[Redditolavoro] L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro precario e l'assistenza sociale !?!?
clochard
spartacok at alice.it
Wed Feb 13 15:15:42 CET 2008
Un sensato articolo ereticalmente blasfemo rispetto all'idolatria del
"P.I.L." che ha contagiato ormai tutta la sinistra istituzionale italiota
... e non solo!
Ciao!
enrico
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da carta.org
gennaio 2008
Cari Rutelli e Veltroni, comprate le banane
di maurizio pallante
La mattina di lunedi 27 agosto 2007, quaranta gradi Celsius, al mercatino
settimanale di Ventotene la frutta di stagione, prodotta - stavo per dire
coltivata - nelle campagne dell'Agro Pontino costava 1,50 euro al chilo. Le
banane 1,30. Le pesche erano tutte molto grandi e dello stesso calibro,
sembravano le bocce di legno di una volta, ma buone. Altrettanto buone, e di
dimensioni grandi e regolari, erano l'uva e le pere. Non coltivate
biologicamente, ne c'era alcuna intenzione di spacciarle per tali.
Come poteva costare di meno un frutto che veniva da un altro continente dopo
aver percorso decine di migliaia di chilometri in camion, aereo, camion e
nave? Se avessi dovuto spiegare a un bambino di sei anni la globalizzazione
non avrei potuto trovare nulla di meglio.
In un sistema economico fondato sulla crescita del prodotto interno lordo,
per essere competitivi e riuscire a stare sul mercato occorre produrre
sempre di più a costi sempre piu' bassi. Per ridurre i costi ci sono due
strade: sostituire in misura sempre maggiore il lavoro umano con tecnologie
sempre piu' " performanti " e ridurre progressivamente i costi del lavoro
umano che non si puo' sostituire con la tecnologia. Poichè le tecnologie
piu' efficienti sono in mano ai paesi più ricchi e il costo del lavoro piu'
basso è nei paesi piu' poveri, nel contesto della globalizzazione il mix
necessario per essere competitivi sui mercati è trasferire nei paesi più
poveri le tecnologie piu' " performanti " dei paesi piu' ricchi e
trasportare nei paesi piu' ricchi le merci prodotte nei paesi piu' poveri,
perchè in conseguenza del basso costo dei combustibili fossili i costi di
trasporto vengono abbondantemente assorbiti dai minori costi di produzione.
Signora, non compri quelle banane per i suoi bambini. Per costare meno della
frutta prodotta a un tiro di schioppo, con un uso massiccio di protesi
chimiche e manodopera precaria composta per lo piu' da immigrati, sono state
necessariamente prodotte utilizzando in modo incontrollato quantità maggiori
delle protesi chimiche più nocive, che le legislazioni meno lassiste dei
paesi ricchi non consentono piu' di adoperare, e pagando ancor meno una
manodopera sfruttata fino all'esaurimento delle forze per una miseria
retributiva. Signora, non le compri. Fanno male a chi le mangia, a chi le
produce e alla Terra. E poi non li vede in spiaggia, quanti bambini e
adolescenti con la ciccia molle, gomfiata di ormoni come vitelli, che
strabordano dai loro buffi costumi?
La mattina di lunedi 27 agosto 2007, quaranta gradi Celsius, il quotidiano
la Repubblica dava ampio spazio a due tra i più autorevoli rappresentanti
delle forze politiche che hanno deciso di confluire nel Partito Democratico,
pubblicando una lettera al direttore del ministro nonchè vicepresidente del
consiglio, Francesco Rutelli, e il resoconto di un intervento del prossimo
segretario del nuovo partito (democratico), Walter Veltroni, a un seminario
di studi organizzato a Parigi dall'associazione Les Gracques, che riunisce
gli alti funzionari statali francesi aderenti al Partito Socialista
Nella sua lettera, intitolata:" E ora le riforme per sconfiggere la destra",
il ministro Rutelli scrive: " -...- una parte rilevante del nostro mondo (
l'area di sinistra del centro-sinistra, ndr ) si sente ancora legata a
impostazioni del passato. -....- E, sia chiaro, non sono fatti del passato
le criticità sociali di oggi: la scarsissima mobilità sociale, il sentimento
di incertezza, insicurezza e precarietà che tocca fasce rilevanti di
popolazione, la caduta del potere d'acquisto di famiglie monoreddito, di
ceti medi che perdono posizioni. Ma sono le ricette spesso avanzate da forze
di sinistra che io definisco conservatrici a non funzionare. E il paradosso
è che piu' una parte della sinistra si radicalizza, più crescono i consensi
anche nei ceti popolari - ed operai - per le destre. Piu' i riferimenti alla
precarietà sono ideologici ed estremisti e meno cresce l'impegno politico
tra i giovani che hanno un lavoro discontinuo. Cosa vogliono i democratici?
