[Internazionale] INDIA: Massacro di Nandigram un anno dopo...

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Fri Apr 4 14:37:19 CEST 2008


Un anno dopo: Nandigram e la lotta contro i trasferimenti forzati in India

Dave Pugh

A gennaio e marzo 2007, decine di migliaia di contadini a Nandigram nel
Bengala occidentale, in India, si sono sollevati per difendere la propria
terra. Prima che la loro lotta rallentasse, i contadini avevano fermato i
piani del governo del Fronte di Sinistra nel Bengala occidentale tesi a
costruire un complesso chimico gigantesco sulla loto terra, e avevano
cacciato la polizia e i quadri armati del PCI(Marxista) completamente fuori
da Nandigram per otto mesi. Questa lotta ha trasformato radicalmente il
terreno politico nella crescente lotta contro le centinaia di “Zone
Economiche Speciali” (ZES) che vengono pianificate e costruite da un angolo
all’altro dell’India.

Basate sulla legislazione approvata nel 2005, le Zone Economiche Speciali
sono enclave di nuova industria e infrastruttura. Le ZES offrono sostanziose
esenzioni di tasse sui profitti, nessuna tariffa doganale, e esenzioni per
la maggior parte della legislazione del lavoro. Poiché le ZES sono trattate
come “Servizi di pubblica utilità”, gli scioperi sono illegali. Le ZES sono
giustamente chiamate Zone Speciali di Sfruttamento (in inglese la sigla è
uguale-ndt) dagli attivisti indiani perché permettono ai grandi capitalisti
indiani e alle multinazionali di estrarre alti tassi di profitto dai loro
lavoratori e di saccheggiare le risorse naturali dell’India. Sebbene ancora
non sulla stessa scala delle zone economiche, che si vanno estendendo, del
sudest della Cina, più di 500 ZES sono state approvate dai vari Stati e
dall’autorità centrale. La maggior parte di esse sono in costruzione o sul
punto di acquisto di terra.

Dopo che sono stati annunciati i piani per le ZES, gli agricoltori hanno
resistito a vendere la loro terra e i contadini si sono rifiutati di
spostarsi. Quando sono fallite le tattiche della corruzione e delle
intimidazioni il governo del Bengala occidentale così come quello di altri
Stati hanno messo in atto la Legge sull’acquisto della terra del 1894.
Questa legge dell’era coloniale britannica permette allo Stato di
costringere gli agricoltori a vendere la loro terra per “scopi pubblici”
alle condizioni del governo.

Il ruolo del PCI(Marxista) nel Bengala Occidentale

Nel Bengala occidentale,  il Partito Comunista dell’India (Marxista), o PCM,
è la forza dominante nel governo del Fronte di Sinistra. Dopo aver smesso la
lotta rivoluzionaria negli anni ’60 il PCM si è ricostituito come partito
parlamentare. Il PCM ha cavalcato l’onda della lotta militante nelle
campagne del Bengala occidentale e Kolkata (Calcutta) per arrivare al potere
nel 1970.

Oggi la leadership del PCM è per la maggior parte composta di una elite
urbana della casta superiore. Esso è stato capace di stare al potere
attraverso l’istituzione di un programma di riforma agraria negli anni ‘80
(che ha abbandonato) e attraverso la messa in piedi di un sistema di
clientela fortemente armata che arriva in ogni villaggio del Bengala
occidentale. Chiunque osi opporsi ai capi locali del PCM viene boicottato
socialmente, vessato, licenziato e picchiato o peggio. Al contrario delle
autoproclamate credenziali progressiste, i salari operai, le entrate dei
contadini, i servizi sanitari e di educazione primaria nel Bengala
occidentale (più di 900.000 bambini sono ufficialmente fuori dal sistema
scolastico e il 40% delle scuole non ha bagni) non sono migliori che nel
resto dell’India.

Il PCM ha cercato di vendere le ZES come veicoli per l’“industrializzazione
a favore del popolo” che si suppone creerà le condizioni materiali per il
“socialismo”. Il documento sulla politica economica approvato al 18°
congresso del PCM nel 2005 dà il benvenuto al capitale straniero che porta
tecnologia più avanzata e produce lavoro. Ma nei fatti, le industrie che
vengono costruire nelle ZES sono a fortissima intensità di capitale e
creeranno pochi posti di lavoro, quasi nessuno di essi sarà per i contadini
spossessati della loro terra ancestrale. Secondo un contadino che un giorno
lavorava la terra e adesso è occupato in una ZES vicino Nandigram, “tutti
quelli che hanno lasciato la loro terra stanno vendendo cetrioli e pulendo
merda”.

