[Redditolavoro] Lo strano modo di affrontare la questione salariale

Dario.mariani dario.mariani at email.it
Mon Jan 7 14:54:50 CET 2008


Lo strano modo di affrontare la questione salariale 

Ormai non esiste nessuno sulla terra che non chieda che i salari vengano
aumentati. 
Lo chiede il Governo che (dopo aver tagliato le pensioni) dichiara ora la
questione salariale prioritaria. 
Lo chiede Bankitalia, preoccupata per una riduzione dei consumi che fa tanto
male all\'economia.
Lo chiedono i padroni (Confindustria) che mentre si lamentano per ogni euro
richiesto in piattaforma sindacale pretendendo contropartite sempre più
pesanti per ogni cent che concedono, invitano il Governo ad aumentare il
reddito netto ai \"poveri lavoratori\" e, già che c\'è, a tagliare ancora
altre tasse alle imprese.
Ovviamente lo chiedono pure i Sindacati che dopo anni di moderazione
salariale e celebrazione del modello concertativo scoprono ora di non aver
saputo difendere i salari dall\'inflazione nè tanto meno a garantire equità
nella distribuzione della ricchezza prodotta. ... un vero e proprio flop
della tanto decantata linea concertativa. Ovviamente Cgil Cisl Uil non la
dicono così ... ma così è in realtà.
C\'è da riconoscere che Cgil Cisl Uil si sono trovati un pò spiazzate da
questo coro unanime su materie che dovrebbero essere di loro principale
preoccupazione e per distinguersi e farsi sentire alzano parecchio la voce
sopra il coro, arrivando addirittura a minacciare uno sciopero generale.

A guardare le cose così come appaiono tutto dovrebbe essere semplice.
Tutti dicono che i salari sono bassi e che bisogna aumentarli. Cosa c\'è di
meglio allora che chiedere un aumento dei salari ? 
Più semplice di così si muore ... ma non è così.

La strategia a cui tutti affidano l\'aumento dei salari è ben sintetizzabile
nelle parole d\'ordine .... 
- Manutenzione del modello contrattuale
- Riduzione delle trattenute sulle retribuzioni.

Che vuol dire \"Manutenzione del modello contrattuale\" ?
 
I più benevoli dicono che serve una manutenzione del protocollo del 1993
perchè così com\'è non funziona più. Contratti rinnovati in ritardo,
inflazione programmata troppo bassa, troppa frantumazione contrattuale ecc.
A sentire loro se i salari non sono aumentati quanto serviva è colpa di un
modello che se prima (a sentir loro) funzionava a meraviglia, si è ora
inceppato. In realtà il problema è che il modello del 93 era sbagliato in sè
perchè obbliga la contrattazione dentro ad un quadro di compatibilità che
non c\'entra nulla con la tutela dei salari, e perchè fa affidamento ad una
politica dei redditi che in realtà pesa come una mannaia solo sui salari.
Aggiungiamo pure l\'incapacità (spesso anche la non volontà) di rispondere
alle forzature padronali con una efficace risposta sindacale. 
Per questi, tutto si risolverebbe appunto con un nuovo quadro di regole tra
gentiluomini che renda più esigibile la contrattazione. Ovviamente ciò non
garantisce l\'aumento dei salari. 
 
I più malevoli aggiungono anche che, visto che il modello del 93 non è
riuscito ad intercettare la produttività, la nuova contrattazione dovrà
puntare solo sull\'aumento e sulla redistribuzione della produttività.
Lasciamo al contratt5o nazionale solo il ruolo di garantire un \"minimo\". 
Un concetto ben sintetizzato da Bonanni (Cisl) .... \"Basta col salario a
prescindere\". 
 
