[Redditolavoro] la cordata dei 16 coscritti
anna
a.grav at libero.it
Sat Aug 30 17:31:57 CEST 2008
Ho preso spunto dallarticolo pubblicato su repubblica con qualche mio
commento e precisazione in corsivo.
Così è nata la cordata dei patrioti coraggiosi, i 16 "coscritti" - ma quanti
altri si accoderanno sull'onda della tremontiana economia sociale di mercato
? - disposti a fare gli azionisti "captive" del governo sotto le vesti di
"cavalieri bianchi". In cambio di che? Con quale contropartita politica
derivante dal rapporto privilegiato con Palazzo Chigi, che su rifiuti
napoletani e Alitalia si è giocato la periclitante credibilità degli
annunci? Eugenio Scalfari, Francesco Giavazzi, Tito Boeri, Franco
Debenedetti e altri hanno già ritratto a grandi linee l'album di famiglia
dell'"Operazione Fenice", che, nella migliore tradizione, è nutrita di
politica, l'unica che sembra poter dare "dividendi", con la pubblicizzazione
delle perdite e la privatizzazione dei profitti, a questo capitalismo che
aborrisce di fatto, se non a parole, il libero mercato. Come vuole la
religione monopolista e antimercatista del "Lider Maximo", nato a suo tempo
sulla benevolenza di Bettino Craxi e di qualche loggia bancaria e oggi
spalleggiato dall'ideologo Giulio Tremonti.( quello delleconomia sociale di
mercato, scopiazzando la Robin Hood Tax , la tessera della povertà ( a
ricordo della tessera del pane) ecc ecc)
L'ha detta bene Michael O'Leary, patron di Ryanair: "Uno sport folle":
l'interferenza della politica in Italia è uno sport folle. Cui i capitalisti
nutriti di animal spirits, di shumpeteriana gagliardia, si acconciano con
entusiasmo. Ne abbiamo almeno sedici nel "Pittoresco Capitalistico" che va
in scena in queste ore, ma potrebbero ancora crescere, attratti dalle
contropartite governative. Quali contropartite? Non scherziamo.
Altro che il Ponte sullo Stretto, di cui Benito Mussolini annunciò
l'imminente inizio dei lavori settant'anni fa, ma che forse non si farà mai,
o che comunque noi purtroppo non vedremo( con sommo dispiacere anche del Di
Pietro che con la faccia fa il duro e poi approva il finanziamento della
società di solo progettazione Ponte di Messina) . C'è pronta la manna del
2015: l'Expò di Milano, la ex capitale morale che torna grande, maestosa,
quasi da bere, come ai bei tempi. Scorri i nomi dei sedici ardimentosi e non
ne trovi uno che non sia in attesa di assai lucrosi favori governativi.
Lasciamo stare per un istante Salvatore Ligresti, palazzinaro e
assicuratore, già protagonista della Milano da bere e di quella in manette,
i Benetton, Tronchetti Provera, Marcellino Gavio, i pubblici concessionari
autostradali, i proprietari di aeroporti e stazioni, e gli altri i cui
interessi, curati con affetto in cambio dell'intervento patriottico, sono
evidenti: 16 miliardi pubblici d'investimenti e di relativi appalti per
l'Expò destinati ai padiglioni, ma soprattutto a due autostrade, due metrò,
una nuova tangenziale, stazioni, ferrovie e quant'altro.
Lasciamo stare Francesco Caltagirone Bellavista che con l'Ata ha mire
consistenti su Linate e su altri cospicui business milanesi, dopo aver
ristrutturato a Venezia il Molino Stucky. Tralasciamo anche Emilio Riva (
quello condannato per mobbing per aver relegato per due anni tutti i
sindacalisti e lavoratori che non volevano piegarsi al volere dei capetti,
in una palazzina - la palazzina LAF- in stanze con solo scrivania e sedia e
pareti bianche per otto ore al giorno senza telefono e contatti con
lesterno a fare
un cazzo) , l'acciaiere tradizionale supporter
berlusconiano di ferro, e Marco Fossati che deve difendere il suo
investimento in Telecom dalle mire spagnole. E, per carità, la Emma ( la
Mercegaglia che dichiarava la legge contro gli infortuni troppo pesante per
gli imprenditori, e nelle sue fabbriche si continua a morie e a rimanere
storpi per lavoro) che, poveretta, è sulla graticola di Confindustria e ha
Berlusconi che le fiata sul collo. Carlo Toto poi deve in qualche modo far
volare quell'Airone zoppo e scalcagnato che ha sul gobbo. Claudio Sposito e
Salvatore Mancuso, bontà loro, rispondono all'appello del premier con un
"chip" milionario che, statene certi, produrrà interessanti favori
governativi ai loro fondi.
