[Internazionale] [Fwd: I: [psichiatriafuckyou] Fwd: Alfonso Cano]

telviola at ecn.org telviola at ecn.org
Wed Nov 9 11:06:03 CET 2011


---------------------------- Original Message ----------------------------
Subject: I: [psichiatriafuckyou] Fwd: Alfonso Cano
From:    "pietro clerici" <leonka22 a yahoo.it>
Date:    Tue, November 8, 2011 7:54 am
To:      barawawe a autistici.org
         baraonda a ecn.org
         telviola a ecn.org
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 ha scritto:


Da: mari41 a it <mari41 a Oggetto: [psichiatriafuckyou] Fwd: Alfonso Cano
A: montunero a Data: Sabato 5 novembre 2011, 23:17



 



 
-----Messaggio originale-----
Da: Associazione nazionale Nuova Colombia <anc a nuovacolombia.net>
 
 






 
 
CON L’UCCISIONE DEL COMANDANTE ALFONSO CANO, IL REGIME COLOMBIANO CONFERMA
LA PROPRIA ESSENZA GUARRAFONDAIA
 
Di Darko Ramírez*
 
Nelle ultime ore i media colombiani e internazionali, per bocca dei propri
direttori, “opinionisti” e pennivendoli vari, stanno celebrando
l’uccisione in combattimento del Comandante in Capo delle FARC-EP, Alfonso
Cano, avvenuta ieri nel dipartimento meridionale del Cauca.
Il trionfalismo della iena Santos, del ministro della Difesa Pinzón e
degli altri carnefici del popolo colombiano al governo è pari soltanto a
quello registrato quando un bombardamento in territorio ecuadoregno
dell’aviazione statunitense, supportata da truppe colombiane, mise fine
alla parabola resistente del Comandante Raúl Reyes il 1 marzo 2008, o
quando il Comandante Jorge Briceño venne seppellito da tonnellate di bombe
scagliate sul suo accampamento insorgente da oltre una sessantina fra
aerei ed elicotteri da guerra, nel settembre del 2010.  
Come allora, anche oggi i corifei del regime, i lustrascarpe
dell’imperialismo ed i complici di ogni sorta del terrorismo di Stato
gridano “vittoria!”, promettono (da Santos in giù) ai guerriglieri
“carcere o tomba”, e annunciano con squilli di trombe la “fine definitiva
delle FARC e del conflitto”. Riferendosi all’organizzazione guerrigliera
più antica e poderosa delle Americhe, vomitano termini quali “decapitata”,
“allo sbando”, “in preda ad una crisi di leadership”, e via discorrendo,
per poi lanciarsi in squallide elucubrazioni su chi sarà il successore di
Alfonso Cano, ovviamente non senza assicurare che la “successione sarà
piena di tensioni e lotte intestine”.
Lorsignori dimenticano che le FARC, con quasi mezzo secolo di lotta
rivoluzionaria alle spalle, hanno accumulato esperienza, capacità
combattente e solidità organica che, sommate ad una compattezza ideologica
e a una chiarezza politica fuori dal comune, le predispongono
strutturalmente ad assorbire i colpi, seppur duri come questo, a rendere
immediatamente esecutiva la sostituzione dei compagni morti (già prevista
con abbondante anticipo) e a dare continuità politica e militare ai piani
di lavoro di tutte le unità combattenti e militanti.
Con la morte di un quadro politico-militare storico del calibro del
Comandante Alfonso Cano, che dalla Gioventù e dal Partito Comunista era
passato alle file guerrigliere per evitare di essere trucidato dal
terrorismo di Stato al pari degli oltre 5000 dirigenti e militanti
dell’Unión Patriótica, il popolo colombiano perde uno dei suoi migliori
figli, un rivoluzionario che ha lottato senza cedimenti per la pace con
giustizia sociale e che si è sacrificato per un futuro migliore per il suo
popolo.
Il regime oligarchico-mafioso capeggiato da Santos, che alcuni sprovveduti
e miopi affermano erroneamente essere diverso da quello uribista, sguazza
nell’orgia di sangue succhiato al popolo colombiano e conferma la propria
essenza guerrafondaia.  Un regime putrefatto, infinitamente pluriomicida e
cronicamente affetto dal morbo della menzogna, che lo porta a ripetere
come un grammofono inceppato che uccidendo qualche comandante insorgente
si potrà sterminare il progetto rivoluzionario; e ad ignorare che, fino a
quando impereranno la fame, la miseria, lo sfruttamento, l’ingiustizia e
la disuguaglianza sociali, il latifondo, il narcoparamilitarismo, la
dittatura del gran capitale, le privatizzazioni, la svendita della
sovranità nazionale e il terrorismo di Stato, compendiati dal rifiuto di
dialogare con l’insorgenza per arrivare ad una soluzione politica del
conflitto, le ragioni storiche, politiche, economiche e sociali che hanno
partorito la
 guerriglia saranno più attuali che mai, e questa continuerà a nutrirsi
con sempre maggior intensità della linfa vitale che alimenta ogni
progetto di trasformazione radicale dell’esistente, vale a dire le masse
popolari.
 
 
*Politologo ed analista ecuadoregno
 

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