[Redditolavoro] Kosovo: Mafia, politica e agenti segreti

clochard spartacok at alice.it
Fri Dec 26 19:35:05 CET 2008


KOSOVO
Mafia, politica e agenti segreti. La spy-story che sfiora Thaçi







PAOLO SOLDINI

italia at unita.it

ROMA

A Priština pochi giorni fa tre tedeschi sono stati arrestati con l’accusa di aver compiuto un attentato contro la sede dell’Ico, l’organismo internazionale che vigila sulle istituzioni della nuova Repubblica. Ma forse dietro l’arresto, c’è l’inchiesta sui possibili legami tra il premier e la criminalità organizzata.




I Balcani sono i Balcani, ma una storia come questa pare incredibile pure nel Kosovo di tutte le trame, tra spioni (in proprio e di Stato), doppiogiochisti, mestatori e trafficanti d’ogni risma. Una decina di giorni fa, con grande clamore mediatico la polizia di Priština arresta tre tedeschi. Su Andreas J., Andreas B. e Robert Z. pesa un’accusa molto pesante: avrebbero organizzato e portato a termine, il 14 novembre, un attentato contro la sede dell’ICO, l’organismo amministrativo internazionale che, in base alle intese sull’indipendenza del Kosovo, vigila sulle istituzioni della nuova Repubblica ed è diretto dall’inviato speciale dell’Unione europea, l’olandese Piether Feith. In effetti, quel giorno qualcuno, da un vicino edificio disabitato, ha gettato una bomba di modesta potenza contro la palazzina dell’ICO, senza provocare ne´ feriti ne´ danni troppo seri: niente di grave, insomma, in una terra abituata a ben altre violenze.


I due Andreas e Robert, però, non sono tre persone qualunque: come comunica pubblicamente, contravvenendo alle regole non scritte in questo genere di relazioni, il pubblico ministero di Priština Feti Tunuzliu i tre sono agenti del Bundesnachrichtendienst (BND), il servizio segreto della Repubblica federale, e sono alle dipendenze di una società privata che “notoriamente” assiste per conto del BND le imprese tedesche che investono nel Kosovo. Fotografati e ripresi in tutte le pose, citati per nome e cognome su tutti i giornali del paese e mostrati in tv, insomma bruciati di brutto, Andreas J., accusato di aver materialmente gettato la bomba, Andreas B. e Robert Z., possono cominciare subito a cercarsi un altro lavoro, non prima di aver sperimentato le durezze del carcere di Priština in cui vengono rinchiusi nonostante che Berlino, un paio di giorni dopo l’arresto, abbia inviato un aereo militare per riportarli a casa, com’è d’uso nelle faccende di spionaggio andate a male. Poi tre o quattro giorni fa, all’improvviso, gli spioni tedeschi scompaiono dalle tv e dai giornali. Si dice che, alla fine, i kosovari abbiano accettato di farli partire e di giudicarli in contumacia. Si dice pure che abbiano posto una condizione: nessun clamore, in Germania, sulla conclusione della vicenda.


Fine, apparente, della storia. Della quale, così com’è stata raccontata, non si capisce un accidenti. Anzi, si capisce che ci sono molte cose che non quadrano. La prima è l’esistenza di una ripresa televisiva nella quale, secondo la polizia e la magistratura di Priština si vedrebbe Andreas J. nell’atto di gettare l’ordigno. Le immagini, però, non vengono mai mostrate in pubblico. L’avvocata Bytyqi-Gashi, che difende i tre agenti, sostiene che, a differenza di quanto afferma la polizia, nelle riprese non si distinguerebbe alcun volto. Tanto che i funzionari dell’ambasciata tedesca, i quali ammettono che i tre agenti possano essere stati sul posto, ma dopo l’attentato e per svolgere indagini, invitano le autorità giudiziarie a renderle pubbliche. Invano. Inoltre non si capisce proprio perchè sull’attentato, che era passato quasi inosservato, e sull’arresto sia stato montato un tale battage, a rischio di compromettere molto seriamente le relazioni della giovane Repubblica indipendente con la Germania. La cosa più inspiegabile di tutte, però, è un’altra. Quale sarebbe la ratio dell’attentato? Perchè i tedeschi avrebbero dovuto colpire un organismo politico dell’Unione europea, nel quale, oltretutto, hanno un ruolo centrale?
Perchè il Paese che dopo gli Stati Uniti è stato quello che più si è dato da fare per il distacco del Kosovo dalla Serbia ed è impegnatissimo nella Eulex (European Union Rule of Law in Kosovo), la missione di 2mila tra giuristi, poliziotti e amministratori inviati dalla Ue per costruire il tessuto amministrativo del Paese, avrebbe dovuto mandare i propri agenti a buttare bombe contro, in un certo senso, se stessi? Molto confusamente, esponenti del governo kosovaro hanno sostenuto che la missione dei tre tedeschi era quella di “destabilizzare” la situazione politica a Priština per favorire lo smembramento del Kosovo, con la secessione delle province a maggioranza serba, a cominciare da quella settentrionale, e contigua alla Serbia, di Kosovska Mitrovica. L’accusa, sostengono fonti diplomatiche tedesche, è surreale: la Germania non ha alcun interesse alla creazione diun nuovo contenzioso serbo-albanese su Mitrovica. E però un granello di distorta verità le accuse e le mezze accuse kosovare potrebbero contenerlo: nei piani dell’Eulex ci sono anche programmi di gestione amministrativa delle province e dei comuni kosovari a maggioranza serba, che potrebbero essere “cantonalizzati”, nonche´ precise raccomandazioni al rispetto dei diritti civili, religiosi e linguistici delle minoranze presenti nel Paese: serbe, ma anche rom, turche e “egiziane”. Ne´ le cantonalizzazioni, ne´ gli statuti di protezione delle minoranze incontrano troppe simpatie nell’attuale governo kosovaro.
Ma la stampa tedesca che ha sollevato il caso, in particolare la Süddeutsche Zeitung, ha un’altra chiave di lettura dell’accaduto. Forse meno raffinata ma certo più convincente. L’arresto dei tre agenti sarebbe una vendetta e un messaggio di stampo mafioso che una parte dell’establishment di Priština avrebbe inviato a Berlino. Si sa che il Bundesnachrichtendienst, tra tutti i servizi segreti operanti nel Kosovo, è il più attento ai legami, profondi e organici, che l’attuale potere politico di Priština intrattiene con la criminalità organizzata. Il BND, in un certo senso, lavora per tutti i paesi occidentali, e in particolare per noi italiani, visto che gran parte dei traffici di droga, di prostituzione forzata e di commercio di esseri umani della potente mafia kosovara fanno capo alle organizzazioni italiane, la Sacra Corona Unita, la ‘ndrangheta, Cosa Nostra, la camorra. Pare che la società fittizia per cui lavorano i tre tedeschi, la Logistic Coordination Assessment Service (LCAS) sia in realtà un’agenzia di controllo sulla “pulizia” dei legami d’affari tra le imprese kosovare e i loro referenti nel resto d’Europa. E pare che dedichi una certa attenzione alle attività di buona parte del governo e dell’apparato del Partito democratico del Kosovo (Pdk), erede dell’Uck che condusse la lotta armata contro i serbi. A cominciare dal capo del governo, nonché presidente del partito, Hashim Thaci.