Acquisizione di terra a Singur

Nel Bengala occidentale il governo guidato dal PCM si è mosso per acquistare
140.000 acri di terra per le ZES, che alla fine sradicheranno un totale di
2,5 milioni di contadini. Il primo grande test di questa politica si è avuto
a Singur nel 2006, dove il governo cercò di comprare 997 acri di fertile
terra a varie colture per una fabbrica di auto per la Tata, il più grande
conglomerato capitalista in India.
Questo progetto minacciava di trasferire più di 20.000 persone.

Quando si conobbe la notizia dell’acquisto della terra, gli agricoltori e i
contadini si organizzarono nel Comitato Singur Krishi Raksha. All’inizio di
giugno 2006, più di 2.000 contadini organizzarono una manifestazione davanti
ad un ufficio del governo con tori e attrezzi agricoli. Molte donne
portarono le ramazze che divennero il simbolo della protesta a Singur. A
luglio, i contadini bloccarono una delle principali superstrade dell’area.
La notte del 25 settembre, quando la popolazione locale accerchiò l’ufficio
del governo incaricato di acquisire la terra fu attaccata dalla polizia e
dai quadri del PCM. Decine furono i feriti, compreso molte donne, e un
giovane fu picchiato a morte.

Dato che cresceva l’opposizione popolare, il governo impose l’articolo 144
che impediva a più di quattro persone riunite di muoversi insieme a Singur.
Quando 15.000 persone disarmate manifestarono il 2 dicembre, più di 20.000
poliziotti e forze paramilitari caricarono picchiando con lathis (lunghi
bastoni), proiettili di gomma e gas lacrimogeni. Questa soverchiante
dimostrazione di forza ha reso possibile ai Tata di cominciare a costruire
un muro lungo il confine della terra acquisita dalla polizia del Bengala
occidentale su loro incarico.

Il PCM e il governo del Bengala occidentale hanno creduto che gli eventi a
Singur avrebbero dimostrato la futilità della resistenza ad altre
pianificate ZES nello Stato. I contadini di Nandigram, dall’altro lato,
hanno tratto lezioni molto differenti da Singur.

Nandigram scoppia

Nandigram è un blocco di 38 villaggi situati in un’area della costa del
distretto orientale di Medinipur, 150 chilometri a sud ovest di Kolkata. La
maggior parte dei villaggi è priva di elettricità. I 440.000 abitanti dei
villaggi che vivono a Nandigram sono principalmente della casta bassa indù e
musulmana. La popolazione di Nandigram è composta da piccoli agricoltori,
lavoratori tessili, pescatori e bottegai. Essi hanno una orgogliosa storia
di lotta, che risale all’anti britannico Movimento Lasciate l’India del 1942
quando liberarono l’area e stabilirono il proprio governo per 17 mesi.

Il 28 dicembre 2006 il rappresentante del PCM per l’area di Nandigram ha
annunciato che 14.000 acri di terra sarebbero stati acquistati per un “mega
centro chimico” e un cantiere navale. Uno degli investitori doveva essere la
Dow Chemical, che adesso detiene la Union Carbide, una compagnia
responsabile della morte di 5.000 persone a Bhopal, India, nel 1984. La
società scelta dal PCM era, ironicamente, il gruppo Salim dell’Indonesia, il
cui fondatore era uno stretto sostenitore della dittatura militare di
Suharto che andò al potere nel 1965 dopo aver massacrato più di un milione
di membri e sostenitori del Partito Comunista di Indonesia.

Questa ZES avrebbe costretto al trasferimento 95.000 persone a Nandigram. Un
totale di 130 scuole, 112 templi, 42 moschee sarebbero state rase al suolo.
Migliaia di persone si sono autorganizzato sotto la bandiera del Comitato
Bhuni Uchhed Protirodh (Comitato contro lo spossessamento della terra). Il
BUPC comprendeva rappresentanti del Jamiat Ulema-i-Hind, vari gruppi di
sinistra, il TMC (un partito politico di opposizione di destra) e perfino
alcuni quadri locali del PCM che si opponevano alla cessione della loro
terra.

