[Redditolavoro] La crisi mondiale, aspettando La Tempesta Perfetta

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Sun Nov 23 20:25:24 CET 2008


Articolo tutt'altro che invecchiato

e 






La crisi mondiale, aspettando La Tempesta Perfetta

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Giorgio Resca Cacciari, 16 ottobre 2008




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Il film ‘La tempesta perfetta’ si richiama a un evento realmente avvenuto e, fuori dalla vicenda umana raccontata, è affascinante la descrizione che il meteorologo dà della tempesta, del suo formarsi, un complesso di più perturbazioni tra loro in rotta di collisione; fino a definirla perfetta. 
La tempesta perfetta, oggi, è in via di formazione e prima che mostri la propria reale potenza passerà ancora del tempo. Il problema è che in epoca di tutto veloce e globalizzato il cittadino consumatore si aspetta che l’evento accada per l’ora di cena o al più per la mattina del giorno dopo. Non è cosi. 

I tempi delle vicende umane non sono calcolabili con equazione matematica, questo rende difficile il mestiere per economisti e studiosi di storia, che sono spessi derisi e inchiodati alla croce perché si pretende da loro la capacità di predizione tattica. Quello che possono offrire sono ‘visioni’ non databili ma non per questo errate. 

L’origine della tempesta. Come nel film, non siamo di fronte a un singolo evento, ma a più eventi; precisamente tre e tra loro collidenti. Il primo: il sole sorge a Oriente. Questa immagine è simbolica, ma rende bene il momento. L’Asia si è svegliata e le proprie dimensioni sono tali che ogni suo movimento ha ripercussioni economiche e politiche per la placida Europa e per la più dinamica America. 

Questa crescita quando è incominciata? Con uno slogan: “Le quattro modernizzazioni”, il tentativo (riuscito) di far decollare il gigante cinese aprendo al capitale straniero ma sotto uno stretto controllo politico. Il risultato fu la creazione di Zone economiche speciali, aree geografiche facenti da laboratorio e da rimorchiatori per l’economia dell’intera Cina. 

La Cina decise di diventare la fabbrica mondiale. L’altro gigante (l’India) seguì solo in parte questa strategia e optò per veicolare gli investimenti stranieri più sui servizi e le nuove tecnologie, informatiche in prima linea. E’ ovvio che quando due nazioni - che da sole pesano per la metà dell’intero valore demografico del pianeta - iniziano un tale processo, le dinamiche che si mettono in moto non sono più misurabili e tantomeno si possono arrestate con processi pacifici. 

Cina, India ma a seguire altre nazioni asiatiche si sono messe in moto e questo non è più un evento che gli occidentali sono né saranno in grado di pilotare e controllare. Possono e dovranno dialogare con questi governi, ma non più dare ordini e neppure condizionare le loro scelte. Questo deve essere capito, compreso e accettato, in modo particolare dai circoli conservatori americani; se così non fosse, nubi scuri sorgerebbero a Oriente, oltre al sole. 

Il secondo evento: la Russia è ritornata ed è arrabbiata. Il declino dell’Unione Sovietica iniziò con la convinzione da parte dei dirigenti moscoviti che il mondo fosse diviso in due e che Mosca ne controllasse una delle parti. Scelta errata; i sistemi sociali sono soggetti alla necessità della continua espansione e se questa si blocca è solo questione di tempo, ma la forza gravitazionale del sistema lo farà collassare su se stesso. 

L’Urss si confrontava con un mondo occidentale che non aveva rinunciato alla sua espansione economica e politica e l’incapacità di Gorbaciov di capire che l’economia veniva prima della libertà produsse la catastrofe. La lezione sovietica fu recepita al volo dalla Cina che ha percorso un’altra strada e adesso è candidata a diventare la prima nazione del secolo in corso. 

Comunque sia, la Russia, forte della sua storica capacità a reggere la sofferenza, si è ripresa. E’ presto per capire a cosa siamo di fronte. L’attuale Russia è uno strano organismo, una specie di Fenice; un po’ capitalista, un po’ socialista, un po’ autoritaria, un po’ democratica, insomma un po’ di tutto e su tutto il governo dell’unica organizzazione che funzionava nell’Urss: il Kgb. 

Forte della propria dimensione e delle proprie risorse energetiche, era solo questione di tempo per rivedere la Russia sulla scena mondiale da protagonista; e così e stato. Come spesso avviene nelle democrazie, i campanelli d’allarme suonano sempre in ritardo e spesso si fa finta di non sentirli, se ci si è resi colpevoli della sciagura che li ha fatti squillare. Infatti l’Occidente, anziché aiutare la Russia, non ha fatto altro che umiliarla e alimentare la depredazione dei suoi beni e valori, ma questo non poteva durare all’infinito; e così è stato. 

Ora con Mosca bisogna confrontarsi e la vicenda della Georgia ha ben tratteggiato il futuro delle relazioni. E’ solo l’inizio: Ucraina, Azerbajgian e Asia Centrale sono destinate a tornare sotto l’ombra, non della falce e martello, ma dell’aquila bifronte. Non sarà una nuova Urss, ma piuttosto una grande Confederazione tenuta assieme da gasdotti, oleodotti e dal comune poco sentire democratico delle élite politiche. 

Il terzo evento è il ‘bollire storico’ che governa il mondo arabo e - in minor parte - quello persiano. La questione arabo-persiana potrebbe non essere vitale, se proprio in quelle terre non fosse concentrata la maggior parte delle risorse energetiche petrolifere ora utilizzabili. L’assenza di una modernità laica nel pensiero arabo è un problema non piccolo da affrontare e questo modo non-laico di ragionare ha generato contraddizioni che stanno venendo al pettine. L’esempio principe è l’Arabia Saudita, vero centro di gravità planetario per motivi petroliferi, e non solo. 

