[Redditolavoro] Un reddito garantito per lo stato sociale

matilde matilde at inventati.org
Sat Nov 29 10:04:30 CET 2008


ho citato sul mio blog e chiesta iscrizione
sono in mezzo agli scatoloni,Vittoria,e non avrò la linea da domani per un 
pò
Bacioni
matilde
----- Original Message ----- 
From: "clochard" <spartacok at alice.it>
To: "redditolavoro" <redditolavoro at ecn.org>
Sent: Saturday, November 29, 2008 1:50 AM
Subject: [Redditolavoro] Un reddito garantito per lo stato sociale


Un reddito garantito per lo stato sociale
È nato il nodo italiano del Basic income network
Roberto Ciccarelli



Costola italiana dell'associazione mondiale per il reddito di base, il
Basic Income Earth Network (Bien), l'associazione per il reddito
garantito Basic Income Network-Italia (Bin) è stata presentata lunedì
scorso alla fondazione Basso di Roma. Quello italiano è il
diciassettesimo nodo di una rete che, dal 1986, promuove il rilancio
dello stato sociale postbellico incentrato sino agli anni Ottanta sulla
figura del lavoratore a tempo indeterminato.
A fronte della moltiplicazione delle figure atipiche del lavoro,
avvenuta nel corso degli anni Novanta, il lancio del Bin giunge nel
momento opportuno. Non solo perché l'opinione pubblica sta scoprendo
che, nel nostro paese, non esiste una protezione sociale per i
lavoratori intermittenti espulsi dai processi produttivi a fine anno
(400 mila secondo la Cgil), ma soprattutto perché nel nostro paese manca
del tutto il sostegno al reddito di tipo universalistico per tutti
coloro che non sono inseriti in un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato (alcuni milioni).
L'Italia, insieme alla Grecia e all'Ungheria, sono infatti gli unici
stati membri dell'Unione Europea a non avere mai adottato significative
misure contro la crisi del Welfare State e, anzi, è stato il paese in
cui più sono state praticate le strategie di privatizzazione dei servizi
sociali, accompagnate da una sintomatica quanto reiterata negazione dei
diritti fondamentali delle nuove generazioni, giunte sul mercato del
lavoro sprovviste delle tutele e delle garanzie riservate a quelle
precedenti. La situazione è drammatica: il nostro paese è
sostanzialmente ultimo in Europa per occupazione generale, per
occupazione femminile, per numero di disoccupati di lunga durata, ha la
percentuale più alta di anziani inattivi e quella minore di laureati.
È dunque giunto, secondo i promotori della nuiova associazione, il
momento di politiche radicalmente diverse, e coraggiose, che invertano
al più presto possibile questa tendenza. La discussione italiana sulla
crisi dello stato sociale è da tempo caratterizzato da una molteplicità
di iniziative culturali e politiche che purtroppo non hanno ancora
raggiunto la soglia critica per esprimere una posizione unitaria. Anche
grazie ad un sito internet particolarmente ricco
(http://www.bin-italia.org), il Bin si propone come una sponda teorica e
culturale utile per arrivare ad una sintesi tra le varie modalità con le
quali il reddito di base è stato declinato: reddito di cittadinanza, di
esistenza o garantito. Alla base delle intenzioni dei suoi promotori,
Philippe Van Parjis e Yannick Vanderborght a livello internazionale e,
tra gli altri, Giuseppe Allegri, Giuseppe Bronzini, Andrea Fumagalli,
Sandro Gobetti, Luca Santini e Andrea Tiddi a livello italiano, c'è
l'idea di ridisegnare le garanzie della «cittadinanza laboriosa» al di
là della prestazione lavorativa che un singolo può offrire in cambio di
un salario.
Non più inteso come misura assistenziale per le crescenti condizioni di
esclusione sociale - un'erogazione monetaria a sostegno della precarietà
esistente, come propongono alcuni studiosi a livello europeo -, il
reddito di cittadinanza rientra in un insieme di «nuovi» diritti che
sappiano mantenere un livello socialmente dignitoso di esistenza,
assicurando la possibilità delle scelte indipendenti sul lavoro e nella
vita sociale, contemporaneamente alla valorizzazione delle capacità
individuali. La scommessa a partire dalla quale il Bin muove i suoi
primi passi è quella di assumere il reddito di cittadinanza come una
remunerazione individuale ed incondizionata, indipendentemente dallo
svolgimento di un lavoro e all'appartenenza ad un nucleo familiare o ad
una categoria garantita di lavoratori.
Una misura, quella del reddito, che sembra avere dunque perso il
carattere eccentrico che più volte le è stato imputato, sin da quando fu
proposta Oltreoceano da un'economista neoliberista come Milton Friedman
per poi essere ripresa nel vecchio continente da economisti e studiosi
come Philippe Van Parjis, Clasu Offe, Ulrich Beck. In un paese
profondamente compromesso dal familismo, sempre più schiacciato
dall'ortodossia neo-liberista, dagli sconfortanti ritardi delle
politiche sindacali e di ciò che resta della sinistra, la carica
anti-gerarchica e redistributiva del dibattito sul reddito è stata
guardata con interesse, tempestività ed intelligenza dai nuovi movimenti
apparsi sulla scena politica italiana, come quello dell'«Onda» composta
dagli studenti e dai ricercatori precari dell'università, come
testimonia anche, seppur tra mille cautele, il documento emerso dal
workshop sul welfare state svolto durante l'assemblea nazionale del
movimento studentesco del 15 e 16 Novembre. La richiesta di continuità
di reddito tra un contratto ed un altro, e quella dell'autonomia della
ricerca da parte dei non garantiti, sembrano infatti avvicinarsi ai
principi generali di un nuovo tipo di cittadinanza.
In attesa che queste posizioni si generalizzino, e che la lotta contro
la precarietà diventi l'anticamera per un nuovo tipo di Welfare state,
una discussione più avanzata sul reddito può essere utile per rispondere
alla crisi senza precedenti dei mercati finanziari, anche in vista delle
probabili misure neo-keynesiane che saranno adottate per rilanciare la
domanda e per reagire alla recessione in atto.




http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/26-Novembre-2008/art56.html



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