Il 3 gennaio, quando più di 3000 persone si riunirono in un meeting per
discutere dell’acquisto della terra, la polizia ha aperto il fuoco, ferendo
quattro persone. I contadini hanno ricambiato, picchiando un certo numero di
poliziotti e dando fuoco ad una macchina della polizia. I contadini sapevano
che sarebbero arrivati più poliziotti, così lavorarono tutta la notte per
costruire barricate per le strade per impedire l’entrata delle jeep della
polizia. Nei giorni seguenti, gli abitanti dei villaggi furono sotto
l’attacco dei quadri del PCM della vicina Khejuri e di harmads (sicari)
pagati dal PCM. Dopo l’uccisione di tre membri del BUPC la resistenza
popolare si rafforzò. Diversi tra coloro che attaccavano furono uccisi e gli
uffici del PCM furono distrutti. Il 7 gennaio il popolo riuscì a cacciare
via i quadri del PCM e gli harmads fuori da Nandigram.

Dagli inizi di gennaio e fino al 13 marzo, Nandigram fu nelle mani del
popolo. Si formarono gruppi di resistenza per proteggersi dalla polizia e
dai quadri armati del PCM. Questa situazione era inaccettabile per il
governo del Fronte di Sinistra, in particolare per il suo primo ministro
Buddhadeb Bhattacharjee. A metà marzo lo Stato e le autorità locali
pianificarono una massiccia operazione militare per riprendersi Nandigram.
La forza era formata dai Eastern Frontier Rifles (Fucili della Frontiera
Orientale), Battaglioni della Riserva Centrale e più di 20.000 poliziotti
armati con gas lacrimogeni e armi ad alto potenziale.

Il 14 marzo 2007 a Nandigram ci fu un massacro. 10.000 abitanti dei villaggi
inermi sottovalutarono la ferocia con la quale sarebbero stati attaccati. La
prima linea di donne – indù che stavano pregando una dea perché salvasse le
loro case, e musulmani che stavano leggendo versi del corano – furono
colpiti senza preavviso con gas lacrimogeni e colpi d’arma da fuoco.
L’attacco iniziale delle forze di polizia e dei paramilitari fu seguito dai
quadri del PCM vestiti in uniforme da polizia, che hanno proceduto a
brutalizzare gli abitanti e stuprare dozzine di donne. I leader e i membri
del BUPC erano il bersaglio particolare. Dopo, le autorità dissero che 14
abitanti del villaggio erano stati uccisi il 14 marzo, ma testimoni oculari
hanno visto molti più corpi trascinati su camion e portati via per essere
seppelliti in segreto.

Nella versione del PCM di questi eventi “la folla ha cominciato a tirare
bombe e in seguito ha aperto il fuoco. Comunque, un certo numero di persone
sono state ferite dal fuoco della polizia e si crede che alcuni degli
agitatori furono anch’essi feriti dalle bome che tiravano.” (dal discorso di
Bhattacharjee all’Assemblea del Bengala occidentale il 15 marzo). In
contrasto con ciò perfino la squadra dell’Ufficio Investigativo Centrale
inviato dalla Suprema Corte di Kolkata ha concluso che la polizia che ha
sparato “non era stata provocata”.

Storie di brutalità poliziesca stupro e uccisioni furono consistentemente
riportate dai sopravvissuti al Nandigram Block Hospital, Tamluk Hospital, e
SSKM Hospital di Kolkata. Una donna di 35 anni ha detto che era stata appesa
tra due pali subendo uno stupro di gruppo. Suo marito era stato costretto a
guardare mentre i quadri minacciavano di scaraventare a terra il loro
bambino di sei mesi e pestarselo sotto i piedi. Un medico ha raccontato di
aver curato una donna il cui utero era stato rotto dopo che un tubo di
metallo le era stato introdotto nella vagina. I quadri del PCM hanno fatto
irruzione nell’ospedale e hanno ordinato ai medici di non falsificare i
rapporti medici (eliminando il riferimento alle ferite da colpo d’arma da
fuoco) e dimettere coloro che avevano urgente necessità di cure mediche.

