[Redditolavoro] DIETRO LA GEORGIA GLI INTERSSI DELLE MULTINAZIONALI PETROLIFERE...

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Sun Aug 10 20:16:16 CEST 2008


OLEODOTTO BTC : la Georgia e gli interessi americani
        
         
          di Marco Cedolin Tratto   da Grandi Opere – Arianna Editrice - 2008

          
        
         
          

            
              
                  
                    
                    
                  
                
                
                
              
                   
                
                    
                    
                      
                        
                          
                            
                                
                                  
                                    
                                    
                                    
                                  
                                  
                                    
                                    
                                    
                                  
                                  
                                    
                                    
                                    
                                  
                                
                            
                          
                        
                      
                      
                        
                          
                            
                          
                        
                      
                      
                        
                          
                            
                              
                                 
                                
L’oleodotto BTC, accreditato come il più lungo al mondo con i suoi
1.770 km congiunge la città di Baku, sulle sponde occidentali del Mar
Caspio, con il porto turco di Ceyhan situato sulle sponde orientali del
Mediterraneo, attraversando le ex repubbliche sovietiche
dell’Azerbaijan e della Georgia per poi penetrare in Turchia. I lavori
di progettazione e costruzione sono durati 12 anni con un costo finale
di 4 miliardi di dollari (superiore del 32% rispetto alle previsioni) e
quando l’impianto sarà a pieno regime si calcola che dovrebbe essere in
grado di trasportare 1.000.000 di barili di greggio al giorno. L’opera
è stata inaugurata alla presenza dei più alti dignitari di Turchia,
Georgia e Azerbaijan e di alti esponenti del mondo petrolifero e
bancario il 13 luglio 2006, praticamente in concomitanza con l’inizio
dei bombardamenti israeliani in Libano.
 A gestire la costruzione
del BTC è stato un consorzio petrolifero, con sede alle Isole Cayman,
guidato dalla compagnia britannica British Petroleum (BP) con il 30% e
di cui fanno parte l’azera Socar con il 25%, la statunitense Unocal con
il 9%, la norvegese Statoil con l’8%, la turca Tpao con il 6%,
l’italiana ENI e la francese Total-Fina-Elf entrambe con il 5%, oltre
ad altre compagnie minori. Il consorzio BTC ha stanziato sotto forma di
capitale netto circa il 30% della cifra necessaria alla costruzione
dell’opera, mentre il 70% è stato ottenuto tramite finanziamenti
bancari in larga parte riconducibili alla Banca Mondiale e alla Banca
Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo.

Nel progetto dell’oleodotto BTC le motivazioni politiche sono sempre
state preponderanti rispetto a quelle economiche. Gli Stati Uniti hanno
pesantemente sponsorizzato la costruzione dell’opera senza farsi
scrupolo di esercitare forti pressioni tanto nei confronti degli stati
interessati dal progetto, quanto nei confronti delle compagnie
petrolifere che avrebbero dovuto condurlo in porto. E’ opinione comune
di molti analisti politici e finanziari che gli USA siano riusciti a
far pagare ai contribuenti ed anche alle compagnie petrolifere europee
un progetto che si rivela chiaramente come una priorità americana e non
del vecchio continente, da sempre più interessato a stringere legami
energetici con la Russia, nonché a considerare la costruzione di nuovi
oleodotti e gasdotti attraverso la regione dei Balcani finalmente
pacificata.

Per mezzo del BTC attraverso il quale una volta a regime dovrebbe
transitare una quantità di greggio pari al 7% dell’intero flusso di
petrolio mondiale, Washington è infatti riuscita ad ottenere il duplice
scopo di ridurre la propria dipendenza dal petrolio mediorientale e
indebolire in maniera significativa i legami fra la Russia e le ex
repubbliche sovietiche di Azerbaijan e Georgia, la cui condiscendenza
rispetto alle scelte politiche statunitensi sembra preludere ad una
vera e propria alleanza militare con gli Usa e la NATO. Anche Israele
che vanta accordi di cooperazione militare a lungo termine sia con
l’Azerbaijan che con la Georgia si è mostrato fin da subito molto
interessato alla costruzione dell’oleodotto al fine di disporre di un
corridoio energetico che colleghi il bacino del Mar Caspio con il
Mediterraneo orientale tagliando fuori tanto la Russia quanto l’Iran.
Una parte del petrolio trasportato dal BTC potrà essere infatti
incanalata direttamente verso Israele attraverso un oleodotto subacqueo
che colleghi Ceyhan al porto israeliano di Ashkelon e da lì dopo aver
raggiunto il porto di Eilat sul Mar Rosso attraverso la Israeli
Tipline, esportato verso i mercati asiatici.

