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</div><div class="MsoNormal" style="text-align:center" align="center"><i>La Jornada –
Sabato 5 novembre 2011</i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align:center" align="center"><b><span style="font-size:18.0pt;mso-bidi-font-size:12.0pt"><a href="http://chiapasbg.wordpress.com/2011/11/05/liberare-i-detenuti">Sempre più
pressante la richiesta di liberare i detenuti indios in sciopero della fame in Chiapas</a></span></b></div>
<div class="MsoNormal"><i> </i></div>
<div class="MsoNormal"><i>Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las
Casas, Chis., 4 novembre</i>. "Il governo ha ignorato i nostri diritti.
Chiediamo che dia la libertà a noi che siamo in sciopero della fame da 37
giorni", ha dichiarato oggi Pedro López Jiménez, portavoce della protesta
dalla prigione N. 5 di San Cristóbal. "La nostra salute è
compromessa", ha aggiunto. "Il governo sarà responsabile
dell'eventuale perdita di vite".</div>
<div class="MsoNormal">López Jiménez ha ribadito a <i>La Jornada</i> che è
"molto importante anche la liberazione del fratello Alberto Patishtán,
portato in una prigione federale a Guasave (Sinaloa)".</div>
<div class="MsoNormal">Arrivati a questo punto, finalmente il governo del Chiapas e
la chiesa Cattolica hanno dato segni di vita rispetto allo sciopero della fame
degli 11 indigeni nelle prigioni N. 5, N. 6 (Motozintla) e N. 14 (El Amate,
Cintalapa).</div>
<div class="MsoNormal">Pueblo Creyente, organizzazione di base della diocesi di San
Cristóbal, ha invitato a "pregare per il nostro fratello Alberto Patishtán
Gómez, affinché la fede che l'ha sostenuto tutti questi anni, continui a
mantenendo forte di fronte a questa dura prova". Pueblo Creyente, che ebbe
un ruolo decisivo nel precedente sciopero della fame dei detenuti nel 2008,
durato 41 giorni, ottenendo liberazione di decine di indigeni "prigionieri
politici", ha denunciato che il trasferimento di Patishtán è stato
"una nuova rappresaglia per il suo lavoro di presa di coscienza ed
evangelizzazione all'interno della prigione".</div>
<div class="MsoNormal">Pueblo Creyente ha comunicato che il vescovo locale, Felipe
Arizmendi Esquivel, ha chiesto "aiuto" al suo omologo di Sinaloa
affinché "si occupino di Alberto in questa nuova e difficile situazione
nella prigione N. 8 di Guasave". L'organizzazione ha affermato: "È
molto importante pronunciarci in questo momento per ottenere la liberazione di
nostro fratello Alberto", al quale il vescovo Samuel Ruiz García consegnò
un riconoscimento, due anni fa in carcere, "per il suo lavoro come custode
del popolo e difensore dei diritti umani".</div>
<div class="MsoNormal">Da parte sua, la sottosegreteria del Ministero di Grazie e
Giustizia ha comunicato che, "in coordinamento con la Commissione Statale
dei Diritti Umani (CEDH), ha esaudito la richiesta di otto internati del Crcere
N. 5 di far entrare un gruppo di medici privati". Il titolare della
sottosegreteria, José Antonio Martínez Clemente, ha dichiarato che "si sta
fornendo tutta l'assistenza richiesta dai detenuti; inoltre, la CEDH ha
sollecitato l'ingresso di medici affinché accertino lo stato di salute dei
detenuti".</div>
<div class="MsoNormal">Ha detto che, "come misura di negoziazione alle sue
richieste, hanno ottenuto l'accordo con la CEDH per non incorrere in mancanze
che possano privarli dei loro diritti particolari". Il funzionario non ha
fatto menzione dei detenuti a Motozintla e Cintalapa, Juan Collazo Jiménez ed
Enrique Gómez Hernández. Non ha neppure fatto riferimento alla vera richiesta degli
indigeni: la loro immediata liberazione.</div>
<div class="MsoNormal">E, mentre il governatore chiapaneco Juan Sabines Guerrero si
è incontrato questo giovedì a Washington col titolare dell'Organizzazione
Panamericana di Salute per affrontare "le politiche pubbliche promosse dal
Chiapas in materia di salute, come la lotta contro le malattie dovute
all'arretratezza", gli scioperanti hanno informato della morte di
Natanael, figlio di Rosa López Díaz ed Alfredo López Jiménez, detenuti
tzotziles che partecipano alla protesta.</div>
<div class="MsoNormal">Il bambino è deceduto dopo essere stato respinto
dall'ospedale di San Cristóbal (e prima ancora dall'ospedale di Teopisca),
"perché non avevamo soldi", come ha riferito il nonno del bimbo alle
famiglie in presidio nella piazza di San Cristóbal (presidio a ostegno delle istanze
dei detenuti). In aggiunta, il personale della clinica ha accusato il padre di
Alfredo che, confessa, "non avevo i soldi nemmeno per tornare a
casa". <a href="http://www.jornada.unam.mx/2011/11/05/politica/015n2pol">http://www.jornada.unam.mx/2011/11/05/politica/015n2pol</a></div>
<div class="MsoNormal"><i><a href="http://chiapasbg.wordpress.com/">(Traduzione
"Maribel" - Bergamo)</a></i></div>
</div></body></html>