Incentivare la buona occupazione, dare tutele moderne e giuste al lavoro
flessibile, non certo rendere piu' rigidi i rapporti di lavoro. Favorire la
creazione di ricchezza nel paese, non sognare di ridistribuire
un'immaginaria ricchezza generata dallo Stato. Modernizzare l'assicurazione
pubblica , se vogliamo veramente difendere un modello sociale inclusivo, non
certo estendere l'assistenzialismo".
Nelle sue considerazioni il ministro parte dalla descrizione sommaria dei
piu' gravi problemi sociali che affliggono il paese, non tenta di
analizzarne nemmeno superficialmente le cause, stronca le ricette presentate
dai partiti della sinistra radicale senza dire le ragioni per cui le ritiene
sbagliate, ma giudicandole tali per definizione, in quanto " conservatrici
", formula una proposta che trasforma questi problemi in dati di fatto
immodificabili ( in nome del realismo politico? ) , limitandosi ad indicare
genericamente la volontà di attenuarne le conseguenze. Del resto, se non
ritiene importante analizzarne le cause come potrebbe prendere in
considerazione la possibilità di rimuoverle?
Evidentemente il ministro non va al mercato ( ci mancherebbe, con tutto
quello che ha da fare!) ma, se ci andasse, il prezzo delle banane lo farebbe
sicuramente riflettere e forse anche insospettire sul fatto che possa avere
qualche collegamento col " sentimento di incertezza, insicurezza e
precarietà che tocca fasce rilevanti di popolazione " e con la " caduta del
potere d'acquisto di famiglie monoreddito, di ceti medi che perdono
posizioni ".
Se sotto casa si trovano quotidianamente merci prodotte in un altro
continente che costano meno delle merci prodotte sotto casa, o si produrrà e
si lavorerà sempre meno sotto casa, e quindi aumenterà la precarietà e
diminuirà il potere d'acquisto, o si farà in modo di produrre sotto casa a
costi più bassi dei costi con cui si produce nell'altro continente, e quindi
aumenterà la precarietà e diminuira' il potere d'acquisto, o la concorrenza
fara' trovare un punto d'equilibrio tra le due possibilità, e quindi
aumenterà la precarietà e diminuirà il potere d'acquisto. In qualunque modo
la si metta, continueranno a verificarsi le " criticità " cosi' lucidamente
sintetizzate.
Se nel presente, non interpretabili con le " impostazioni del passato ",
l'economia puo' continuare a crescere solo nel contesto di un mercato
globalizzato, e se il fine dell'economia non puo' che continuare a essere la
crescita, il " sentimento di incertezza, insicurezza e precarietà " toccherà
fasce sempre piu' rilevanti di popolazione; la " caduta del potere
d'acquisto di famiglie monoreddito " proseguirà, aumenteranno i " ceti medi
che perdono posizioni "; continuerà a diminuire " l'impegno politico tra i
giovani che hanno un lavoro discontinuo ".
Ma la crescita, dice Rutelli, consente di ricavare i mezzi per " dare tutele
moderne e giuste al lavoro flessibile ", per cui la flessibilità/precarietà
è contemporaneamente il problema da risolvere e la sua soluzione! Compito
della politica economica è " favorire la creazione di ricchezza nel paese
( crescita del prodotto interno lordo, ndr ), non sognare di redistribuire
un'immaginaria ricchezza generata fallo Stato ". Chi abbia immaginato questa
immaginaria ricchezza non è specificato, anche se si puo' immaginare che il
riferimento sia ai conservatori di sinistra.