                                  

L’oleodotto più lungo del mondo parte da Baku, la capitale azera che da
oltre due secoli intreccia la propria storia con lo sfruttamento dei
copiosi giacimenti petroliferi presenti nella regione. A Baku le prime
trivellazioni risalgono agli inizi del XVIII secolo e già all’inizio
del 900 erano attivi 1.710 pozzi di petrolio che coprivano più della
metà dell’intera produzione di greggio mondiale. L’impatto
dell’industria petrolifera sull’aria, sull’acqua e sul territorio si è
manifestato

da sempre in tutta la sua drammaticità, condizionando in maniera
pesante la qualità della vita degli abitanti che non hanno mai
beneficiato della ricaduta economica conseguente all’estrazione del
petrolio. Basti pensare che i risultati di numerose autorevoli ricerche
mediche dimostrano come l’incidenza delle patologie tumorali nelle aree
di estrazione petrolifera risulti del 50% superiore alla media. La
presenza delle immense risorse fossili e degli interessi connessi al
loro sfruttamento hanno inoltre contribuito a creare nella regione
forti tensioni politiche spesso sfociate in sanguinosi conflitti
armati. Oggi dinanzi al grande terminal petrolifero di Baku, dove
inizia il BTC, gli abitanti del villaggio locale che conducono una vita
di stenti possono solo mostrare i segni che il progresso ha lasciato
sulle loro vite. Si tratta di segni disperati che si possono leggere
sulla loro pelle macchiata di rosso, nel cuoio capelluto che si squama,
nelle labbra bruciate da un qualcosa di indefinito, nelle malformazioni
con cui nascono i loro figli. Un progresso che parla il linguaggio
degli equilibri geopolitici e della battaglia per il controllo delle
risorse energetiche ma in questo angolo di mondo è riuscito a regalare
solo disperazione, alberi senza frutti né foglie, animali nati senza
zampe e nuvole di polvere puzzolente che fanno bruciare gli occhi.

                                  

La travagliata storia dell’oleodotto BTC è costellata da una sequela di
grandi e piccoli episodi di prevaricazione, false promesse mai
mantenute ed errori tecnici marchiani, il tutto nell’ambito di un
progetto che non ha tenuto nella minima considerazione tanto le
problematiche derivanti dall’impatto ambientale dell’opera quanto i
rischi di varia natura derivanti dalla sua costruzione. Basti pensare
che nella sola fase di progettazione dell’opera sono state portate alla
luce ben 173 violazioni di standard sociali ed ambientali.

Il consorzio BTC, la cui opera di persuasione è stata coadiuvata dalle
pressioni statunitensi, ha indotto Turchia, Georgia ed Azerbaijan a
firmare e ratificare tramite accordi con statuto internazionale veri e
propri contratti capestro che sovrascrivono interamente le preesistenti
legislazioni ambientali, sociali, del lavoro e dei diritti umani
nell’ambito dell’intero corridoio attraversato dall’oleodotto. In virtù
di questi contratti il consorzio BTC avrà per i prossimi 40 anni il
potere di governo effettivo sugli interi 1770 km attraversati dalla
pipeline, potendosi di fatto permettere di non tenere in alcun conto le
singole legislazioni degli stati attraversati dall’opera. Turchia,
Georgia ed Azerbaijan si sono inoltre impegnate a non introdurre per 40
anni alcuna nuova legge che possa alterare l’equilibrio economico del
progetto o ridurre i diritti garantiti al consorzio, mentre tutte le
responsabilità in caso d’incidenti ed attacchi all’oleodotto saranno ad
esclusivo carico del governo nell’ambito del cui territorio si è
verificato l’inconveniente. In pratica attraverso questi contratti è
stato venduto il futuro delle popolazioni turche, georgiane ed azere,
in quanto i governi che si succederanno negli anni a venire si
troveranno nell’assoluta impossibilità d’invocare i propri poteri
esecutivi per emendare gli accordi in modo da potere garantire ai
propri cittadini una maggiore tutela sulla salute, la sicurezza
dell’ambiente o qualsivoglia altro tipo di protezione.

