[Internazionale] INTERVISTA AD ARUNDHATI ROY sull'offensiva antimaoista in India e sul Kasmir

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Mon Oct 5 06:41:04 CEST 2009


Arundhati Roy sull’offensiva antimaoista e il Kashmir

28/9 Democracy Now

Amy Goodman: ci rivolgiamo ad una donna che il New York Times definisce la
critica della globalizzazione e dell’influenza americana più appassionata
dell’India, Arundhati Roy, autrice indiana molto conosciuta e attivista
globale sui temi della giustizia. Il suo primo racconto, Il dio delle
piccole cose, ha vinto il Booker Prize nel 1997. Ha pubblicato un nuovo
libro, si chiama Note sulla democrazia dalle campagne: ascoltare le
cavallette. Un’introduzione adattata al libro viene postata a
tomdispatch.com, dal titolo “Che cosa abbiamo fatto alla democrazia?”
Arundhati Roy ci raggiunge da New Delhi, India, nel giorno della più grande
festa dell’anno del paese.


Anjali Kamat: Nel frattempo, all’interno dell’India, l’attenzione si è
spostata su un avversario differente. Si prepara il piano per una grande
offensiva militare interna contro un gruppo armato che il primo ministro
indiano ha ripetutamente chiamato “la più grave minaccia alla sicurezza
interna del paese”, citazione.
L’Operazione Green Hunt (caccia verde) si dice metterà in campo tra 75.000 e
100.000 militari nelle aree viste come roccaforti maoiste nell’India
centrale e orientale. A giugno, l’India, ha proclamato il gruppo naxalita,
il Partito Comunista dell’India- Maoista – organizzazione terrorista, e
all’inizio di questo mese il ministro dell’interno dell’India è arrivato
negli Stati Uniti per condividere le strategie antiterroristiche.

Il governo indiano ha denunciato la morte di circa 600 persone quest’anno a
causa della violenza maoista e dice che i ribelli maoisti sono attivi in
venti dei ventotto stati del paese. Il primo ministro indiano Manmohan Singh
ha definito la minaccia in una conferenza dei capi della polizia all’inizio
di questo mese.

PRIMO MINISTRO MANMOHAN SINGH: in diversi modi, l’estremismo di sinistra
pone forse la più grave minaccia alla sicurezza interna del nostro paese.
Abbiamo discusso di questo negli ultimi cinque anni. E vorrei affermare,
francamente, che non abbiamo avuto molto successo come avremmo sperato nel
contrastare questa minaccia.

ARUNDHATI ROY: bene lasciatemi dire qualcosa su quello di cui sta parlando
proprio adesso Anjali, circa l’assalto che è stato pianificato sui
cosiddetti maoisti nell’India centrale. Sapete, quando è successo l’11
settembre, penso che alcuni di noi abbiano già detto che sarebbe arrivato il
momento in cui la povertà si sarebbe trasformata in terrorismo. E questo è
proprio ciò che è successo. Le persone più povere in questo paese oggi
vengono chiamate terroriste.

E quel che abbiamo ora è un’ampia fascia di foreste nell’India centrale e
orientale, che va dal Bengala Occidentale e passa per gli stati dello
Jharkhand, Orissa e Chhattisgarh. E in queste foreste vivono persone
indigene. E in queste foreste ci sono anche i più grandi giacimenti di
bauxite e minerali di ferro e così via, con gigantesche compagnie
multinazionali che vogliono metterci le mani sopra. Così c’è un MoU
(Memorandum of Understanding – Memorandum d’intesa) su ogni montagna, su
ogni foresta e fiume di quest’area.

E nel 2005, diciamolo, nell’India centrale, il giorno dopo che fu firmato il
MoU con la più grande multinazionale dell’India, la Tata, il governo ha
anche annunciato la formazione del Salwa Judum, che è una specie di milizia
popolare, armata e con l’obbiettivo di combattere i maoisti nella foresta.
Ma il fatto è che tutto questo, il Salwa Judum così come i maoisti, sono
tutte persone indigene. E per esempio nel Chhattisgarh, qualcosa come il
Salwa Judum si è rivelata una milizia molto crudele, sapete, che ha bruciato
villaggi, stuprato donne, bruciato raccolti. Sono stata lì di recente. Sono
stati bruciati qualcosa come 640 villaggi. Di 350.000 persone, circa 50.000
sono state portate nei campi della polizia che stanno ai bordi della strada,
dove questa milizia è stata arruolata dal governo. E il resto si è
semplicemente disperso. Sapete, alcuni vivono nelle città, sbarcando il
lunario. Altri si nascondono nelle foreste, escono cercando di seminare le
loro sementi, e dopo si vedono bruciare i campi, i loro villaggi bruciati. E
così che infuria una sorta di guerra civile.

