[Ezln-it] Ventesima e Ultima Parte: Il Comune e la Non Proprietà

Annamaria maribel_1994 at yahoo.it
Thu Dec 21 19:52:21 CET 2023


Ventesima e Ultima Parte: Il Comune e la Non Proprietà
“Apri bene gli occhi, figliolo, e segui l'uccello Pujuy. Lui non si sbaglia. Il suo destino è come il nostro: camminare affinché gli altri non si perdano.”.Canek.  Ermilo Abreu Gómez
In qualche occasione, qualche anno fa, le comunità zapatiste si spiegavano la lotta di “noi in quanto donne” sottolineando non una questione di mera volontà, disposizione o studio, ma la base materiale che aveva reso possibile questo cambiamento: l’indipendenza economica. delle donne zapatiste. E non si riferivano al fatto di avere un lavoro e uno stipendio o all’elemosina in monete con cui i governi di tutto lo spettro politico comprano voti e adesioni. Indicavano nel lavoro collettivo il terreno fertile per questo cambiamento. Cioè, il lavoro organizzato che non era finalizzato al benessere individuale, ma a quello del gruppo. Non si trattava solo di riunirsi per fare artigianato, il commercio, l'allevamento del bestiame, o la semina e raccolta di mais, caffè, ortaggi. Anche e, forse, soprattutto, i propri spazi, senza uomini. Immaginate in quei tempi e luoghi di cosa cosa parlavano e parlano tra loro: il loro dolore, la loro rabbia, le loro idee, le loro proposte, i loro sogni.
Non entrerò oltre nel dettaglio: le compagne hanno la loro propria voce, la loro storia e il loro destino. Lo cito solo perché resta da sapere quale sarà la base materiale su cui costruire la nuova tappa che le comunità zapatiste hanno deciso. La nuova iniziativa, come la classificherebbero quelli che vengono da fuori.
Sono orgoglioso di sottolineare che non solo l'intera proposta è stata il prodotto, fin dal suo concepimento, del gruppo dirigente organizzativo zapatista, tutto di sangue indigeno con radici maya. Anche che il mio lavoro si è limitato a fornire informazioni che le mie cape e capi “incrociavano” con i loro, e, successivamente, a cercare e argomentare obiezioni e probabili futuri fallimenti (la già citata “ipotesi” a cui ho fatto riferimento in un testo precedente). Alla fine, quando hanno terminato la loro deliberazione e hanno concretato l'idea centrale per sottoporla alla consultazione di tutte le comunità, sono rimasto sorpreso come forse lo sarete voi ora che lo saprete.
In quest’altro frammento dell’intervista al Subcomandante Insurgente Moisés, ci spiega come sono arrivati a questa idea del “comune”. Forse qualcuno di voi potrà apprezzare il significato profondamente ribelle e sovversivo di questo in cui, tanto per non cambiare, mettiamo a rischio la nostra esistenza.
El Capitán.
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LA NON PROPRIETÀ.
Ebbene, in sintesi questa è la nostra proposta: stabilire come comuni le estensioni dei terreni recuperati. Cioè senza proprietà. Né privata, né ejidale, né comunale, né federale, né statale, né aziendale, né altro. Una non proprietà della terra. Come si  dice: “terra senza documenti”. Quindi, in quelle terre che verranno definite, se si chiede chi possiede quelle terre o chi ne è il proprietario, la risposta sarà: “di nessuno”, cioè “comuni”.
Se si chiede se è la terra degli zapatisti, di quelli del partito o di chicchessia, beh, nessuno di loro. O di tutti, è la stessa cosa. Non c'è nessun commissario o agente che compri, uccida, faccia sparire. Quello che c'è sono persone che lavorano e si prendono cura di quelle terre. E le difendono.
Una parte importante è che, affinché ciò si realizzi, deve esserci un accordo tra i residenti, indipendentemente dal fatto che siano dei partiti o zapatisti. In altre parole, devono dialogare tra loro e non con i malgoverni. Chiedere il permesso ai malgoverni ha solo portato divisioni e persino morti tra gli stessi contadini.
Quindi, rispettando le terre che sono di proprietà personale-familiare, e quelle che sono per il lavoro collettivo, questa non-proprietà si crea sulle terre recuperate in questi anni di guerra. E si propone di lavorarla in comune a turni, indipendentemente dal partito a cui appartieni, dalla religione, dal colore, dalla taglia o dal sesso.
Le regole sono semplici: ci deve essere un accordo tra gli abitanti di una regione. Non coltivare droghe, non vendere la terra, non permettere l'ingresso di alcuna azienda o industria. Sono esclusi i paramilitari. Il prodotto del lavoro di quelle terre appartiene a chi le lavora nei tempi concordati. Non ci sono tasse, né pagamento delle decime. Ogni struttura costruita viene lasciata al gruppo successivo. Si porta via solo il prodotto del proprio lavoro. Ma di tutto questo parleremo più approfonditamente in seguito.
Questo, in estrema sintesi, è quanto è stato presentato e messo a consulta in tutti i villaggi zapatisti. E si è scoperto che la stragrande maggioranza era d’accordo. E anche che in alcune regioni zapatiste ciò si faceva già da anni.
Quello che abbiamo fatto è stato proporre un percorso per attraversare la tormenta e raggiungere l'altra sponda in sicurezza. E non fare questo cammino da soli come zapatisti, ma insieme come popoli indigeni che siamo. Naturalmente si saprà di più su questa proposta: circa la salute, l’istruzione, la giustizia, il governo, la vita. Diciamo che lo riteniamo necessario per poter affrontare la tormenta.
PENSARE AL PERCORSO E AL PASSO.
Come ci è venuto in testa? Bene, ve lo dirò. Abbiamo visto diverse cose. Quindi questa idea non è venuta fuori subito. Come se si mettesse insieme e come se la vedessimo pezzo per pezzo e poi tutta insieme....... proseguire la lettura del testo completo: https://chiapasbg.com/2023/12/21/ventesima-e-ultima-parte-il-comune-e-la-non-proprieta/



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