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</div><div class="MsoNormal" style="text-align:center" align="center"><i style="mso-bidi-font-style:
normal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">La Jornada – Giovedì 20
ottobre 2011</span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align:center" align="center"><b style="mso-bidi-font-weight:
normal"><span style="font-size:18.0pt;mso-ansi-language:IT" lang="IT"><a href="http://chiapasbg.wordpress.com/2011/10/20/negate-le-visite-in-carcere/">Negate
le visite ai detenuti in sciopero della fame nel carcere di San Cristóbal</a></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align:center" align="center"><i style="mso-bidi-font-style:
normal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">HERMANN BELLINGHAUSEN</span></i></div>
<div class="MsoNormal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">Pedro López
Jiménez, 31 anni, tzeltal di Colonia Sibactel, municipio di Tenejapa, Chiapas, è
da 21 giorni in sciopero totale della fame insieme ad altri sei detenuti
indigeni nel carcere di San Cristóbal de las Casas. Chiede la sua liberazione
perché sostiene di essere innocente dalle accuse per le quali è stato
condannato a 14 anni di prigione, e che è stato torturato ed obbligato a
dichiararsi colpevole di sequestro e violenza, reati che non ha commesso.</span></div>
<div class="MsoNormal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">L'hanno arrestato
gli agenti della polizia giudiziaria dello stato il 10 maggio 2007 a San Cristóbal
de Las Casas. Come riferisce lo stesso López Jiménez, gli agenti non gli
mostrarono nessun mandato di cattura. Nemmeno gli dissero il motivo
dell'arresto. Condotto in una "casa" gli praticarono la tortura
dell'asfissia con una busta di plastica, con l'acqua, gli bendarono gli occhi
con uno straccio intriso di sostanza urticante e gli applicarono scariche
elettriche. I suoi aguzzini lo bastonarono fino a fargli perdere i sensi.</span></div>
<div class="MsoNormal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">López Jiménez ha
riferito che alle torture partecipò “un numero imprecisato di poliziotti,
perché erano in tanti”. Nello stesso luogo dove fu torturato firmò la sua dichiarazione
su un foglio in bianco. Il giorno seguente la polizia lo consegnò al Pubblico
Ministero (MP) dove, con l'intervento di qualcuno appartenente al Pubblico
Ministero stesso, si ratificò la dichiarazione che consegnarono i poliziotti.
Non ebbe né l'assistenza di un avvocato né di un interprete in tzeltal. Lo
trasferirono in un'altra casa e da lì al Centro Statale di Reinserimento
Sociale (CERSS) numero 5, a San Cristóbal.</span></div>
<div class="MsoNormal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">Gli
formalizzarono l'arresto 9 giorni dopo con una condanna a 14 anni, riconfermata
anche in appello. Come succede anche per gli altri casi dei detenuti
attualmente in sciopero della fame e digiuno, l'avvocato d'ufficio incaricato
del loro caso non li tiene informati dell'andamento dei processi.</span></div>
<div class="MsoNormal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">Secondo i
collettivi dell'Altra Campagna che seguono il suo caso e l'hanno visitato in
prigione, "lo stato di sovraffollamento in cui vivono i reclusi è
preoccupante". "Nelle celle di tre per tre metri e mezzo dormono
minimo 10 persone". López Jiménez è membro dell'organizzazione Solidarios
de La Voz del Amate, ed ha effettuato digiuni "come forma di denuncia e
pressione". Ha denunciato pubblicamente anche il sovraffollamento in cui
vivono i carcerati e la pessima qualità del cibo che ricevono, spesso scaduto.</span></div>
<div class="MsoNormal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">Al momento del
suo arresto era vice presidente dell'istruzione nella sua comunità. Ha cinque
figli. Sua moglie, una donna contadina, ha dovuto cominciare a lavorare come
salariata. La famiglia si è unita alle azioni in difesa dei detenuti e
partecipa al presidio nella piazza di San Cristóbal, in corso da 12 giorni.</span></div>
<div class="MsoNormal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">Con López Jiménez
partecipano allo sciopero della fame, dal 29 settembre, Rosario Díaz Méndez,
“prigioniero politico” della Voz del Amate; José Díaz López, Alfredo López
Jiménez e Alejandro Díaz Sántiz, dell’organizzazione Solidarios de La voz del
Amate, e Juan Díaz López, di Voces Inocentes.</span></div>
<div class="MsoNormal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">Altri cinque
detenuti partecipano con digiuni di 12 ore al giorno: Alberto Patishtán Gómez,
della Voz del Amate, Andrés Núñez Hernández e Rosa López Díaz. Juan Collazo
Jiménez (a Motozintla) ed Enrique Gómez Hernández (an Cintalapa) si sono uniti
al digiuno il 3 ottobre.</span></div>
<div class="MsoNormal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT">Questo lunedì, un
gruppo di indigeni cattolici di Huixtán ha chiesto di visitare i detenuti in
sciopero nel Carcere N. 5, ma il direttore, José Miguel Alarcón García, ha
vietato loro la visita dicendo di ritornare "tra 15 giorni". Secondo
Indymedia Chiapas, "non è la prima visita agli scioperanti che il
direttore della prigione proibisce".</span></div>
<div class="MsoNormal"><i style="mso-bidi-font-style:normal"><span style="mso-ansi-language:IT" lang="IT"><a href="http://chiapasbg.wordpress.com/">(Traduzione
"Maribel" - Bergamo)</a></span></i></div>
</div></body></html>