Sempre restando nell’ambito di questa anomalia legislativa le
Valutazioni d’Impatto Ambientale dell’opera, approvate dai paesi
interessati nel corso del 2002, prevedevano il passaggio attraverso
zone protette, in palese violazione delle leggi ambientali dei paesi
interessati. All’interno di tali VIA non sono state inoltre menzionate
le alternative possibili, così come richiesto dalle legislazioni
nazionali e dalle politiche ambientali di alcuni fra i principali
finanziatori del progetto, come ad esempio la Banca Europea per la
Ricostruzione e lo Sviluppo. In tutti i paesi interessati dall’opera i
lavori di costruzione hanno portato al danneggiamento di strade locali
e sistemi di drenaggio ed irrigazione, ostacolando la vita quotidiana
delle persone e mettendo a repentaglio l’equilibrio delle microeconomie
locali. In Azerbaijan l’oleodotto attraversa l’area semidesertica del
Gobustan, una zona estremamente fragile che nel 1996 fu dichiarata
Riserva Naturale ed è candidata a diventare Patrimonio Mondiale
dell’Unesco, essendo in essa custoditi reperti archeologici ed
artistici, alcuni dei quali risalenti al 10.000 A.C.

In Georgia il percorso attraversa per 20 km l’area di Borjomi/Bakuriani
che fa parte dell’omonimo parco nazionale gestito dal WWF con il
sostegno del governo tedesco. Quest’area che risulta particolarmente
conosciuta per le proprietà benefiche delle sue acque minerali e gode
di uno status di protezione in virtù della legge georgiana sulle
risorse idriche è sempre stata meta di turismo e importante fonte di
reddito per le comunità locali. La qualità delle acque a causa della
presenza dell’oleodotto è oggi sottoposta al grave rischio
d’inquinamento, con il rischio di pregiudicare l’intera economia della
zona. Il governo georgiano, preoccupato per l’impatto dell’opera su un
territorio così delicato, interruppe i lavori di costruzione del BTC
per una settimana chiedendo fosse preso in considerazione un percorso
alternativo, salvo poi tornare sui suoi passi e consentirne la ripresa
in seguito a pressioni del segretario della difesa Usa Donald Rumsfeld.

                                  

Come accade regolarmente per tutte le grandi opere anche l’oleodotto
BTC fu presentato alle popolazioni locali interessate dal progetto,
come una fonte sicura di crescita, sviluppo e nuova occupazione, nel
palese tentativo di creare condivisione e mascherare le reali pesanti
conseguenze negative dell’operazione. A questo proposito bisogna tenere
conto del fatto che larga parte degli abitanti dell’Azerbaijan e della
Georgia, in particolare le popolazioni delle zone rurali che sono
quelle maggiormente interessate dagli impatti derivanti dalla
costruzione e gestione dell’oleodotto, vivono da quando i due stati
hanno ottenuto l’indipendenza dall’Unione Sovietica in una situazione
di estrema penuria energetica. Sfruttando questo stato di cose una
delle leve attraverso le quali il consorzio BTC tentò di costruire
consenso intorno all’opera fu la falsa promessa di destinare una parte
delle risorse energetiche al fabbisogno locale per i servizi di base,
quale ad esempio il riscaldamento delle case.