E adesso, ricordo di aver viaggiato in Orissa alcuni anni fa, quando non
c’era alcun maoista, ma c’era una grande quantità di compagnie minerarie per
la bauxite. E cominciarono a dire, tutti i giornali cominciarono a dire che
c’erano i maoisti, ci sono i maoisti, un modo per permettere al governo di
mettere su una repressione in stile militare. Naturalmente adesso dicono
apertamente che vogliono i paramilitari.

E se si guarda per esempio alla carriera di alcuni come Chidambaram, il
ministro dell’interno dell’India - questo avvocato di Harvard. È stato
l’avvocato della Enron, che è stata protagonista del più grande scandalo
della storia delle multinazionali in India. Stiamo ancora pagando le
conseguenze di quell’affare. Dopo di ciò lo troviamo tra i governatori di
quella che è oggi la più grande compagnia mineraria del mondo, chiamata
Vedanta, che ha miniere nell’Orissa. Il giorno in cui è diventato ministro
delle finanze, si è dimesso da Vedanta. Quando era ministro delle finanze,
in un’intervista ha detto che avrebbe voluto che l’85% dell’India vivesse
nelle città, che significa spostare circa 500 milioni di persone. Questo è
il tipo di visione che ha questo signore.

E adesso è il ministro dell’interno che fa appello ai paramilitari, alla
polizia e in realtà cercando con la forza di spostare persone dalla loro
terra e dalle loro case. E chiunque resista, che sia maoista o non maoista,
viene definito maoista. Le persone vengono prelevate, torturate. Ci sono
alcune leggi che sono state approvate che non dovrebbero esistere in nessuna
democrazia, leggi che considera offese criminali quello che sto dicendo a te
come lo sto dicendo, per cui potrei essere incarcerata. Perfino un certo
tipo di pensiero antigovernativo è diventato illegale. E stiamo parlando,
no?, come voi dite tra 75.000 e 100.000 persone che vanno alla guerra contro
il popolo che sin dall’indipendenza avvenuta più di 60 anni fa, non hanno
scuole, ospedali, acqua corrente, niente. E adesso, vengono uccise o
imprigionate o criminalizzate. Sapete, funziona così: se non siete in un
campo del Salwa Judum allora siete maoista e vi possiamo uccidere. E stanno
apertamente celebrando la soluzione Sri Lanka verso il terrorismo.


AMY GOODMAN: Arundhati Roy – parliamo del Kashmir. Penso che sia un
conflitto di cui, certamente qui negli Stati Uniti, le persone comprendono
molto poco.

ARUNDHATI ROY: Bene, il Kashmir - il Kashmir è stato una sorta di regno
indipendente nel 1947 al tempo dell’indipendenza e della divisione. E
quando, voglio dire solo per abbreviare una storia molto complicata, quando
c’è stata la divisione, sia l’India che il Pakistan hanno combattuto per
questo e separato parte di esso, ed entrambe adesso hanno una presenza
militare in questo Kashmir diviso. Ma per dare qualche idea della presenza
militare, si sa che gli USA hanno 165.000 uomini in Iraq. L’India ne ha
700.000 nel Kashmir.

Il Kashmir aveva un re indù e una grande popolazione musulmana, che era
molto molto arretrata e così in quel tempo, e quindi come si sa i musulmani
erano discriminati principalmente in quello stato.

Ma adesso, voglio dire nel 1990 dopo una serie di eventi che sono culminati
in una sorta di false elezioni, elezioni manipolate nel 1987, c’è stata una
sollevazione armata nel Kashmir. E in realtà, da allora, è stato
sconquassato dai militari e dall’occupazione militare, scontri, sparizioni e
così via. L’anno scorso, come si sa hanno cominciato a dire che tutto è
normale e i turisti sono tornati nella valle. Ma naturalmente si trattava di
un pio desiderio, perché c’era un’enorme sollevazione non violenta nella
quale centinaia di migliaia di persone, no?, bloccavano le strade, giorno e
notte, chiedendo l’indipendenza. È stata soffocata con la forza militare.

E adesso ancora c’è una situazione in cui non si può nemmeno a malapena fare
venti metri senza che qualcuno ti punti un AK-47 in faccia. Talvolta in
luoghi come Srinagar, la capitale, ciò viene ben nascosto. Ma è un luogo in
cui ogni azione, ogni respiro del popolo, è controllato dalla forza
militare. E questo è il modo in cui le persone vengono proprio asfissiate:
non possono respirare.