Non è la prima volta che il nome dell’uomo forte del Kosovo viene evocato in relazione ai traffici criminali che fanno della piccola Repubblica priva di risorse e di materie prime il nodo principale del traffico di eroina e di cocaina dall’Oriente all’Europa, nonché una inesauribile riserva di “materiale umano” da avviare alla prostituzione o alla schiavitù. Thaci era abbondantemente “chiaccherato” già una decina di anni fa quando, appena trentenne, come leader dell’Uck fortemente appoggiato dagli Usa partecipò  ai negoziati che sarebbero poi falliti provocando nella primavera del ‘99 l’intervento armato della Nato contro la Serbia.
Una vendetta? Un avvertimento a non indagare più di tanto? Certo, questo spiegherebbe meglio di qualsiasi altra ipotesi la nuova spy-story andata in scena sul palcoscenico
della più complicata e ambigua capitale balcanica. Una storia alla quale sarebbe bene che le nostre autorità prestassero molta attenzione.


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La copertura

I tre arrestati dalla polizia kosovara lavorano per il Bnd, il servizio segreto tedesco


LA SÜDDEUTSCHE ZEITUNG
Secondo il quotidiano tedesco, l’arresto dei tre sarebbe una sorta di messaggio di stampo mafioso che una parte dell’establishment kosovara avrebbe inviato a Berlino per fermare ulteriori indagini.





Il giro d’affari
Contrabbando e droga, l’economia "sommersa" di un Paese povero


Le cifre del disastro economico del Kosovo dicono che la regione è, con ogni probabilità, la più povera d’Europa. Almeno ufficialmente, perchè in realtà se si guarda alla “economia sommersa” nel Kosovo girano molti più soldi di quanti ce ne dovrebbero essere. Solo che “economia sommersa”, da queste parti, significa criminalità: dalla falsificazione dei grandi marchi europei (film, cd, tessuti, cuoieria) al contrabbando ai traffici di ogni genere, droga e prostituzione in testa. Il Pil del paese non tocca i 2 miliardi di euro; la media salariale degli occupati (appena un terzo della popolazione attiva) non tocca i 250 euro mensili e su 100 kosovari 15 sopravvivono con meno di un euro al giorno.
Va un po’ meglio a quanti lavorano per le organizzazioni internazionali, intorno alle quali si è sviluppata, specie a Priština, una assai precaria rete di servizi. Ma la bilancia dei pagamenti dà la misura di quanto il Kosovo, che al tempo della Jugoslavia ospitava fabbriche, miniere e un’agricoltura in grado di esportare, si sia impoverito negli ultimi anni. La piccola repubblica importa beni per quasi un miliardo di euro, ma ne esporta solo per 37 milioni, soprattutto legname e funghi. Eppure a Priština e nelle altre città non è raro vedere ricchezze ostentate, soprattutto negli ambienti vicini ai gruppi oggi al potere. E a una mafia che ha forti legami al di qua dell’Adriatico.




http://archivio.unita.it/v2/gol/viewer.asp?Pag=20&G=09&M=12&A=2008&foliazione=47&startpag=0&sezione=naz

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