoccuazione israeliana. Ancora una volta, ai passi avanti che la
società compie dal basso, la politica risponde con due passi
indietro imposti dall'alto.

Naoki Tomasini

www.peacereporter.net

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