Benevoli e malevoli concordano comunque su un fatto e cioè che bisogna
aumentare la quota di salario variabile (legato al raggiungimento di
obiettivi di produttività e redditività di impresa) e che quindi va spostato
(chi dice di più e chi dice di meno) il baricentro della contrattazione sul
livello decentrato. 
Rimane aperta una discussione su quel che deve rimanere del contratto
nazionale. Per Cisl, Uil e Confindustria dovrebbe ridursi al lumicino e
magari anche passando dall\'attuale biennio al triennio contrattuale, la
Cgil (più tiepida) spera in un contratto nazionale che rimanga ancora
riferimento centrale della contrattazione. Una discussione in realtà del
tutto filologica visto che su uno spostamento di peso sul salario variabile
sono d\'accordo tutti e tanto basta per condannare la contrattazione
nazionale ad un lento ed inesorabile svuotamento. 
 
Ora ci si domanda. 
Se il problema da cui partono tutti è quello di aumentare i salari, perchè
allora non si comincia a chiedere maggiori aumenti salariali facendo piazza
pulita di tutti quei vincoli e quelle predeterminazioni che hanno di fatto
condannato i salari, in tutti questi anni, ad una sorta di riduzione
programmata ? 
Se i problema da risolvere è quello di tutelare i salari almeno
dall\'inflazione reale, perchè allora non puntare a ripristinare una sorta
di adeguamento automatico, lasciando cos\' la contrattazione libera di
concentrarsi sulla redistribuzione sui salari di una quota della maggiore
ricchezza prodotta ? 
 
Ma a quanto pare il problema, così come è posto da Cgil Cisl Uil nel
rapporto con le parti padronali, non è quello di aumentare le retribuzioni
ma di fare \"manutenzione\" al modello contrattuale del 93 proponendone una
rivisitazione che ha tutta l\'aria di portarci in alto mare secondo
l\'assunto che \"per guadagnare di più bisogna lavorare di più\" ... cosa
altro è il legare maggiori quote di retribuzione agli obiettivi di
produttività ??? 
 
Che vuol dire \"Riduzione delle trattenute sulle retribuzioni\". 
 
Quanto poco c\'entri la discussione sul nuovo modello contrattuale con
l\'obiettivo di aumentare i salari lo abbiamo appena visto. Non sarà infatti
alle imprese che si chiederà di redistribuire un po di quella redditività
aumentata in almeno 10 anni a causa del contenimento dei costi salariali ed
occupazionali. 
L\'aumento delle retribuzioni viene rivendicato in primis ed essenzialmente
al Governo. L\'assunto è semplice. Se si riduce la tassazione la
retribuzione netta aumenta. 
Plaude Confindustria che così vede ridursi la pressione salariale sulle sue
tasche. Ammicca il Governo (diviso tra gli entusiasti ed i iper-perplessi)
che in qualche modo vede in questo una possibilità di recuperare un po di
consenso. Plaudono ovviamente Cgil Cisl Uil che intravvedono un facile
risultato ma che vorrebbero intascare presto anzi subito. 
 
A noi rimangono non poche perplessità. 
E\' chiaro che riducendo le tasse sulle retribuzioni aumenta il netto in
busta paga. ma questo non è un aumento salariale, è semplicemente
l\'anticipazione in busta paga di quello che lo stato dovrebbe restituirci
in termini di salario sociale (servizi, istruzione, sanità ecc). 
Infatti cosa sono le tasse se non un contributo che tutti i redditi devono
fornire per il funzionamento dello Stato, del suo apparato e dei servizi che
questo deve erogare in conformità al dettato costituzionale che a quei
servizi hanno diritto tutti indipendentemente dalla loro condizione sociale.