E naturalmente, esiste un’enorme macchina propagandistica. Si sa, intendo,
che l’unica differenza tra ciò che succede in Palestina e il Kashmir è che
fino ad ora l’India non ha usato la forza aerea sulla popolazione del
Kashmir, come stanno minacciando di fare, a proposito, nel Chhattisgarh,
no?, sui loro più poveri. Le persone è chiaro formalmente sono in grado di
muoversi non come la popolazione di Gaza e della West Bank. Gli abitanti del
Kashmir sono in grado di muoversi nel resto dell’India, sebbene non sia
sicuro in realtà, perché i loro giovani vengono prelevati e scompaiono e
vengono torturati e così via. Quindi non è qualcosa che fanno facilmente. E
non c’è stato quel tipo di sistema di insediamenti dove si cerca di spingere
le persone a prendere il posto di altre spingendole via dalla loro terra.
Perciò, a parte queste tre cose, penso che stiamo parlando di un’occupazione
vera e propria.


ANJALI KAMAT: Arundhati, puoi parlare un po’ dei morti negli scontri? Hai
parlato di questo un po’ prima durante la trasmissione. Cosa sono gli
scontri con la polizia, i falsi scontri? È qualcosa di comune in India. Ma
puoi spiegare al nostro uditorio cosa vuoi dire con “morti negli scontri”?

ARUNDHATI ROY: Bene, quel che succede adesso è che, si sa, uno dei modi in
cui le persone – la polizia e gli organismi di sicurezza trattano il
dissenso, la resistenza e il terrorismo, o ciò che chiamano terrorismo, è
quello di praticare l’esecuzione sommaria: uccidono persone e dicono, oh,
sono stati uccisi in uno scontro, in uno scontro a fuoco e così via. Perciò
in luoghi come il Kashmir e nel nordest, nel Manipur e Nagaland, è una
vecchia tradizione. In luoghi come l’Andra Pradesh, ci sono stati molte,
molte centinaia di morti per scontri.

E in effetti, recentemente, c’è stata una prova fotografica di una morte
nello scontro nel Manipur, in cui il personale di sicurezza ha circondato
questo giovane ragazzo. Ed era una prova fotografica, guarda. Era disarmato.
Era un ex militante, penso, che aveva deposto le armi ed era al mercato. E
vedi un poliziotto che tira fuori la pistola e l’uccide e poi dicono oh, è
stato ucciso in uno scontro a fuoco.

E ci sono persone, poliziotti che hanno ricevuto medaglie per essere stati
specialisti negli scontri di questo tipo. Sapete, quante più persone hanno
ucciso tante più medaglie hanno avuto. E in posti come il Kashmir
effettivamente ricevono promozioni. Così è in effetti, è qualcosa di cui
essere fieri, un’uccisione nello scontro sia per l’esercito che per la
polizia e le forze contro insurrezionali.

Ma qui in India c’è odore di fascismo nell’aria. Prima si trattava di una
specie di fascismo antimusulmano, religioso. Adesso abbiamo un governo
laico, e si tratta di una specie di ferocia di destra, dove le persone
dicono apertamente, no?, ogni paese che è progredito ed è sviluppato, se si
guarda all’Europa, o all’America o alla Cina o alla Russia, tutti hanno un
“passato” detto-non detto, un passato crudele, ed è tempo che l’India metta
i piedi nel piatto e realizzi che ci sono alcune persone che stanno tenendo
fermo questo tipo di progresso, che abbiamo bisogno di essere senza pietà e
muoverci, come ha fatto Israele recentemente a Gaza, come ha fatto lo Sri
Lanka recentemente con i suoi centinaia di migliaia di tamil nei campi di
concentramento. Così perché non in India? no? perché non farla finita con i
poveri cosicché possiamo essere una giusta superpotenza invece di essere una
superpotenza superpovera?

AMY GOODMAN: Arundhati Roy, abbiamo meno di un minuto. Cosa ti dà speranza?

ARUNDHATI ROY: ciò che mi dà speranza è il fatto che a questo modo di
pensare si resiste in una miriade di modi in India, sapete, dalle persone
più povere in perizoma nella foresta che dicono “Andiamo a combattere”, fino
a me, che sono all’altro capo come sapete. E tutti noi siamo uniti dalla
determinazione che anche se perdiamo andiamo a combattere. E non lasceremo
che ciò accada senza che facciamo niente per fermarli. E questo mi dà una
straordinaria quantità di speranza.

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guerrepopolari at email.it
5/10/09
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