[Redditolavoro] Rapporto Covip: il Tfr stravince sui fondi Si studia la reversibilità

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Thu Jun 26 13:05:19 CEST 2008


Rapporto Covip: il Tfr stravince sui fondi Si studia la reversibilità

Paolo Andruccioli

ROMA


Nel 2007 il Tfr è tornato a battere i fondi pensione: 3,1% contro 2,1%. I 
crolli delle principali borse e in particolare il boomerang dei subprime 
americani hanno messo in crisi tutti i gestori, che non sono riusciti a 
stare all'altezza della situazione. Anche laddove sono stati contenuti i 
costi della gestione finanziaria (nei fondi pensione negoziali per esempio) 
le performance finali sono state più che deludenti. Anche il bilancio del 
«referendum» sul Tfr risulta alquanto deludente, visto che solo 70 mila 
lavoratori, su un totale di oltre 6 milioni di dipendenti hanno deciso di 
spostare il Tfr nelle casse dei fondi con il sistema del silenzio-assenso. 
Molto scarsa ancora l'adesione dei giovani sotto i 35 anni e delle 
lavoratrici, anche se la presenza femminile fa registrare una leggera 
crescita negli ultimi mesi.
I fondi pensione si continuano a concentrare soprattutto nel nord del paese 
e nelle grandi imprese, mentre nel pulviscolo delle piccole aziende italiane 
la previdenza complementare rimane ancora fuori dai cancelli. Completamente 
assente, invece (fatta eccezione per il fondo della scuola) nel settore 
pubblico. Sono questi alcuni dei dati principali contenuti nella Relazione 
annuale della Covip e nelle considerazioni del presidente Luigi Scimia, che 
questa mattina ha presentato il bilancio della previdenza complementare di 
fronte al ministro del lavoro e del welfare, Maurizio Sacconi.

«Dopo quattro anni di crescita sostenuta - ha detto Scimia - l'andamento 
negativo delle principali borse mondiali, iniziato in coincidenza con le 
note vicende legate alla crisi dei mutui subprime e acuitosi nei primi mesi 
del 2008, si è purtroppo riflesso nei rendimenti non incoraggianti 
conseguiti dai fondi. In media i risultati sono stati inferiori alla 
rivalutazione del Tfr». I dati in possesso della Covip sulle performance 
finanziarie dei fondi ci dicono così che nel 2007 il rendimento medio 
aggregato dei fondi pensione negoziali (quelli sindacali, ndr) è stato del 
2,1%, metre i fondi pensione aperti sono andati addirittura sotto: meno 
0,4%.

Che fare dunque? Tornare a mettere mano alle riforme? Il nuovo governo 
Berlusconi, rappresentato questa mattina da Sacconi, non sembra affatto 
intenzionato a tornare indietro. Il ministro del lavoro ha confermato cioè 
che la strada da battere è sempre quella della previdenza complementare, 
perché si deve costruire il welfare delle «opportunità e della 
responsabilità». Ma visto che anche a Sacconi risulta molto chiaro il no dei 
lavoratori ai fondi pensione e al correlato rischio finanziario che 
comportano, si fa strada l'idea di un ammorbidimento delle norme. Sacconi ha 
spiegato che sarebbe utile per esempio lavorare sull'irreversibilità della 
scelta: oggi infatti dal Tfr si può passare in qualsiasi momento al fondo 
pensione e non viceversa.

Sacconi (anche in una certa dissonanza con alcune recenti dichiazioni di 
Maroni) si è detto invece contrario a rendere obbligatoria l'adesione ai 
fondi, cosa che invece a quanto pare sarebbe gradita ad alcuni studiosi 
della materia, tra cui l'ex ministro Giuliano Amato, uno dei protagonisti 
delle riforme della previdenza pubblica. La Covip da parte sua si lamenta 
per l'assenza di risorse destinate all'informazione (ci vorrebbero circa 
altri 18 milioni, detto Scimia) e pur chiedendo stabilità, visto che le 
pensioni non possono essere «un cantiere aperto», propone alcuni 
aggiustamenti, tra cui appunto quelli relativi all'irreversibilità della 
scelta tra Tfr e fondo pensione e quelli sulla «portabilità» dei contribuiti 
versati dal datore di lavoro, oltre all'armonizzazione degli aspetti fiscali 
in particolare sulle detrazioni.
La Cgil è d'accordo sulla reversibilità, ma contraria alla portabilità: 
«Apprezziamo che il ministro Sacconi abbia ribadito che il sistema si basa 
sulla scelta individuale mettendo uno stop ad ogni ipotesi di 
obbligatorietà - spiega la segretaria Morena Piccinini - Riconfermiamo la 
contrarietà a un allargamento della portabilità del contributo del datore di 
lavoro oltre gli spazi definiti dalla contrattazione collettiva».

manifesto



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