Il fatto è che la richiesta di detassare i salari indirettamente da manforte
a quella filosofia di punta che da anni Capitale e rendita sostengono, e
cioè che vanno ridotte drasticamente le tasse in quanto lacci e lacciuoli
allo sviluppo (dei loro redditi). 
Ora è chiaro che se dovesse passare la logica di ridurre le tasse come
volano dello sviluppo (teoria sostenuta proprio oggi da Bankitalia) la
conseguenza immediata sarà un peggioramento delle disponibilità di spesa
pubblica a sostegno di quei servizi che dovrebbero essere garantiti a tutti.
Una strada che apre al peggioramento delle condizioni di vita di milioni di
lavoratori (e quindi delle loro condizioni salariali) ed alle
privatizzazioni selvagge (quelle per capirci all\'americana dove vieni
curato in ospedale solo se hai i soldi). 
Cgil Cisl Uil si sono messi su una strada facile per ottenere
nell\'immediato qualche lira in più sulle retribuzioni ma è una strada piena
di pericoli e dalle conseguenza imprevedibili e non buone. 
Molto pià difficile ed impegnativo sarebbe stato semplicemente cambiare
linea rivendicativa e pensare a richieste contrattuali più serie o alla
reintroduzione di un sistema automatico di adeguamento delle retribuzioni
all\'inflazione reale. Ma questo, si sa, porta dritto a litigare con
Confindustria ... cosa che Cgil Cisl Uil vogliono evitare. Non ne hanno la
forza e non ne hanno la voglia.  
La strada quindi delle riduzioni del peso fiscale sulle retribuzioni è una
strada piena di pericoli, facile da sdoganare per i suoi risultati immediati
ma condannata a finire in un vicolo cieco. 
 
La confusione regna 
 
Il prossimo 8 gennaio Cgil Cisl Uil avranno un incontro col Governo per
discutere appunto di detassazione dei redditi. 
L\'unica cosa certa che è stata messa nelle disponibilità del governo è la
detassazione del salario ottenuto in cambio di maggiore produttività.
Praticamente quel che ne esce è una incentivazione a sostenere lo sviluppo
del salario ad incentivo (forma moderna del cottimo), ma anche su questo è
tutto da vedere. C\'è già nel Governo chi propone di far valere questa
detassazione solo per i primi due anni. 
Ciò che emerge è che ci sono porte aperte e sfondate per sostenere anche
finanziariamente tutto ciò che va nella direzione di rivedere il modello
contrattuale a favore del salario ad incentivo (quello legato alla
produttività), ma molta cautela sul resto. 
Riguardo alla revisione delle aliquote ed alle detassazioni in generale si
sa poco. Si sa intanto che fino ad aprile non se ne potrà parlare (si
aspetta infatti il quadro sull\'andamento delle entrate fiscali). Si dice
che se detassazione deve essere questa va rivolta a sostegno dei redditi
bassi, dei non abbienti e delle famiglie numerose. Tanti paletti che
vogliono dire solo una cosa. Poche idee chiare ed una disponibilità tutta da
verificare. 
Certo Cgil Cisl Uil vanno all\'incontro con la minaccia di uno sciopero
generale in tasca e non è detto che per un motivo o per un\'altro si
arriverà a proclamarlo veramente. 
 
Ma qui sorge un problema. Su cosa esattamente saremo chiamati a fare uno
sciopero ? Non certo solo per lamentarci e non certo sulla base di quel
generico documento presentato da Cgil Cisl Uil all\'assemblea nazionale
tenutasi a Milano il 24 novembre 2007. 
Quello che manca è ancora una volta una piattaforma ed un sindacato che
abbia la capacità di andare ad ascoltare i lavoratori prima di avanzare
delle proposte. Una carenza che denunciamo sia riguardo al confronto col
Governo che con Confindustria sul modello contrattuale. 
 
Vogliamo veramente conquistare un nuovo modello che garantisca ai salari di
aumentare veramente? ... allora bisogna litigare con Confindustria per
liberare i contratti dagli attuali vincoli e ripristinare un sistema di
adeguamento dei salari all\'inflazione reale ... altro che concertazione ..
altro che chiacchere. 
 
7 gennaio 2008 
 
COORDINAMENTO RSU  
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