[Ezln-it] Decima Parte: Conclusioni dall'analisi critica di MAREZ e JBG.

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Wed Nov 15 20:51:55 CET 2023


Decima Parte: Di Piramidi e loro usi e costumi. Conclusioni dall'analisi critica di MAREZ e JBG.(Frammento dell'intervista al Subcomandante Insurgente Moisés di agosto-settembre 2023 nelle montagne del Sudest Messicano)

Novembre 2023
Introduzione
Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì? Ci sono i nomi dei re, dentro i libri. Son stati i re a trascinarli, quei blocchi di pietra? E Babilonia distrutta tante volte, chi altrettante la riedificò? In quali case, della Lima lucente d’oro, abitavano i suoi costruttori? Dove andarono i muratori, la sera che fu terminata la Grande Muraglia? Roma la grande è piena d’archi di trionfo. Chi li costruì?
Bertold Brecht.
È nota l'ossessione che i sistemi dominanti hanno avuto, nel corso della loro storia, nel salvare l'immagine delle classi o caste dominanti sconfitte. Come se il vincitore si preoccupasse di neutralizzare l'immagine dello sconfitto: ovviare la sua caduta. Nello studio dei resti della civiltà o della cultura sconfitta, l'accento è solitamente posto sui grandi palazzi dei sovrani, sugli edifici religiosi dell'alta gerarchia e sulle statue o monumenti che i popoli dominanti di quel tempo facevano a se stessi.
Non sempre con genuino interesse antropologico o archeologico (non è la stessa cosa), ad esempio, si studiano le piramidi. Il loro senso architettonico-religioso - a volte anche scientifico - e quello che gli opuscoli turistici (e i programmi politici di tutto lo spettro) chiamano “lo splendore del passato”.
È naturale che i diversi governi si fissino e, non senza sospirianelanti, si concentrino su re e regine. I grandi palazzi e le piramidi possono essere indicati come riferimenti del progresso scientifico di quei tempi, dell'organizzazione sociale e delle cause “del loro sviluppo e declino”, ma nessun sovrano ama vedere il suo futuro riflesso nel passato. Ecco perché stravolgono la storia passata ed è possibile riprogrammare fondamenti di città, imperi e “trasformazioni”. Così, senza rendercene conto, ogni selfie scattato nei siti archeologici nasconde più di quanto mostri. Lassù in alto, il vincitore di oggi sarà lo sconfitto di domani.
Ma, se non si dice che queste costruzioni devono aver avuto coloro che le hanno progettate - i loro architetti, ingegneri e artisti -, tanto meno si fa riferimento alla “manodopera”, cioè agli uomini e alle donne sulle cui spalle (in più di un senso) sono state costruite quelle meraviglie che stupiscono i turisti di tutto il mondo, che passano il tempo poi in discoteca, al centro commerciale e in spiaggia.
Da lì a ignorare che i discendenti di quella “manodopera” siano vivi e attivi, con lingua e cultura, il passo è breve. Gli indigeni che costruirono, ad esempio, le piramidi di Teotihuacán e della zona Maya nel sudest messicano, esistono (cioè resistono) e, talvolta, aggiungono alla loro resistenza quella componente sovversiva che è la ribellione.
Nel caso del Messico, i diversi governi preferiscono gli indigeni come artigianato vivente e, talvolta, come pura coreografia. L’attuale governo non rappresenta alcun cambiamento in questo (beh, non solo in questo, ma non è questo il tema). I popoli nativi continuano ad essere oggetto di elemosina (l’aspirina dei furfanti), di bottino elettorale, di curiosità artigianale e di via di fuga per chi amministra la distruzione in corso: “Distruggerò la tua vita, cioè il tuo territorio; ma non preoccuparti, preserverò le piramidi di coloro che sfruttarono i tuoi antenati e quelle cose divertenti di cui parli, ti vesti e fai”.
Ciò premesso, questa “immagine” della piramide - il vertice stretto superiore e la base larga inferiore - viene ora utilizzata dal Subcomandante Insurgente Moisés per spiegarci qualcosa dell'analisi (feroce e implacabile, a mio avviso) del lavoro dei MAREZ e delle Giunte di Buon Governo.
El Capitán.
Un po' di storia, non molto, solo 30 anni.
I MAREZ e le Giunte di Buon Governo non erano tutto male. Dobbiamo ricordare come li abbiamo raggiunti. Per i popoli zapatisti erano una scuola di alfabetizzazione politica. Un'autoalfabetizzazione.
La maggior parte di noi non sapeva leggere, scrivere o parlare spagnolo. Ma parliamo lingue diverse. Questo è stato un bene, perché le nostre idee e la nostra pratica non venivano da fuori, ma piuttosto dovevamo cercare nella nostra testa, nella nostra storia di indigeni, a modo nostro.
Non avevamo mai avuto l’opportunità di governarci da soli. Siamo sempre stati governati. Ancor prima di quello spagnolo, l’impero azteco, che l’attuale governo ama moltissimo – credo perché gli piacciono i prepotenti – opprimeva molte lingue e culture. Non solo in quello che oggi è il Messico, anche in quello che oggi è il Centroamerica.
La situazione in cui ci trovavamo era di morte e disperazione. Ci hanno chiuso tutto. Non c'erano porte, né finestre, né crepe. Come se volessero farci soffocare. Allora, come si suol dire, abbiamo dovuto aprire una crepa in quel muro che ci rinchiudeva e ci condannava. Come se tutto fosse oscurità e con il nostro sangue accendessimo una piccola luce. Questa è stata la sollevazione zapatista, una piccola luce nella notte più buia.
Poi è successo che molte persone hanno chiesto un cessate il fuoco, che dovevamo parlare. I cittadini sanno già queste cose. A molti di loro è successa la stessa cosa che a noi: i malgoverni tradiscono sempre. Non compiono il loro dovere perché i governi sono i principali oppressori. Quindi dovevamo scegliere se aspettare che un giorno facessero il loro dovere, o cercare da noi. E abbiamo scelto di cercare la nostra strada.
E beh, dovevamo organizzarci per questo. Ci siamo organizzati e preparati per 10 anni a prendere le armi, a morire e uccidere. Poi si scopre che dovevamo organizzarci per vivere. E vivere è libertà. E giustizia. E riuscire a governarci come persone, non come infanti come ci vedono i governi.
È lì che ci è venuto in mente che dovevamo creare un governo che obbedisse. In altre parole, non fare quello che voleva, ma rispettare quello che dice il popolo. In altre parole, “comandare obbedendo”, che è la parola che gli svergognati di oggi plagiano (cioè, non plagiano solo le tesi. Nota della redazione).
Quindi con i municipi autonomi abbiamo imparato che potevamo governarci da soli. E questo è stato possibile perché molte persone ci hanno sostenuto senza alcun interesse nel trovare la strada della vita. Cioè, quelle persone non sono venute per ricavarne qualcosa - come quelli che immagino tu descriva agli altri quando parli dei 30 anni -, ma davvero si sono impegnati per un progetto di vita. E c'è chi voleva dirci come dovevamo fare. Ma non abbiamo preso le armi per cambiare padrone. Non esiste un padrone buono. Ma c'erano altre persone che rispettavano i nostri pensieri, il nostro modo....... continua....Qui il comunicato completo dell'analisi critica e autocritica: https://chiapasbg.com/2023/11/15/decima-parte-sulle-piramidi-e-sui-loro-usi-e-costumi/

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