Nelle 48 ore seguire agli eventi del 14 marzo, il popolo di Nandigram si è
raggruppato e ha ricominciato a lottare. Il 16 marzo più di 20.000 abitanti
dei villaggi, armati di bastoni e mazze di ferro hanno cacciato i quadri e i
sicari del PCM dall’area. Le forze di polizia e i paramilitari furono
frenati dal clamore pubblico causato dalla carneficina del 14 marzo. Uno
sciopero nazionale fu indetto da gruppi di opposizione. Intellettuali,
insegnanti, giovani e studenti, gruppi musulmani, artisti, cantanti e molti
altri hanno manifestato e richiesto le dimissioni del “Buddha Macellaio”.
Diversi noti intellettuali hanno restituito i loro premi Rabindra (il premio
letterario più importante del Bengala occidentale) e donato le 75.000 rupie
di premio al fondo di assistenza per Nandigram.

Sconfitto sul terreno, il governo dello Stato ha annunciato che la ZES a
Nandigram sarebbe tata cancellata, anche se sta attivamente considerando un
altro sito nel distretto.

Dal 16 marzo agli inizi di novembre 2007, Nandigram è tornata nelle mani del
popolo. Commissioni d’inchiesta da tutta l’India vi si sono recate per
indagare. Mezzi di sostegno sono stati portati in caravan. Agli inizi di
aprile, centinaia di studenti hanno organizzato campagne “andare al
villaggio” a Nandigram per farsi una esperienza diretta della vita del
villaggio e comprendere cosa ha spinto i contadini a far una lotta così
potente per difendere la propria terra.

Le donne di Nandigram si organizzano

Una nuova fase nella lotta è cominciata a luglio quando donne e ragazze,
compreso molte che erano state molestate e stuprate, si sono fatte avanti e
si sono organizzate nel Matangini Mahila Samiti (MMS). Questa organizzazione
di donne ha preso il nome da Matangini Hazra, che ha guidato una corteo, in
cui venne uccisa, durante il Movimento del 1942 Lasciate l’India. Il MMS ha
fatto sentire la propria voce contro la ZES, il PCM e i costumi patriarcali.

Secondo il professore Amit Bhattacharyya dell’Università di Jadavpour che ha
intervistato alcuni dei suoi membri, l’MMS ha organizzato grandi cortei di
donne che hanno impedito al PCM in diverse occasioni di sparare da Khejuri.
Essa ha inoltre organizzato tribunali popolari per giudicare i casi di
rapina o i pestaggi delle vedove da parte dei mariti. L’MMS ha sostenuto con
successo le donne contro i mariti, compreso alcuni del BUPC, che non
volevano che le loro mogli si muovessero liberamente. Un altro successo
dell’organizzazione delle donne è stato quello della distruzione dei negozi
di alcolici che capivano, correttamente, avere una influenza distruttiva
sugli uomini.

Durante tutta l’estate, i quadri del PCM hanno continuamente attaccato i
villaggi. Decine di migliaia di abitanti dei villaggi hanno trascorso notti
insonni per resistere a questi attacchi. Il PCM ha anche cercato di isolare
Nandigram tagliando i rifornimenti di cibo, beni di consumo, fornitura di
elettricità e acqua. Il servizio traghetto verso la vicina Haldia che
trasporta 10.000 persone da Nandigram quotidianamente è stato sospeso. Con
l’arrivo delle prossime elezioni locali nella primavera 2008 e preoccupati
che la popolazione di Nandigram possa diventare un esempio per il resto del
Bengala rurale, il PCM ha deciso di riprendersi Nandigram e distruggere la
lotta popolare.

Il secondo assalto a Nandigram

Nell’autunno del 2007 il PCM ha messo insieme una forza di 2000-3000 quadri
del PCM da tutto il Bengala occidentale, sostenuti da centinaia di mercenari
dagli stati del Bihar e Jharkhand. Questa forza era armata e addestrata con
AK.47 e fucili Insas. Secondo lo Statesman, il 1 novembre, membri del PCM
del parlamento di Lakshman Seth ha detto alle proprie truppe, “l’unica
opzione adesso è uccidere o essere uccisi. Dobbiamo combattere fino
all’ultima goccia di sangue dei nostri corpi.”

La mattina del 5 novembre, hanno attaccato. La spiegazione che è stata data
è che stavano solo cercando di riportare indietro le diverse centinaia di
quadri del PCM che erano stati cacciati via da Nandigram a marzo. (Il BUPC
aveva ripetutamente affermato che a parte i 35 quadri del PCM che erano
coinvolti negli assassini e gli stupri di marzo, tutti gli altri erano
benvenuti a Nandigram).