In realtà la grande quantità di nuovi posti di lavoro prospettata
quando venne presentato il progetto è rimasta una chimera e sia in
Azerbaijan che in Georgia la costruzione dell’opera ha offerto ben
poche opportunità alla popolazione locale che è rimasta preda della
grave piaga della disoccupazione. In Georgia a fronte della promessa di
70.000 nuove assunzioni solo 250 persone sono state in realtà assunte
in maniera permanente. La manodopera locale spesso è stata “usata”
solamente per brevi periodi di tempo, adibita alle mansioni più umili e
pericolose a fronte di salari estremamente bassi e turni di lavoro
massacranti. Molte comunità locali hanno sollevato accuse di
sfruttamento e di lacune assicurative per i lavoratori, corruzioni nel
reclutamento e boicottaggi delle attività sindacali. A causa di ciò,
soprattutto nelle regioni di Krtsanisi e Borjomi sono avvenuti
centinaia di scioperi che hanno ostacolato i lavori, con più di 80 casi
solamente durante il primo mese di costruzione. Nel mese di ottobre
2004 in Azerbajan è stata aperta un’inchiesta concernente alcuni
lavoratori i cui turni di lavoro erano di 12 ore al giorno per sette
giorni la settimana, in aperta contraddizione con la legislazione del
lavoro vigente. In Georgia il sindacato nazionale “Georgian Trade Union
Amalgation” ha guidato una manifestazione contro il BTC contestando il
fatto che le leggi sul lavoro della Georgia venivano sistematicamente
violate a causa della pressione esercitata sui lavoratori per
rispettare le rigide scadenze del piano di costruzione. Anche in questo
caso i lavoratori venivano costretti a turni di 12/14 ore al giorno
sette giorni su sette, per assicurarsi uno stipendio minimo.

Numerose ed estremamente tragiche sono state anche le problematiche
connesse all’esproprio dei terreni attraverso i quali avrebbe dovuto
passare l’oleodotto. Oltre 30.000 contadini che si trasmettevano da
secoli la terra di generazione in generazione, senza essere in possesso
di un titolo di proprietà riconosciuto, hanno visto espropriati i
propri terreni senza alcun rimborso o nel migliore dei casi a fronte di
un rimborso del tutto insufficiente a garantire la loro stessa
sopravvivenza. Tanto in Georgia quanto in Azerbaijan si sono
riscontrati molti casi di corruzione da parte dei funzionari preposti
all’assegnazione dei risarcimenti per l’esproprio dei terreni sia
privati che pubblici e sono state numerose le occupazioni illegali di
terreni non formalmente venduti. Anche in Turchia la situazione non si
è rivelata assolutamente migliore e il “Kurdish Human Rights Project”
ha inoltrato alla Corte Europea un caso di violazione dei diritti umani
concernente 38 villaggi colpiti dai lavori di costruzione
dell’oleodotto, dichiarando diverse violazioni della Convenzione
Europea sui Diritti Umani. Sono stati contestati l’uso illegale delle
terre private senza il pagamento di risarcimenti, gli espropri
coattivi, il sottopagamento dei terreni, le intimidazioni, l’assoluta
assenza di consultazioni pubbliche, il mancato risarcimento dei danni
collaterali ai terreni e alle proprietà.

Numerose e molto estese sono state le proteste di piazza e le
contestazioni contro la costruzione del BTC, spesso represse in maniera
violenta attraverso l’uso della forza. Nel mese di maggio 2004 Ferhat
Kaya, un difensore dei diritti umani turco è stato detenuto e
probabilmente torturato per avere manifestato insieme con gli abitanti
di alcuni villaggi danneggiati dall’oleodotto. In Azerbaijan sono state
segnalate molte violazioni dei diritti umani, consistenti in arresti e
detenzioni arbitrarie, nei confronti di chi si è opposto alla
costruzione del BTC. Nel villaggio di Nardaran alla periferia di Baku
si sono svolte molte manifestazioni pacifiche a partire dal 2002,
l’ultima delle quali dispersa con la forza dalla polizia che ha ucciso
un manifestante e ne ha feriti una sessantina. In Georgia nel mese di
settembre 2003 una manifestazione ambientalista pacifica contro il BTC
è stata duramente repressa dalla polizia locale che ha ferito molti
manifestanti.

                                  

I lavori di costruzione dell’oleodotto sono inoltre stati
contraddistinti da una lunga sequela di scandali aventi come oggetto i
materiali inadeguati e scadenti utilizzati per la realizzazione delle
tubature, con conseguente grave rischio di versamenti di greggio ed
incidenti futuri.