Concentriamoci piuttosto su Davide Maccagnani, imprenditore ignoto ai più,
che proprio incuriosisce. Ex titolare, presidente e amministratore delegato
della Simmel Difesa, unico produttore in Italia di munizioni e di spolette
di medio e grosso calibro per cannoni navali, oltre che di esplosivi, teste
missilistiche, razzi e sistemi d'arma a razzo, questo Davide ha appena
venduto l'azienda, con stabilimenti a Colleferro e ad Anagni, vicino Roma,
agli inglesi della Chemring.
Di Davide, che si divideva tra Torino e gli stabilimenti laziali dove ci fu
un'esplosione che provocò un morto e molti feriti, il "santino" del premio
di un "Gran Galà Stampa" del 2003 ci racconta che "è uno dei più stimati e
apprezzati capitani d'industria a livello intercontinentale, un industriale
che si è fatto veramente da solo con notevoli sacrifici, con lo studio, con
l'applicazione, con il coraggio e la grandissima perseveranza".
Che c'entra Maccagnani con l'Alitalia ? Non disperate, ha messo via i soldi
degli inglesi che hanno comprato i suoi missili di Colleferro e ha messo in
piedi una piccola immobiliare, la Macca srl. Volete vedere che la Macca, a
dispetto della sigla casereccia, spunterà in qualche bell'affare edilizio
milanese, visto che tra Scilla e Cariddi non si muoverà neanche un ciotolo?
Del resto un produttore di teste missilistiche che subentrò anni fa alla
Fiat e alla Snia BPD nel business delle armi deve avere ganci governativi e
con i Servizi di primaria qualità. Ci riserviamo magari di chiederlo, se ci
darà udienza, a Gianni Letta, il cui nipote Enrico in questa vicenda è stato
il più realista: con l'"Operazione Fenice", stanno facendo un'altra Efim,
l'ente voluto da Aldo Moro e Pietro Sette, la cui liquidazione costò ai
cittadini italiani settemila o più miliardi del tempo.
Poi ci sono i fratelli Fratini, Corrado e Marcello, che facevano jeans in
Toscana, area privilegiata di Denis Verdini, neocoordinatore nazionale di
Forza Italia, l'uomo che fa venire il morbillo a Fabrizio Cicchitto,
l'antico trotskista della sinistra lombardiana che, iscritto alla Loggia P2
come l'attuale capo Berlusconi, criticava Berlinguer da sinistra e che
purtroppo tutte le sere ci tocca subire nei telegiornali nazionali. Ma
ancora per poco, finché il suo capo toscano, con ottimi agganci di tutti i
tipi a cominciare da quelli veri massonici, non metterà all'incasso il ruolo
appena assunto al posto dell'ecumenico Sandro Bondi e quello svolto con
Ermolli e altri nella leva dei coscritti Alitalia. Questi Fratini, insomma,
un po' stufi degli stracci griffati, hanno messo su indovinate che?
Un'immobiliare, la Fingen Real Estate. Chissà che la nuova nata non
conquisti qualche appezzamento al sole ai confini della Brianza, sulle
soleggiate terre dell'Expò 2015.
"Magliana ai magliari", ci dice sghignazzando un ex amministratore delegato
che naturalmente non vuole essere citato, in onore al "Pittoresco
Capitalistico" d'Italia. Non resta allora che un flebile e assai poco
speranzoso interrogativo: sarà Colaninno( tessera numero 1 del
PDsenzalaelle) a salvarci dal capitalismo intossicato dalla politica?
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