[Redditolavoro] ARTICOLO 18; VERSO LA DISTRUZIONE PER DECRETO...

frank ficiar frficiar at hotmail.com
Tue Oct 14 22:01:04 CEST 2008



come ti aggiro cio' che resta dello  statuto dei lavoratori per decreto, senza che nessuno possa fermarli.   il comitato d'affari  della borghesia (di destra e sinistra)  si chiama parlamento. Un certo sig. marx li aveva sgamati, ma si preferi' "seppellirlo" in silenzio. Tocchera' di nuovo agli operai organizzarsi vendendo cara la pelle agli schiavisti del 21° secolo...



Articolo 18, conflitto a bassa intensità
	L’Aula
ha concluso finora l'esame dei primi articoli del ddl collegato alla
manovra di finanza pubblica, accantonandone alcuni. L’esame è stato
aggiornato a mercoledì 15 ottobre. Tra le novità, sanzioni
amministrative più severe per i datori (escluso il lavoro domestico)
che impiegano dipendenti senza aver comunicato l'instaurazione del
rapporto di lavoro. La sanzione andrà da 1.500 a 12.000 mila euro per
ciascun lavoratore impiegato “in nero”, maggiorata di 150 euro per
ciascuna giornata di lavoro effettivo. 



Passa anche a un emendamento all'articolo 23, che prevede l'esclusione
delle forze dell'ordine dalle categorie comprese tra i lavori usuranti.
Perché in questo corposo provvedimento rientra anche la delega al
governo sulla revisione della disciplina in materia, che dovrebbe
consentire a chi svolge mansioni faticose di anticipare di tre anni il
pensionamento. 



Proprio prendendo spunto da quest’ultima decisione, l’opposizione ha
chiesto – inutilmente – che il provvedimento ritorni in commissione:
come ha spiegato l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, il governo
"ha contraddetto se stesso bocciando in commissione Bilancio le
proposte presentate in commissione Lavoro dal relatore di maggioranza.
Norme-bandiera che allargavano i benefici al lavoro autonomo e alle
forze dell'ordine senza prevedere, come da noi richiesto, l'apposita
copertura finanziaria".



Ma le misure del provvedimento non si fermano qui, e portano quasi
tutte cattive notizie: dallo stop alla stabilizzazione dei precari alla
territorializzazione dei concorsi, per concludere con una serie di
norme che depotenziano l’operatività dei giudici del lavoro,
limitandone i poteri in caso di vertenze da parte di lavoratori.
Appunto, come si diceva in apertura: meno diritto del lavoro.




A parere di molti tecnici e giuristi, è in atto il tentativo di
aggirare l’articolo 18. Un tentativo estremamente debole, però, che
troverà scarse adesioni nella magistratura.



Articolo 18 o risarcimento danni?

Un articolo del provvedimento stabilisce, infatti, che nell’esaminare
una causa di lavoro il magistrato dovrà tenere conto delle
'tipizzazioni' della giusta causa e del giustificato motivo contenute
sia nei contratti collettivi sia nei contratti individuali di lavoro
stipulati davanti alle cosiddette 'commissioni di certificazione'. E,
nel definire le conseguenze da riconnettere al procedimento, il giudice
dovrà tenere conto degli elementi e dei parametri fissati dai vari
contratti (anche individuali), ma dovra' tenere presente anche 'le
dimensioni e le condizioni dell'attivita' esercitata dal datore di
lavoro, l'anzianita' e le condizioni del lavoratore, nonché il
comportamento delle parti anche prima del licenziamento'. In parole
povere, se il ddl dovesse essere convertito in legge, la reintegrazione
del posto di lavoro garantita dall’articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori verrebbe sostituita da un risarcimento danni. Per di più si
tratterebbe di una reintegrazione a 'fisarmonica' e il giudice sarebbe
vincolato a quanto stabiliscono i contratti individuali anche se
prevedono cose differenti rispetto a quelli collettivi. In caso di
licenziamento per 'riduzione del personale', tra l’altro, sarà
impossibile presentare ricorso perché il termine fissato nel ddl per
farlo è di 120 giorni: esattamente lo stesso tempo che ci vuole per
sapere se la riduzione del personale sia o meno la vera causa di
licenziamento.



Senza contare che dal provvedimento emerge nettamente il
contrasto tra il principio costituzionale in base al quale ogni giudice
è soggetto soltanto alla legge, e il tentativo del governo di
introdurre i contratti collettivi tra i parametri vincolanti di
valutazione. 



Arbitrato obbligatorio

Un’altra norma pericolosa del ddl, secondo il giuslavorista Massimo
Roccella (sentito alcuni giorni fa da Radioarticolo1) riguarda
l’arbitrato. Spiega Roccella: “Si potrebbe infatti determinare che il
lavoratore, nel momento della stipula del contratto, sia posto di
fronte all’alternativa se essere assunto o meno, a condizione di
accettare o no l’arbitrato e finisca per accettarlo, rinunciando sin
dall’inizio alla possibilità di ricorrere ad un giudice del lavoro. 'Ci
troveremmo di fronte –continua Roccella - ad una sorta di arbitrato
obbligatorio: verrebbe meno il principio dell’inderogabilità della
norma giuslavoristica e si precluderebbe sin dall’inizio la possibilità
di rivolgersi ad un giudice del lavoro”. Per tutti questi motivi il
professor Roccella afferma che “quella norma deve essere assolutamente
cassata dal Parlamento”
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