Nel mese di novembre 2003 la BP, dopo avere scoperto la rottura di un
rivestimento della tubatura, sospese segretamente i lavori di
costruzione in Azerbaijan e in Georgia per 10 settimane, in quanto più
di un quarto delle giunture in Georgia erano state danneggiate.
L’azienda sostenne in seguito di avere provveduto alla riparazione
delle rotture attraverso trattamenti ad alta temperatura, ma analoghe
esperienze passate hanno rivelato l’assoluta inefficacia di una
soluzione di questo tipo.

Nel mese di febbraio 2004 il Sunday Times rivelò che per gran parte
delle giunture in Azerbaijan e in Georgia era stata usata una vernice
sbagliata e si sarebbe reso necessario dissotterrare e rivestire
nuovamente larga parte dell’oleodotto.

Nel mese di giugno 2004 alcuni ingegneri che hanno contribuito alla
costruzione del tratto turco dell’oleodotto denunciarono numerosi
difetti nel metodo di costruzione delle tubature, quali l’utilizzo di
materiali inappropriati e l’incapacità da parte del personale
specializzato di identificare faglie sismiche in una regione ad elevato
rischio di terremoti. Secondo le parole degli ingegneri, tutti con più
di 20 anni di carriera nel campo specifico, la costruzione del tratto
turco dell’oleodotto sarebbe stata costellata da una serie di gravi
incompetenze, dall’impiego di manodopera inadeguata e da inappropriati
tagli dei costi. Nel dettaglio non sarebbero stati consultati gli
specialisti adeguati per le consulenze ingegneristiche, si sarebbero
usati metodi e materiali inadatti che non potranno assolvere alla
funzione per cui erano previsti, non sarebbero state rispettate le
procedure e le indicazioni specifiche previste dal progetto. Inoltre
non ci sarebbe stato alcun controllo di qualità, si sarebbe impiegato
personale non adeguatamente qualificato e formato, sarebbero state
ignorate elementari misure di precauzione riguardanti l’ambiente, la
salute e la sicurezza e per finire non ci sarebbero stati controlli
sulle imprese locali che hanno contribuito alla fornitura dei materiali
necessari per la costruzione dell’oleodotto, molte delle quali hanno
poi dichiarato fallimento.

                                  

Se sono molte le preoccupazioni connesse agli aspetti tecnici della
costruzione del BTC, altrettanti allarmi desta l’estrema vulnerabilità
dell’oleodotto, particolarmente esposto ai pericoli derivanti da
eventuali conflitti armati ed attentati terroristici, attraversando una
regione fra le più instabili del pianeta, con molti focolai di guerre e
conflitti irrisolti che rischiano di riacutizzarsi a causa della
presenza dell’opera. L’ambasciatore britannico in Azerbaijan Laurie
Bristow, in una lettera datata settembre 2004 e citata in un articolo
del quotidiano The Guardian, esprimeva dei fortissimi dubbi sulle
capacità delle forze di sicurezza azere di far fronte agli incombenti
pericoli e metteva in risalto come le varie realtà della società civile
locale e internazionale avrebbero dovuto essere valutate molto più
attentamente prima di procedere al finanziamento del progetto BTC. A
conferma dell’estrema fondatezza di questi timori l’intero percorso
dell’oleodotto è presidiato dalle forze armate dei paesi attraversati,
coadiuvati in alcuni casi anche da militari dell’esercito USA. La
Georgia ha firmato un accordo con la compagnia americana Northtrop
Grumman per sviluppare un sistema di monitoraggio dello spazio aereo
relativo al BTC attraverso un sistema radar. Inoltre gli Stati Uniti
hanno stanziato 11 milioni di dollari finalizzati alla creazione di un
corpo militare speciale composto da 400 unità georgiane che saranno
direttamente addestrate da ufficiali americani.

Qualunque attentato o azione di sabotaggio rischierebbe comunque di
produrre delle conseguenze catastrofiche sia per quanto riguarda
l’incolumità fisica degli abitanti che vivono in prossimità della
pipeline, sia per quanto riguarda l’integrità ambientale dei territori
attraversati dalla stessa. 
                              
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