[Ezln-it] El Capitán: Ricominciamo?

Annamaria emmaz07 at libero.it
Fri Aug 2 17:47:44 CEST 2024


RICOMICIAMO? https://chiapasbg.com/2024/08/02/ricominciamo/
 
Il fico strofina il vento
con la raspa dei suoi rami,
e il monte, gatto selvatico,
rizza le sue agavi agre.
Ma chi verrà? E da dove?...
(Romanzo Sonnambulo di Federico García Lorca)
 
Sì, il vento e la montagna sembrano conoscersi da molto tempo. Potrei dirvi la data esatta, ma non è questo il punto… o la questione fondamentale, dipende. Questa ferma ma evidente rassegnazione o resistenza può non essere compresa: la montagna nel sopportare un colpo e un altro; il vento nella sua apparente ritirata, ripiegando per poi tornare. Sempre uguale, sempre diverso.
 
Ma non sono questi continui colpi a preoccupare la montagna. Ha visto di peggio, a pensarci bene. No, ciò che la preoccupa sono le tempeste che arrivano con i bulldozer, le ruspe, i cercatori di minerali, le compagnie turistiche, le fabbriche, i centri commerciali, i treni, i governi che fingono di essere ciò che non sono, la distruzione, la morte. In poche parole: il sistema.
 
Non sarebbe quindi sorprendente se trovassero un accordo, montagna e vento. Dopo tutto, condividono la stessa madre: Ixmucané, la più saggia.
 
No, non vi dirò la data esatta del loro primo incontro. Ma diciamo che si conoscono da tempo, che il saluto accigliato e il sogghigno sprezzante della montagna ai primi fulmini e alle prime burrasche è ormai consuetudine. Lo stesso vale per l’insolenza del vento quando, a forza di pioggia, vento e tuoni, strappa ciocche di capelli verdi alla montagna. I graffi che il vento lancia con maldestra passione, ferite come pozze d’acqua, non riescono ad attenuare il rifiuto pungente della montagna. Si incontrano, non si incontrano e, alla fine, finiscono per abbracciarsi e salutarsi senza promesse né confessioni. Un rapporto complesso che ha molto a che fare con l’accettazione e il rifiuto. Un «amore», dunque.
-*-
Si racconta, si narra che esiste una leggenda non ancora scritta: ci fu una riunione a cui fu convocata la famiglia di Votán, custode e cuore della comunità. E così disse la montagna:
 
«Figli miei, miei cari, ciò che avete letto prima nelle mie pelli e nei miei capelli sta arrivando. Il fratello vento, il signor Ik’, porta notizie tremende di un’altra tempesta, la più letale di tutte. Lo sappiamo già. E spetta a tutta la famiglia resistere e difendersi. Voi siete i guardiani creati per proteggerci. Senza di voi, moriamo e vaghiamo senza senso. Senza di noi, diventate esseri perduti, con solo il vuoto nel cuore e nessuna speranza di esistere. L’Ik’ racconta ciò che il suo cuore ha visto: che, in cielo e in terra, gli animali condividono l’inquietudine e l’ansia.
 
Lo sentono nel Cauca e nei quartieri della Slovenia. In Giappone e in Australia. In Canada e a SLUMIL K’AJXEMK’OP. In Norvegia, in Svezia, in Danimarca e in Nicaragua, che non si arrende né si svende, mai! A La Polvorilla e nella ferita che il treno transistmico, piaga incancrenita, ha fatto nel cuore degli indigeni combattenti. Nelle patrie che la guerra moltiplica come disgrazie e in coloro che hanno le braccia aperte per aiutare gli indifesi. A Ostula e in Groenlandia. Nella martoriata Haiti e nei cenotes Maya sporcati dalle rotaie della demagogia. Negli sfollati e negli sfrattati per estorsione. Nella @ libertaria che da tempo avverte che lo Stato non è una soluzione ma un problema. Nella ragazza palestinese che con quella bomba ha ricevuto l’incognita della vita… e la certezza della morte.
 
Così parlano al fraterno popolo Saami, al mapuche, al gitano con la casa sulle spalle, al nativo di tutte le terre e di tutti i mari, a chi lotta e resiste nella terra che cresce verso l’alto, al pescatore che lavora per la vita nel mare. Lo raccontano alle ragazze che capiscono la lingua dimenticata. Ai bambini con lo sguardo serio. Alle donne che cercano assenze forzate. Ai vecchi che fanno delle loro cicatrici delle rughe dolorose. A quelli che non sono né lui né lei, e che Roma sia dannata. A tutti gli esseri umani che, come il mais, hanno tutti i colori e sul tavolo, sul pavimento, sulle ginocchia hanno tutti i modi d'essere.
 
Ma non tutti ascoltano. Solo coloro che guardano lontano e in profondità comprendono ciò che la lingua che parla Ixmucané, la più saggia, dice ed esprime.
 
Cercate dunque la via, figli miei. E cercate chi. Alzate la voce con il signor Ik’ in uma mano e il mio cuore nell’altra. Ricordate al mondo che la morte e il domani si forgiano nell’ombra della notte. La luce è forgiata nelle tenebre».
-*-
 
Sì, il vento e la montagna si incontrarono di nuovo. Ma questa volta era diverso. L’alba aveva prolungato il suo arrivo, soffocata forse dal caldo, ma al primo bagliore di un lampo che si infrange su huapác, arrivò subito una pioggia violenta come uno schiaffo in faccia.

Nella champa il rumore delle gocce sul tetto di lamiera permetteva di sentire poco o nulla. Ma si poteva vedere chiaramente, grazie alla luce tremolante di un accendino, sul tavolo – bruciato e con le foglie di tabacco ancora umide – un pezzo di carta con molti segni. Su di esso, l’unica cosa che si leggeva chiaramente era:
 
«La pazienza è la virtù del guerriero»
 
Dalle montagne del sud-est messicano.
IL CAPITANO
Agosto 2024

P.S.- Sì, certo, e della guerriera. Sì, e de loa guerreroa. De le guerrere? Ma, seriamente?
Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/08/01/recomenzamos/
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