Nella settimana successiva, questa forza d’attacco ha ucciso dozzine di
persone. Molte donne venivano trascinate fuori e stuprate. Il quotidiano
Bengalese Dainik Statesman ha raccolto una descrizione di questi eventi da
parte di Sibani Mondal, una residente del villaggio di Gokulnagar: “stava
letteralmente tremando di paura mentre raccontava l’esperienza del 10
novembre. Era una di coloro che si era unita al corteo guidata dal BUPC a
mezzogiorno [che furono] accolte da centinaia di proiettili. Molte persone
in prima linea sono cadute a terra. C’erano sei risciò sui quali venivano
posti corpi morti nelle strade e portati verso Tekhali. Sibani insieme ad
altri 600 venivano portati alla scuola elementare Amratola in corteo con
entrambe le mani sulla testa. C’erano circa 100 donne in quel gruppo. Alcuni
sicari con le facce coperte da passamontagna si avvicinavano per
identificare i più giovani. Presero circa 12 ragazze tra di esse come il
macellaio prende i polli dal cesto e poi svanivano nel buio. Dubito dopo, si
sentivano grida e pianti di donne.”

Più di 500 persone compreso membri del BUPC furono presi in ostaggio e usate
come scudi umani dagli attaccanti. Molti dei villaggi Sonachura e
Gokulnagar, l’epicentro della resistenza di Nandigram, furono saccheggiati e
bruciati. Nessun giornalista, personale medico o attivista dei diritti umani
è stato ammesso all’interno dell’area dai quadri del PCM. Tutte le torri
mobili in un raggio di 36 chilometri quadrati furono sovraffollate così che
le notizie del massacro non potessero passare.

Per diversi giorni di attacchi sul popolo di Nandigram, la polizia fu
confinata nelle loro caserme. Diverse unità della forza paramilitare CRPF
furono mandati dal governo centrale e arrivarono guarda caso dopo che i
quadri del PCM e gli harmads avevano “ripreso” Nandigram. I membri
dell’ufficio politico del PCM e il primo ministro del Bengala occidentale
Buddhadeb Bhattacharjee hanno affermato in modo agghiacciante in una
conferenza stampa che la popolazione di Nandigram era stata “ripagata con la
stessa moneta”.

Come risultato di questo selvaggio attacco premeditato, 10.000-15.000
abitanti dei villaggi furono trasferiti forzatamente da Nandigram. Sebbene
alcune persone siano ritornate alle loro case, migliaia si trovano nei campi
di raccolta mesi su dai villaggi vicini o altrove nello Stato. Secondo una
commissione d’inchiesta del 24 novembre delle organizzazioni di donne, molte
famiglie avevano paura di ritornare a causa della minaccia dell’assalto e
stupro da gruppi di sicari e dei quadri del PCM. Dopo che il Partito
Comunista dell’India (Maoista) ha inviato quadri a Nandigram per aiutare gli
abitanti, un grande gruppo di loro si è spostato in un’area di 50 km a ovest
di Nandigram dove i maoisti hanno una forte base di sostegno popolare.

Quando le notizie di questo massacro sono arrivate a Kolkata, decine di
migliaia di persone di ogni settore sociale hanno manifestato per le strade
il 14 novembre per tre ore con una protesta silenziosa. I manifestanti
vestivano abiti neri e avevano cartelli con su scritto “Vergogna sul governo
del Bengala occidentale” e “Abbasso gli assassini di abitanti dei villaggi
innocenti”. Agli inizi di dicembre, furono scoperte ossa carbonizzate e
teschi delle persone uccise e bruciate a novembre. Dopo la visita della
commissione d’inchiesta a Nandigram, la sezione indiana di Human Rights
Watch e di Amnesty Internationl hanno fatto appello ad un’indagine
indipendente e sottolineato la gravità degli attacchi  alle attiviste da
parte dei quadri del PCM.

Ma la versione della lotta data dal PCM su Nandigram è riuscita a convincere
alcuni intellettuali all’estero, compreso Noam Chomsky, Howard Zinn, Tariq
Ali e Walden Bello, a scrivere una dichiarazione pubblicata sull’Hindu il 22
novembre che invita, criticandolo, il PCM a non “dividere la sinistra” di
fronte all’imperialismo americano. Dimostrando ignoranza sullo stato reale
delle cose a Nandigram, questo gruppo ha critto “Comprendiamo che a coloro
che sono stati trasferiti forzatamente a causa delle violenze adesso viene
permesso di rientrare a casa senza recriminazione.”

