Re:[Redditolavoro] Inviare qui solidarietà agli operai licenziati Fiat
Fulvio
fuldigior at libero.it
Mon Nov 19 08:41:40 CET 2007
CONTRO I LICENZIAMENTI E CONTRO LA REPRESSIONE, OLTRE LA NECESSARIA SOLIDARIETA
Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad unimpennata dei licenziamenti politici in Fiat e negli altri luoghi di lavoro, ultimo atto repressivo è il nuovo licenziamento di Mimmo Mignano allAlfasud di Pomigliano. (Mimmo, ora non più dello Slai Cobas, era già stato licenziato lo scorso anno insieme ad altri 7 lavoratori dello Slai Cobas di Fiat e Tnt -col consenso di Fiom-Fim-Uil- dopo la clamorosa bocciatura assembleare del contratto-truffa dei metalmeccanici. Lavoratori riportati poi in fabbrica dallo Slai Cobas).
Contemporaneamente la repressione politica e poliziesca si estende dalle fabbriche alla società, e la magistratura commina o richiede condanne sempre più pesanti. Così è avvenuto al processo di appello per gli scontri dell11 marzo 2006 a Milano, con la conferma della condanna per 15 antifascisti a 4 anni di carcere per concorso morale in devastazione e saccheggio (si contesta ai condannati non una colpa individuale, ma la semplice presenza sul luogo della manifestazione, sulla base di un reato mai applicato prima per le manifestazioni politiche e risalente ai tempi del fascismo!). La stesso reato è contestato a 25 compagni a Genova e 13 a Cosenza per i fatti del G8 del 2001 e la sentenza di Milano fa da battistrada a queste richieste, mentre il processo per luccisione di Carlo Giuliani è stato archiviato e i dirigenti della polizia responsabili degli orrori di Genova 2001 sono premiati con promozioni.
I licenziamenti politici nelle fabbriche e laumento della repressione poliziesca sono figli della trasformazione in senso autoritario dello Stato e delle relazioni sindacali, dellesigenza di governabilità da regime espressa ieri da Berlusconi ed oggi dellasse Prodi-Confindustria-Cgil,Cisl,Uil. Sono entrambi necessari per contrastare con ogni mezzo lopposizione operaia ed imporre pace e controllo sociale, precarietà e bassi salari, politiche intrecciate di guerre commerciali e guerre reali. Entrambi servono per ottenere la subordinazione normativa, sindacale e politica del lavoro dipendente agli interessi padronali, mascherati da interessi collettivi e sociali.
Laccordo su precarietà-welfare-pensioni imposto dimperio col referendum farsa. La trattativa dei metalmeccanici su meritocrazia, paghe di posto, restaurazione del cottimo collettivo, ulteriore flessibilità e precarietà. Il decreto sulla sicurezza che abroga i residui di uno Stato di diritto che scivola sempre più verso uno Stato di polizia. La repressione padronale ed istituzionale sempre più aperta e pesante del conflitto sociale.
Tutti questi avvenimenti in corso hanno trasformato in tragica farsa il definitivo fallimento del tentativo di rifondare in senso socialmente corretto e legalitario lo stato e il governo borghesi operato dalle cosiddette sinistre riformiste e radicali. Al contrario riemergono alla luce rigurgiti di logiche inquietanti e autoritarie, già sconfitte dal Movimento Operaio ai tempi di Valletta. Quando, in ossequio al regime, si eseguivano licenziamenti a decimazione di rappresaglia politica e sindacale nelle fabbriche Fiat (oggi sta nuovamente avvenendo) e si organizzavano attentati e pestaggi squadristici delle avanguardie operaie (come è avvenuto recentemente a nostri compagni dellAlfa di Arese).
La lotta contro i licenziamenti e la repressione in fabbrica e nella società, necessaria e doverosa, per essere però in grado di contrastare effettivamente quanto sta avvenendo non può prescindere dalla necessità di costruire e organizzare una forte, visibile e chiara (senza se e senza ma) opposizione operaia e proletaria al governo Prodi; alle sue politiche reazionarie, antioperaie ed antiproletarie; ai poteri industriali e finanziari che rappresenta; alle collegate e funzionali pratiche di concertazione politica e sindacale.
La storia di questi anni lo ha dimostrato: scorciatoie e politicismo alla lunga sono destinati ad essere fuorvianti e funzionali a non cambiare nulla. Per combattere i licenziamenti politici e la trasformazione autoritaria in atto dello Stato e delle relazioni sindacali bisogna andare oltre la solidarietà sui singoli e specifici episodi e adoperarsi per la costruzione dell indipendenza di classe da cui ripartire per organizzare un forte movimento unitario di resistenza e controffensiva.
La prossime iniziative per riportare in fabbrica e nei luoghi di lavoro gli operai licenziati per rappresaglia politica e per contrastare la repressione e linvoluzione autoritaria, dovranno necessariamente inserirsi in questo quadro, dovranno collegarsi alla lotta di resistenza nei posti di lavoro e nella società contro un capitalismo sempre più violento e sfruttatore, anche se vestito nei panni della sinistra. Gli operai, i proletari, non possono e non devono più delegare a terzi la difesa dei loro interessi sul piano sindacale e sul piano politico, l indipendenza di classe è lunico strumento che hanno per difendere le proprie esistenze.
SLAI COBAS
16-11-2007
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