[Redditolavoro] Caselle (TO): azione antimilitarista

Federazione Anarchica Torinese - FAI fat at inrete.it
Sat Jun 7 03:18:14 CEST 2008


Caselle (TO): azione antimilitarista

Striscioni contro gli eserciti e l’Alenia, “morti” e fumogeni alla rotonda
all’ingresso del paese.
6 anarchici fermati dai carabinieri e trattenuti in caserma per un’ora e
mezza.
Foto qui:
http://piemonte.indymedia.org/article/2230

Nel tardo pomeriggio del 6 giugno a Caselle alcuni antimilitaristi
anarchici hanno detto la loro sull’arredo urbano di una rotonda piazzata
all’ingresso del paese, di fronte ad un noto supermercato della zona.
Ormai da tre anni in centro alla rotonda è stata piazzata una freccia
tricolore della Fiat, uno di quei “giocattoli” che vengono usati durante
le parate per rendere bello lo spettacolo della guerra. I velivoli
sfrecciano nel cielo segnandolo con lunghe scie tricolori: le acrobazie
tengono col fiato sospeso e tentano di accendere il sentimento patriottico
di chi assiste. Funamboli con un fiocco tricolore per la propaganda di
guerra, per esaltare il mestiere delle armi, quello dell’assassino di
professione, il militare, pagato per seminare la morte, per fare strage e
distruzione. Un’orrenda ipocrisia, come quella di chiamare la guerra
“pace” e gli interventi come quello in Afganistan “missioni umanitarie”.
La rotonda di Caselle è stata finanziata dal Penny Market, che si trova di
fronte, e dall’Alenia, fabbrica d’armi che proprio a Caselle ha un suo
stabilimento, e dove gli aerei militari vengono collaudati.

Numerosi manichini sono stati collocati sotto l’aereo, in ricordo delle
vittime delle guerre e di chi sulla guerra lucra, come i fabbricanti
d’armi.
All’aereo sono stati appesi due striscioni “No a tutti gli eserciti” e
“Alenia fabbrica guerre”. Fumogeni colorati hanno inaugurato la nuova
rotonda, trasformata in luogo antimilitarista dove si ricordano le vittime
di tutte le guerre, di tutti gli eserciti.
Un’azione simbolica per ricordare che l’Italia è in guerra e che fermare
la guerra è necessario e possibile, lottando per la chiusura di basi,
caserme, aeroporti e fabbriche di morte.

Sei anarchici che si trovavano nei pressi della rotonda, dove è stata
fatta l’azione antimilitarista, sono stati fermati dai carabinieri, che li
hanno portati in caserma trattenendoli per oltre un’ora e mezza. Chi
ricorda che l’Italia è in guerra deve essere subito fermato. I solerti
tutori dell’ordine bellico si sono affrettati e rimuovere immediatamente i
manichini, gli striscioni e persino i tubi dei fumogeni. Evidentemente
nulla deve turbare la pace dei militaristi e dei guerrafondai, nessuno
deve pensare che le armi prodotte a due passi da casa sua servono ad
ammazzare gente inerme.

Ai passanti è stato distribuito un volantino che riportiamo sotto:

Boicottare gli eserciti, le basi, le fabbriche di morte
Tempo di guerra
L’Italia è in guerra. Truppe tricolori combattono in Afganistan. Lo
chiamano “peace keeping”: suona meglio e mette la coscienza a posto. Ma,
là, in Afganistan, ogni giorno bombardano, uccidono, imprigionano,
torturano. A morire sono uomini, donne e bambini. In silenzio. Sette anni
di guerra e dicono che sono lì per mantenere la pace. Dicono che sono lì
per la libertà. Dopo sette anni le donne sono ancora incarcerate sotto i
burqua, le poche scuole per bambine vengono fatte saltare in aria, le
attiviste vengono uccise. In Afganistan e in Iraq gli stessi cittadini
statunitensi hanno pagato e pagano un pesante tributo in sangue e soldi
per questo massacro senza fine. Ma che importa? Gli affari dei petrolieri
e dei fabbricanti di armi vanno a gonfie vele.

In Afganistan sono oltre 2.800 i soldati italiani armati di tutto punto,
elicotteri da attacco Mangusta compresi, sempre più spesso impegnati in
operazioni belliche. A sentire il nuovo ministro della guerra, in mimetica
e scarponi, è tempo di cambiare le regole di ingaggio per i “nostri”
soldati. Ossia dar loro mano libera nel fare la guerra.
Tutto questo orrore costa a tutti noi milioni di euro, sottratti a scuola,
trasporti, sanità, tutela del territorio. La spesa di guerra comprende il
mantenimento di basi, caserme, aeroporti, nonché un congruo numero di ben
addestrati assassini di professione, la guerra diventa sempre più vicina.
I governi di destra e quelli di sinistra hanno a fatto a gara nel
finanziare le imprese belliche, promovendo la costruzione di nuovi sistemi
d’arma e installazioni militari.
A Vicenza vogliono fare la più grande base militare USA d’Europa,
rafforzando il ruolo dell’Italia come gigantesca portaerei statunitense al
centro del Mediterraneo. A Novara stanno per costruire uno stabilimento
per l’assemblaggio dei nuovi bombardieri F35, giocattolini che possono
portare anche ordigni nucleari che costano intorno ai 150 milioni di euro
l’uno. Anche negli stabilimenti Alenia di Caselle e Torino lavorano a
queste nuove macchine di morte.

È notizia di questi giorni che in Campania l’esercito presidierà sette
siti che il governo ha dichiarato di importanza strategica, le sette
discariche “segrete” scelte per affrontare la perenne emergenza mondezza.
Così gli affari, quelli leciti e quelli illeciti - ma vi è poi vera
differenza? - potranno andare avanti. Per chi protesta perché non vuole i
rifiuti nelle uniche aree verdi o, come nel caso di Serre, nel più
importante serbatoio di acqua potabile della regione, c’è la galera sino a
5 anni. Niente raccolta differenziata, niente riciclo, niente politiche
rispettose dell’ambiente: si militarizza il territorio e si trattano i
cittadini in rivolta come delinquenti. È la guerra. La guerra interna.
Serve anche questa a mantenere la pace, la pace sociale.
È una china pericolosa, lungo la quale, una a una se ne vanno le nostre
esigue libertà: oggi è la volta di chi si oppone all’avvelenamento del
posto dove vive, domani toccherà ai No Tav e a tutti coloro che si battono
contro la devastazione del territorio e il saccheggio delle risorse.
Guerra interna e guerra esterna sono due facce della stessa medaglia:
quella del potere che perpetua se stesso ad ogni costo, quella del
profitto che macina vite, risorse e futuro della più parte di noi.

Opporsi alla guerra senza opporsi al militarismo, senza opporsi
all’esistenza stessa degli eserciti, vere organizzazioni criminali legali,
è mera testimonianza.

Fermare la guerra, incepparne i meccanismi è un’urgenza che non possiamo
eludere. A partire da noi, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono
caserme, aeroporti, scuole militari, fabbriche d’armi. A partire dalle
nostre piazze dove campeggiano come “eroi” le statue dei macellai di tutte
le guerre: simboli da cancellare perché il militarismo è un’aberrazione
indecente.
Non basta dire no alla guerra in Afganistan, alla militarizzazione della
Campania, alla base di Vicenza o agli F35 a Novara e a Torino: occorre
mettere sabbia e non olio nel motore del militarismo.

Contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti

Federazione Anarchica Torinese – FAI
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