Questo documento ha ricevuto un rapido rimprovero da un gruppo di importanti
intellettuali indiani compreso Arundahti Roy, Sumit Sarkar e altri. Questa
risposta si è fondata su una serie di fraintendimenti nella dichiarazione ed
espresso incredulità che molti dei firmatari “condividano simili
valutazioni” con il PCM. La riposta puntualizzava: “Nell’ultimo decennio, le
politiche del governo del Fronte di Sinistra nel Bengala occidentale sono
diventate virtualmente indistinguibili da quelle di altri partiti impegnati
nei programmi neoliberali.” Poco dopo che la risposta è stata pubblicata uno
dei firmatari dell’originale dichiarazione, Susan George, si è pubblicamente
dissociata.

Due modelli di sviluppo

La lotta armata e non armata di decine di migliaia di contadini a Nandigram
ha posto la questione delle ZES e dei trasferimenti forzati al centro
dell’attenzione dell’India. Nel vicino Stato di Orissa, decine di migliaia
di adivasi (popolo tribale) portano avanti lotte militanti contro la
costruzione di enormi fabbriche d’acciaio e miniere di bauxite. Una ZES di
35.000 acri viene costruita proprio fuori Mumbai che sarà della dimensione
di un terzo di quella città. Gli attivisti indiani hanno stimato che vari
tipi di trasferimenti forzati -complessi industriali, progetti minerari su
larga scala, mega dighe, progetti di “abbellimento” urbano, sviluppo
immobiliare e espansione di parchi nazionali per turisti - sradicheranno più
di 100 milioni di persone nel prossimo decennio.

Nel marzo 2007, si è tenuta una importante conferenza nazionale contro il
trasferimento forzato a Ranchi, mettendo insieme più di cento
organizzazioni. La sua dichiarazione non solo analizza e si oppone al
modello imperialista di “sviluppo” che ha portato la miseria a decine di
milioni in India, ma fa appello ad un modello alternativo di sviluppo: “Un
modello che abbia al centro le persone fondato su una economia indipendente
libera dal giogo imperialista. Le politiche di sviluppo devono, innanzi
tutto e prima di tutto, migliorare il benessere delle masse e devono essere
nel loro interesse, non a loro spese.”

La dichiarazione fa appello ad (1) estrarre le risorse naturali del paese
solo in misura che possa servire alle necessità del popolo indiano; (2)
sviluppare l’industria indigena che possa generare impiego e proteggere i
diritti del lavoro: (3) introdurre le riforme agrarie che abbiamo come scopo
finale la “proprietà comunitaria e il diritto individuale all’uso”, e (4)
una estesa riforestazione, controllo scientifico dell’acqua e rigenerazione
del suolo. Al centro di questo nuovo modello di sviluppo la dichiarazione
dice: “Tutte le decisioni devono essere prese dal popolo stesso a livello di
base e costruite in una forma genuina di governo popolare. È il popolo
stesso che conosce meglio quale tipo di sviluppo è nel proprio interesse e
cosa è dannoso. Hanno il diritto inalienabile e sono nella posizione
migliore per decidere del proprio futuro.”

Appello alla solidarietà internazionale

A conclusione di un meeting tenuto a Birgmingham il 15 dicembre 2007 è stato
formato in Gran Bretagna un Comitato di Iniziativa per una Campagna di
Solidarietà contro i trasferimenti forzati. 
Inoltre, a febbraio 2008 l’International League of Peoples’ Struggle (ILPS),
l’unione di più di 350 organizzazioni di 40 paesi, ha adottato con una
decisione a livello centrale, una Campagna Internazionale contro il
trasferimento forzato in India.

Questa campagna, destinata ad essere completamente lanciata al congresso
ILPS a giugno 2008, sarà costruita insieme alle iniziative che sono in corso
contro il trasferimento forzato in India così come deciso alla conferenza di
Ranchi. Metterà insieme campagne e movimenti che si oppongono ai
trasferimenti forzati in altri paesi, allargando le fonti del sostegno e
della solidarietà internazionali. Questo è un segno che quando ci saranno
futuri Nandigram contro le ZES e altri trasferimenti forzati, avranno il
sostegno di molti anche fuori dall’India.

Dave Pugh lavora con l’ILPS e vive a San Francisco, California.

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4 aprile 2008 
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