Qui le contraddizioni sono evidenti e non sanabili, basta pensare che il pensiero islamico estremista trova proprio in Arabia la fonte di maggiore finanziamento, che ha permesso di creare quella vera e propria mina vagante che è il Pakistan islamico-nucleare, dove l’odio per l’Occidente si sposa con la Bomba ma senza - per ora - esplodere. 

La guerra irachena e l’afgana sono ben lungi dall’essere finite e anche se le perdite umane sono limitate per l’Occidente non è così per l’impegno finanziario e questo, anche se non detto chiaramente, incomincia a far sentire il proprio peso. Per le democrazie le guerre sono diventate dei ‘business plan’ che prevedono una data di chiusura; se questa non si vede, gli azionisti incominciano a diventare nervosi. 

Sino a ora i tre eventi (il sorgere dell’Asia, la rinascita della Russia, il bollire del Medio Oriente) hanno ruotato su loro stessi senza uscire dai propri assi. Fino a oggi. Su quali cardini sono incernierati questi assi di rotazione? Essenzialmente due. Il primo è la disponibilità delle risorse fisiche su cui si regge sia l’esistenza del singolo che delle nazioni. Il secondo - più subdolo - è la grande droga finanziaria che ha inondato il mercato americano (ma non solo) permettendo a famiglie, aziende e allo stesso Stato federale di vivere al di sopra dei propri mezzi, forte solo del fatto che il dollaro è ancora il centro di gravità su cui ruotano le transazioni commerciali. 

Ora, un cardine (quello finanziario) è saltato. Con esso anche i bilanci non solo delle banche, ma probabilmente quelli di molte industrie occidentali e sicuramente quelli pubblici, in particolare degli Stati Uniti e Gran Bretagna. A questo punto il solo cardine rimasto (la certezza energetica e alimentare) ha problemi di tenuta. Perché? In fin dei conti, la recessione dovrebbe ridurre i consumi (il prezzo del greggio conferma la teoria), perché il costo delle materie prime non è mai stato un problema geopolitico, ma la loro disponibilità sì. 

La disponibilità è concentrata in aree critiche: Caspio, Medio Oriente, Asia Centrale, Iran e Africa. La Cina e L’India, per non fermare le loro macchine produttive, incominceranno a pompare i consumi interni e questa azione avrà due conseguenze da ben valutare. La prima: le efficienze tecnologiche occidentali sono cose ancora esotiche per l’Asia e quindi a parità di lavoro meccanico fatto in Occidente, il consumo sarà almeno il doppio. La seconda: come se non bastasse, il consumo interno della Cina dovrà essere finanziato prelevando risorse finanziarie all’estero, quindi distogliendo gli investimenti nel debito federale americano; questo aumenterà lo stress finanziario che inizia a fare capolino in Occidente. Bisogna tener presente che le famiglie americane sono abituate a dare come garanzia bancaria due valori: la casa e i pacchetti azionari e obbligazionari. 

Avete capito bene. Con il crollo delle borse, attivato dal demone della troppa liquidità che ha cavalcato strumenti finanziari a dir poco complicati, il consumatore americano vedrà collassare, ancor prima del proprio reddito, le normali garanzie bancarie che sono alla base delle sue carte di credito. Ora s’innesterà l’effetto domino: le garanzie cesseranno e faranno ‘saltare’ le carte di credito. Queste ultime bloccheranno le vendite e senza queste salterà la produzione, negli Stati Uniti e all’estero. Tutto questo crollo aumenterà la fuga dei capitali cinesi richiamati in tutta fretta per finanziare il nascente e sterminato popolo consumatore cinese. 

Insomma, finchè gli Stati Uniti e l’Europa sono stati in grado di trainare i consumi mondiali, i ‘sistemi instabili’ (Russia, Asia e Medio Oriente) erano in stato d’equilibrio con l’Occidente. Le masse gravitazionali del pianeta avevano trovato un ‘modus vivendi’, forse non perfetto, ma sufficiente a non sbilanciare l’intero sistema. Ora, con il collasso della finanza privata, l’intero modello deregolamentato occidentale entra in affanno e - per ricaduta - libera energia che si riverbera su quei sistemi instabili, che tenderanno a reagire alle richieste interne. 

Errati gli interventi governativi occidentali: stampare carta moneta non farà altro che immettere altra droga valutaria nel sistema finanziario. Proprio come un drogato che si rende conto che l’eroina e la cocaina fanno male ma che non può più farne a meno, così è attualmente il modello di sviluppo occidentale: consumi non sorretti dal un corretto risparmio e ragionevole debito, ma una folle corsa al consumo senza controllo, basando il tutto sulle garanzie bancarie sotto forma non di beni fisici ma di azioni, obbligazioni e derivati. Tutta questa carta alimentata dalla produzione di altra carta: la moneta. Carta che giustifica carta. No, così non funziona proprio. 

Avremo in questo caso tre sistemi fisici (Medio Oriente, Asia e Russia) che entreranno in rapida rotazione (alla ricerca di nuovi equilibri proprio a causa del collasso occidentale) e collidenti con gli interessi geopolitici e strategici americani e britannici. La crisi si autofertilizzerà attingendo al continuo espandersi della crisi del sistema finanziario anglosassone che avrà, nei media globali, l’effetto turbocompressore. 

Un meccanismo infernale non cercato e neppure voluto, una tempesta perfetta proprio perché rispondente al principio di indeterminazione di Heisenberg. 





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