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<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 3pt; text-align: center;" align="center"><b style=""><span style="font-size: 18pt;"><a href="http://blog.ilmanifesto.it/popocate/"><span style="" lang="IT">POPOCATÉPETL</span></a></span></b><b style=""><span style="font-size: 18pt;" lang="IT"></span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 3pt; text-align: center;" align="center"><b style=""><span style="" lang="IT">La lava del Messico</span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 3pt; text-align: center;" align="center"><b style=""><i style=""><span style="" lang="IT">a cura di Gianni Proiettis</span></i></b></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 3pt; text-align: center;" align="center"><span style="" lang="IT">16 gennaio 2011</span></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 3pt; text-align: center;" align="center"><b style=""><span style="font-size: 16pt;" lang="IT"> </span></b></p>
<p class="MsoNormal" style="margin-bottom: 3pt; text-align: center;" align="center"><b style=""><span style="font-size: 16pt;" lang="IT">Uno sparo nel buio</span></b></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT">E’ stato come il colpo di fucile che scatena
la valanga. O la scintilla che incendia la steppa. La campagna “No más sangre!”
(o “Basta de violencia!”), lanciata dal vignettista Rius e dal giornalista Carlos
Payan ha attecchito all’istante, amplificandosi, in una società civile arrivata
a un punto di saturazione di fronte ai morti, decapitati, torturati, desaparecidos
di ogni giorno. E al sostegno immediato di artisti e intellettuali critici, in appena
una settimana si è aggiunta, in cerchi concentrici, l’adesione di strati sociali
sempre più vasti.</span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT"><span style=""> </span><span style=""> </span><span style=""> </span>Eduardo
del Río, detto Rius, è un veterano dei “moneros” (vignettisti, caricaturisti, fumettari)
impegnati, un mestiere che in Messico è riservato ai rivoluzionari. Due o tre generazioni
si sono politicizzate sui fumetti di Rius. Il salone della satira di Lucca l’ha
premiato in anni non sospetti, nel 1976.</span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT"><span style=""> </span><span style=""> </span><span style=""> </span>“Con la
campagna ‘Basta de sangre!’ cerchiamo di combattere questa società di sottomessi
che non vuole aprire bocca perché ha paura”, dice Rius. Diramata in Twitter e Facebook,
la campagna ha aperto le dighe della critica popolare al governo, ora nell’incomoda
posizione di un re nudo.</span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT"><span style=""> </span><span style=""> </span><span style=""> </span>Saltando
i protocolli, José Hernández, un altro “monero” di prima linea, interpella bruscamente
il presidente Felipe Calderón: “Perché tu sei il responsabile di una strategia fallita
e irresponsabile. Perché la tua falsa guerra è anticostituzionale e la stiamo pagando
tutti noi. Perché la persecuzione poliziesca e militare non può per sé sola vincere
il narco. Perché questa falsa guerra è riuscita solo a far aumentare il prezzo della
droga e a far perdere valore alla vita.”</span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT"><span style=""> </span><span style=""> </span><span style=""> </span>Il quotidiano
“La Jornada” (</span><a href="http://www.jornada.unam.mx/"><span style="" lang="IT">www.jornada.unam.mx</span></a><span style="" lang="IT">) ha raccolto le dichiarazioni dei primi aderenti alla
campagna. Ne riporto alcune.</span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT"> </span></strong></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT">Lourdes Arizpe, antropologa:</span></strong><span style="" lang="IT"></span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT">“E’ ovvio che sono i violenti quelli che promuovono
la violenza e che vanno fermati. Però la domanda importante non è chi sono i violenti,
bensì perché tanti messicani sono diventati così violenti negli ultimi dieci anni.
La combinazione tossica sono le politiche che generano disuguaglianza e la disoccupazione,
combinate con l’incapacità totale di fermare l’esportazione di droghe, l’importazione
di armi e il lavaggio del denaro, a loro volta intrecciate con l’imposizione di
ideologie religiose passivizzanti su ideologie politiche che potrebbero aver aperto
i canali di espressione, dibattito e negoziato con gli esclusi dal loro stesso paese.”
<span style=""> </span><span style=""> </span><span style=""> </span><span style=""> </span><span style=""> </span><span style=""> </span></span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT"> </span></strong></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT">Victor Flores Olea, politologo:</span></strong><span style="" lang="IT"></span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT">“E’ atroce il momento di sangue che sta attraversando
il nostro paese e il gran dubbio nel cuore di molti messicani è se l’aver tirato
fuori l’esercito dalle caserme non abbia altri fini, come mantenere al potere il
governante Partido de Acción Nacional e, naturalmente, sostenere il potere dei ricchi
in Messico mantenendo la situazione di miseria. E, in ultima analisi, come già fece
la Colombia in tempi recenti, aprire una breccia all’esercito degli Stati Uniti,
anche come strumento di controllo della nazione. E’ chiaro il fallimento del tentativo
puramente militare e poliziesco di sconfiggere il crimine organizzato.”</span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT"> </span></strong></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT">Elena Poniatowska Amor, scrittrice:</span></strong><span style="" lang="IT"></span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT">“La cultura e l’educazione sono le prime opzioni
contro la violenza. Ed anche l’avere le stesse possibilità, perché la disoccupazione
è quella che più fomenta la violenza. Aprire i giornali nel nostro paese è un pugno
in faccia quotidiano, leggendo tutte le notizie della violenza che ci circonda.
La nostra è una società in cui esiste un abisso fra le classi sociali e il fatto
che si generi un’unione con questa campagna può servire da autoprotezione. Siamo
indifesi. Quando i miei figli erano piccoli, li mandavo da soli al negozio qui all’angolo
e ritornavano sempre con il resto giusto. Ora usciamo terrorizzati con i nostri
bambini per le strade. Per questo dobbiamo dire basta.”</span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT"> </span></strong></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT">Luis de Tavira, drammaturgo:</span></strong><span style="" lang="IT"></span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT">“E’ evidente la strategia errata del governo
di fronte al crimine organizzato e all’insicurezza. Ciò che si è fatto è stato combattere
le armi con le armi e questo genera unicamente una maggiore violenza. Non è questa
la strada, lo si è visto. Quella che stiamo vivendo è una guerra fra civiltà e barbarie.
In questo contesto, è fondamentale la azione della cultura, non l’azione degli eserciti.
E il compito della cultura non è altro che la costruzione della coscienza. La violenza
che patisce il nostro paese è radicata nei problemi dell’educazione e nella distruzione
della cultura. Siamo arrivati al nichilismo, che non è altro che l’assenza di valori.
La campagna avviata da La Jornada, che chiama la cittadinanza non solo a pensare
ma a manifestarsi, è fondamentale.”</span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT"> </span></strong></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><strong><span style="" lang="IT">Luis Mario Moncada, regista:</span></strong><span style="" lang="IT"></span></p>
<p style="margin: 0cm 0cm 3pt;"><span style="" lang="IT">“La campagna ‘Basta de sangre!’ è espressione
dell’insofferenza di una società che non è stata consultata su situazioni molto
complesse, che sembrano rispondere a delle strategie politiche più che a una vera
politica di stato in materia di sicurezza. I risultati che possiamo verificare fino
ad oggi fra numero di morti, città in stato d’assedio, clima di insicurezza mostra
una strategia che non ha funzionato e andrebbe rivista. Purtroppo adesso, più che
pianificare, c’è bisogno di correggere ed è qui che assume importanza l’espressione
di insofferenza cittadina.”</span></p>
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