Aumentando la ricchezza nel paese, conclude il ministro, si potrà "
modernizzare l'assicurazione pubblica ", se vogliamo davvero difendere un
modello sociale inclusivo, non certo estendere l'assistenzialismo ". Quale
differenza ci sia tra moderna assicurazione pubblica e assistenzialismo non
è specificato. Forse perchè sono la stessa cosa detta con parole diverse,
anche se indubbiamente la connotazione della modernità con le sue
caratteristiche innovative conferisce alla proposta un appeal che surclassa
le vecchie ricette delle forze conservatrici di sinistra. Quelle che
pretendono di conservare un diritto obsoleto come la stabilità e la
sicurezza del posto di lavoro.
La precarietà è anche il tema che lo stesso giorno, con perfetta sincronia,
Walter Weltroni pone al centro del suo intervento al convegno degli alti
funzionari statali francesi aderenti al Partito Socialista. la
considerazione iniziale è che si tratta di un fatto nuovo. Non un problema
nuovo, di cui occorre analizzare le cause per tentare di risolverlo o
rimuoverlo. Ma un fatto nuovo che richiede strumenti nuovi per utilizzarne
gli aspetti positivi e attenuare quelli negativi.
Nonostante questa fiducia nel potere taumaturgico dell'innovazione, la
premessa della sua proposta non si puo' certo dire innovativa, dal momento
che ribadisce la necessità della crescita economica, un indicatore della
ricchezza effettiva e del benessere certamente vecchio, ma soprattutto
inadeguato ( le due connotazioni non coincidono, perchè se fosse valido la
vecchiezza non lo inficerebbe, mentre la novità non lo renderebbe valido se
non lo fosse ). Una inadeguatezza su cui si comincia a riflettere anche in
ambienti insospettabili come la Commissione europea ( che, ad esempio, in
novembre ha organizzato a Bruxelles in collaborazione col Parlamento europeo
e all'Ocse una conferenza internazionale intitolata " Oltr il Pil ").
Dopo la ripetizione della giaculatoria che " è la povertà, non la ricchezza
il nostro primo avversario ", Veltroni aggiunge: " Se l'economia va male,
non ci puo' essere giustizia sociale, senza crescita delle imprese ogni
obbiettivo di equità e di creazione di opportunità si allontana". Che la
crescita economica dei paesi industrializzati sia, al contrario, l'opposto
dell'equità - perchè aumenta le diseguaglianza tra nord e sud del mondo, tra
paesi industrializzati e paesi poveri - lo provano i fatti, ed è noto a
tutte le persone non appiattite sul più becero egoismo materialista.
In che modo, tuttavia, la crescita possa tradursi in un fattore di equità
all'interno dei paesi industrializzati, l'allora futuro presidente del
Partito Democratico lo spiega subito dopo: " Davvero non vedo come la
sinistra e gli stessi sindacati possano non avere come prima priorità
l'affermazione dei diritti dei più deboli, di quei precari che non godono
dei privilegi dei garantiti. Il nostro impegno deve concentrarsi su di loro,
sulla creazione di un efficace sistema di ammortizzatori sociali, di
contrappesi sul piano della continuità previdenziale, di solide indennità di
disoccupazione".
In una Repubblica fondata sul lavoro, come recita il primo articolo della
nostra Costituzione, un posto di lavoro non precario nella sua concezione
diventa un privilegio. Non un diritto. E questa è senza dubbio una grande
innovazione concettuale. Da cui inevitabilmente deriva una proposta politica
innovativa. Non l'impegno a far uscire i precari dalla loro condizione, ma
ad attenuare le conseguenze creando " un efficace sistema di ammortizzatori
sociali, di contrappesi sul piano della continuità previdenziale, di solide
indennita' di disoccupazione ". Con quali soldi? Togliendo ai lavoratori non
precari i loro privilegi per realizzare un'equità fondata sull'estensione
della precarietà!
Nel discorso al Lingotto di Torino, in cui ha presentato la propria
candidatura alla guida del Partito Democratico, Veltroni lo aveva detto con
chiarezza: " Mi ripeto, so di farlo: la lotta alla precarietà è la grande
frontiera che il Partito Democratico ha davanti a sé. Non si vince questa
lotta senza riscrivere un patto generazionale tra gli italiani. Senza
spostare le ingenti risorse oggi impegnate per far fronte agli equilibri del
sistema pensionistico verso i giovani e la loro inclusione ". Sulla base di
questa concezione il primo articolo della Costituzione andrebbe riscritto
così: L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro precario e l'assistenza
sociale.
Maurizio Pallante
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